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Encore et toujours : l’inépuisable bienfaisante joie Vivaldi…

16sept

Antonio Vivaldi (1678 – 1741) fait partie de ces compositeurs _ italiens pour la plupart… _ dont le souffle vital suscite une vivante _ et vitale _ joie formidablement communicative _ avec Domenico Scarlatti (1685 – 1757) et Gioacchino Rossini (1792 – 1868), par exemple : un natif de Venise, un natif de Naples, et un natif de Pesaro… _,

même si, forcément, l’allegro n’est pas permanent, en leurs œuvres

_ de natures, par ailleurs, bien diverses…

Inépuisable Vivaldi,

à l’inspiration porteuse toujours incroyablement renouvelée ;

et infiniment propice à une très intense allégresse d’interprétation

_ y compris en ses si sublimes adagios…

Ce jour,

la chronique de Jean-Charles Hoffelé _ très justement intitulée « Flamboyance«  _ sur son site Discophilia,

est consacrée à un nouveau numéro _ le numéro 67 de l’Édition Vivaldi ! _ de la gigantesque _ et indispensable ! _ publication de l’œuvre entier du prêtre roux :

le CD Naïve OP 7258,

par le violoniste Boris Begelman et l’ensemble Concerto Italiano, dirigé par Rinaldo Alessandrini.

Voici donc cet article :

FLAMBOYANCE

Le violon du Prêtre Roux se serait-il trouvé un nouveau héros ? Boris Begelman emporte dans une virtuosité insensée _ vivaldienne ? _ les pyrotechnies d’archet dont ces six grands concertos d’apparat sont littéralement cousus.

Les danses ivres, les ariosos d’opéra, les rêveries suspendues à un fil au-dessus des paysages lagunaires, l’incroyable palette de couleurs de son Minozzi d’après Giuseppe Guarneri, del Gesù, le pur plaisir athlétique des longues phrases débordées d’ornements, de trilles, de spiccatos, où l’archet semble voler et distribuer des soufflets au passage, voilà bien la grammaire si novatrice de Vivaldi transfigurée par un virtuose qui n’oublie jamais le théâtre lyrique _ voilà ! _ auquel se nourrissait ces concertos éblouissants qu’on pourrait croire pensés pour des castrats.

Magnifique disque _ voilà ! _, où, si l’on se régale du violon, on s’enivre aussi _ oui _ des gestes chorégraphiques irrésistibles du Concerto Italiano mené avec ivresse par un Rinaldo Alessandrini audiblement conquis par l’art flamboyant _ voilà ! _ de Boris Begelman.

LE DISQUE DU JOUR

Antonio Vivaldi (1678-1741)
Concerti per violino IX, « Le nuove vie »

Concerto en fa majeur, RV 283
Concerto en si bémol majeur, RV 365
Concerto en ut majeur,
RV 194

Concerto en ré majeur, RV 211
Concerto en la majeur, RV 346
Concerto en mi mineur, RV 281

Boris Begelman, violon
Concerto Italiano
Rinaldo Alessandrini, direction

Un album du label naïve classique OP7258 (Vivaldi Edition, Vol. 67 )

Photo à la une : le violoniste Boris Begelman – Photo : © DR

On ne se lasse certes pas de Vivaldi interprété ainsi, comme il se doit…

Ce jeudi 16 septembre 2021, Titus Curiosus – Francis Lippa

Sur les « Sept dernières paroles du Christ en Croix », un dialogue entre Riccardo Muti et Massimo Cacciari

02oct

Ce matin du vendredi 2 octobre,

je découvre, dans Il Corriere della Sera d’hier, un article d’Aldo Cazzullo intitulé 

« Riccardo Muti e Massimo Cacciari : Ascoltare l’umanita di Gesu« .

Riccardo Muti e Massimo Cacciari Ascoltare l’umanità di Gesù

Il direttore d’orchestra e il filosofo discutono a partire dalle opere di Masaccio e di Franz Joseph Haydn in «Le sette parole di Cristo» (il Mulino) in uscita il 3 ottobre

di ALDO CAZZULLO
Riccardo Muti e Massimo Cacciari Ascoltare l'umanità di Gesù
Masaccio, «Crocifissione» (1426), Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

«Molti direttori d’orchestra non conoscono il latino, non l’hanno studiato — parlo dei direttori d’orchestra che eseguono il Requiem di Verdi : la prima parole che il coro pronuncia è “Requiem”. I direttori leggono l’indicazione dinamica scritta in partitura : “pianissimo”, “sottovoce”, e si soffermano sulla parola “Requiem”. Ma la frase intera è “Requiem aeternam dona eis Domine”. “Requiem” è accusativo ed è retto dal verbo “dona” che è il motore della frase, quindi deve essere sì eseguito pianissimo, ma esprimendo un senso di disperata richiesta. Non è una frase passiva, espressione di una situazione di quiete. Talvolta viene eseguito senza vita, soffermandosi solo sulla prima parola, mentre invece occorre porre l’attenzione sul verbo. Pensiamo a un errore analogo nella Traviata di Verdi, quando il tenore intona la celebre aria Dei miei bollenti spiriti, dimenticando di accentuare il seguito…».

Ecco cosa succede a mettere insieme due teste come Riccardo Muti, il più importante direttore d’orchestra al mondo, e Massimo Cacciari, filosofo dal multiforme ingegno. Ne esce un libriccino intitolato Le sette parole di Cristo (133 pagine, che il Mulino sta per pubblicare) la cui lettura è un puro piacere intellettuale, che spazia tra musica, teologia, fede, pittura.

«Le sette parole di Cristo» esce il 3 ottobre dal Mulino (pagine 134, euro 12)

«Le sette parole di Cristo» esce il 3 ottobre dal Mulino (pagine 134, euro 12)

L’incipit viene appunto da un dipinto, che Muti e Cacciari ammirano insieme a Capodimonte : la Crocifissione di Masaccio, una delle opere che aprono la grande stagione rinascimentale. Il Cristo morente ha appena pronunciato la settima delle sue ultime frasi, affidando l’anima al Padre. Agli autori tornano in mente Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce, le sette sonate composte da Haydn probabilmente nel 1786 per la cerimonia del Venerdì Santo celebrata nella cattedrale di Cadice, che Muti diresse — e Cacciari ascoltò — al Festival di Ravenna. Sono quindi Masaccio e Haydn a ispirare il dialogo, che finisce per dare suono, voce, musica al dipinto e per dare forma, prospettiva e colore alla partitura.

Il filosofo ancora ricorda le parole con cui il direttore d’orchestra invitò il pubblico ravennate all’ascolto : «Vi ritroverete ciascuno con la propria vita, i propri dolori, le proprie paure, le proprie speranze, tutti uniti in Cristo; l’umanità di Cristo è l’umanità di voi che ascoltate».

Riccardo Muti

Riccardo Muti

«Pater, dimitte illis quia nesciunt quid faciunt» ; Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. La parola-chiave, fa notare Muti, è la prima, «pater», evocata dai violini, con un tono contemplativo e malinconico in cui Cacciari coglie, oltre alla richiesta di perdono, il disincanto sulla natura di «quelli», di noi esseri umani.

«Hodie mecum eris in paradiso», in verità ti dico : oggi sarai con me in paradiso. L’oggi, fa notare Cacciari, è l’oggi perfetto : un «Hodie» eterno, che indica quello che sta per accadere nel giro di poche ore e nello stesso tempo dà la misura dell’eternità. «E infatti — risponde Muti — le note sono : “do-mi-re-si-do”, Haydn parte dal do e torna al do, e poi “sol-do-si-la-sol”, si parte dal sol e torna al sol — quindi si formano come due cerchi», appunto il simbolo dell’infinito : «Idea consapevole oppure mistero del genio ?».

Massimo Cacciari

Massimo Cacciari

«Mulier, ecce filius tuus» ; Donna, ecco tuo figlio. Qui la parola-chiave è «ecce». La sonata ha inizio con due corni. Una scelta ardita, che gli autori leggono alla luce del grido muto del Cristo di Masaccio e del pianto non solo della Madonna e di San Giovanni ma anche e soprattutto della Maddalena, che nell’opera di Capodimonte rappresenta idealmente l’umanità.

«Deus meus, Deus meus, ut quid derelequisti me ?»; Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Per restituire la frase più drammatica, la musica deve esprimere un senso di trascinamento ; il suono a un tratto si ferma, «come fossero singhiozzi».


«Sitio», ho sete. Quasi un impulso per sopravvivere ; dopo aver pensato ai carnefici, al buon ladrone, alla madre, a Dio, Gesù si rende conto che sta morendo, e la sua natura umana lotta per resistere. «Qui comincia il tema sostenuto da una serie di pizzicati — annota Muti —, che sono come delle gocce d’acqua, gocce d’acqua e di sangue» ; che a Cacciari ricordano le «lacrime di sangue» del Rigoletto.

«Consummatum est»; tutto è compiuto. Una frase che gli autori leggono in parallelo a quella — «tempo più non v’è» — con cui il commendatore trascina via il don Giovanni di Mozart.

«In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum» ; Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito. E qui gli autori si inoltrano in una discussione (che coinvolgerà gli evangelisti, i Wiener Philharmoniker, il Duomo di Milano, una sinfonia di Bruckner, e poi Cherubini, Brahms, Beethoven, la decapitazione di Luigi XVI, il carnevale di Molfetta…); ma rivelarla è contraria allo spirito delle recensioni ; che non devono raccontare i libri, semmai indurre a leggerli (almeno i non molti che vale la pena di leggere ; tra i quali c’è sicuramente questo).

Il volume

Esce sabato 3 ottobre il volume Le sette parole di Cristo, un dialogo tra Riccardo Muti e Massimo Cacciari. Il libro, edito dal Mulino (pagine 133, euro 12) fa parte della collana Icone : gli autori discutono a partire dalla Crocifissione di Masaccio e dalle Sette ultime parole del nostro Redentore in croce, composizione di Franz Joseph Haydn

Voilà qui est intéressant.

Cf ce que je disais de cette œuvre éminemment singulière _ composée pour la Hermandad de la Santa Cueva de Cadix, en 1785 _ de Joseph Haydn

que sont ces sublimes « Sept dernières paroles de notre Sauveur sur la Croix« ,

en un article à propos des recueils de « dernières paroles« , le 12 novembre 2008 :

 

Dont voici, tel quel, l’extrait significatif :

« Les Sept dernières Paroles de Notre Sauveur sur la Croix » : l’œuvre musicale de Joseph Haydn pour à la chapelle de la Santa Cueva de Cadix

Les « dernières paroles » du Christ (en croix) _ j’y reviens _, telles, aussi, que Joseph Haydn les a mises en musique pour l’office (avec un rituel spécifique et original) du vendredi-saint de la « Hermandad de Santa Cueva » à Cadix, à la demande, en 1785, de José Saenz de Santa Maria, marquis de Valde-Inigo, et chanoine de cette église _ le marquis venait de perdre son père, à la mémoire duquel c’était là, aussi, pour lui, une façon de rendre hommage avec grandeur. L’œuvre de musique de Joseph Haydn _ en allemand « Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze » _, composée tout spécialement pour cette « Confrérie de la Sainte Grotte » à Cadix, en Andalousie, était à l’origine seulement instrumentale. L’évêque qui célébrait cet office consacré à la méditation du sacrifice rédempteur du Christ, prononçait en effet du haut de la chaire chacune des paroles du Sauveur sur la croix, assortie d’un commentaire, que venait ensuite prolonger une paraphrase musicale (développée à raison d’une dizaine de minutes pour chacune), afin de « soutenir » la « méditation » orante des fidèles sur ce legs, tout uniment divin et humain, du Rédempteur. En forme de rotonde, le temple tout tendu de noir de la crypte se voyait plongé _ la célébration commençait à la demi-journée _ dans le recueillement de l’obscurité _ celle-là même de la Crucifixion de Jésus, en dépit du plein-jour extérieur : rappelant le rituel de « Ténèbres », à matines, lui, où les treize cierges demeurés allumés sur l’autel étaient successivement éteints, jusqu’à ce que le dernier (représentant le Christ), soit _ sans être éteint, lui _ seulement ôté de la vue des fidèles, déposé derrière l’autel (pour réapparaître en gloire le dimanche de Pâques _ les autres cierges, représentant, eux, les apôtres) ; le jour venant lentement bientôt dissiper la ténèbre.

le rituel des « Sept dernières paroles du Christ » à la chapelle de Cadix

Les parois, les (rares) ouvertures et jusqu’aux colonnes de la chapelle de cette crypte, étaient en effet entièrement tendues de voile noir ; seul un lustre-chandelier, suspendu au centre de la rotonde (constituant la chapelle), proportionnait son éclairage tremblé, mouvant, à l’obscurité de la cérémonie rappelant le ciel d’encre (de tempête) de Jérusalem au moment de la mort de Jésus. A midi même, les portes du temple étaient ainsi fermées, et commençait la musique. Après ce prélude du concert d’instruments, l’évêque, monté solennellement en chaire, y proclamait la première des sept paroles, assortie d’un commentaire de sa signification pour la foi. Puis, redescendu de la chaire, le célébrant s’agenouillait devant l’autel. Et c’est à ce moment de recueillement de l’assemblée des fidèles, que la symphonie revenait prolonger et nimber de son halo harmonique (= par une sonate, paraphraser mélodiquement) la parole commentée. Et ainsi, pour chacune des sept paroles, l’évêque montant en chaire, en redescendant, et l’orchestre déployant à chaque reprise ses phrases musicales pour accompagner la méditation des mots du Christ. Joseph Haydn (1732 – 1809) appliqua pour sa composition ce schéma du rituel de la Confrérie ; et compléta les sept développements musicaux (sept fois adagio) par une introduction et un final, le terremoto ou tremblement de terre, afin de figurer celui qui marqua, zébrant des éclairs de la tempête éclatant alors, le passage à l’éternité du Christ. C’est sous cette forme instrumentale orchestrale (pour 2 flûtes traversières, 2 hautbois, 2 bassons, 4 cors, 2 trompettes, timbales, violons, altos, violoncelles et contrebasse) qu’ainsi l’œuvre fut donnée à la Santa Cueva de Cadix, le vendredi-saint 6 avril 1787, en début d’après-midi, donc. Avant de devenir bientôt aussi, suite à son retentissant succès par toute la catholicité, un oratorio ; les « Paroles du Christ » n’étant, cette fois, plus prononcées (non plus que commentées) par le célébrant, mais chantées par un chœur. En 1792, en effet, Joseph Friebert (1724 – 1799), chanoine et directeur musical de la cathédrale de Passau sur le Danube, en avait réalisé une version chantée pour chœur (sur un texte en allemand qu’il avait commandé au poète berlinois Karl Wilhelm Ramler _ 1725 – 1798 _ membre de l’Académie royale, ainsi que directeur du Théâtre royal de Prusse, à Berlin) ; laquelle version d’oratorio fut donnée à la cathédrale de Passau le vendredi-saint. En découvrant un peu plus tard cette « adaptation » (bavaroise) pour chœur de son œuvre orchestrale (gaditaine), Joseph Haydn se mit à remanier, avec l’amicale participation du baron Gottfried van Swieten (1733 – 1803), la partition chorale de Friebert, tout en conservant le texte de Ramler pour les paraphrases de commentaire des « sept Paroles » du Rédempteur. Cette nouvelle et dernière version des « Sept dernières Paroles de Notre Sauveur sur la croix« , sous forme d’oratorio, donc, fut publiée par Breitkopf & Hartel à Vienne, sous l’autorité du compositeur, en 1801.

Ce vendredi 2 octobre 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

La mémoire familiale juive des Gassmann (Alessandro Gassmann, Vittorio Gassman, Luisa Ambron)

17août

Ce jour,

sur la page du Corriere della Sera (l’article, de Stefania Ullivi, est en date du 15 août),

un article sollicite mon attention : Alessandro Gassman : « Mio padre e la ebraicità nascosta : mia nonna dovette cambiare cognome e perdemmo due parenti ad Auschwitz »

du fait de mon double intérêt

pour Vittorio Gassman (Gênes, 1er septembre 1922 – Rome, 29 juin 2000)

et pour son fils (ainsi que de Juliette Mayniel, la troisième épouse de Vittorio) Alessandro Gassmann (né à Rome le 24 février 1965) _ ce dernier fit ajouter un N (Gassmann) au nom reçu de son père (Gassman).

Vittorio est l’immense acteur que tout cinéphile connaît ;

Alessandro, lui, s’était fait remarquer dans le passionnant et beau film de Ferzan Oztepec, en 1997, Hammam (Il Bagno turco).

Vittorio Gassman _ dont la mère, Luisa Ambron, fit retirer un N à son nom en 1934 _ est le fils de Heinrich Gassman (Karlsruhe, 1900 – Rome, 1936) et de Luisa Ambron, née à Pise dans une famille juive, les Ambron.

Voici donc cet article-interview de Stefania Ulivi :

Alessandro Gassman : « Mio padre e la ebraicità nascosta : mia nonna dovette cambiare cognome e perdemmo due parenti ad Auschwitz »

L’attore si racconta mentre presenta il film «Non odiare», in cui interpreta un medico ebreo che non salva un paziente nazista : « Ma ora dobbiamo provare a dialogare »

Alessandro Gassman: «Mio padre e la ebraicità nascosta: mia nonna dovette cambiare cognome e perdemmo due parenti ad Auschwitz»

L’anno scorso ci andò insieme a un piccolo grande film, « Mio fratello rincorre i dinosauri » di Stefano Cipani. Quest’anno Alessandro Gassmann torna a Venezia con un’altra opera prima, « Non odiare » di Mauro Mancini con Sara Serraiocco, unico film italiano in concorso alla Settimana della critica. Lì un racconto (vero) di maturazione di un adolescente grazie al fratello affetto da sindrome di Down. Qui la messa in scena di un dilemma morale terribile : salvare o no la vita a qualcuno che ritiene giusto sterminare quelli come te ?

« Lo spunto è una vicenda accaduta in Germania — racconta Gassmann — un chirurgo ebreo si è rifiutato di operare un paziente con un tatuaggio nazista che aveva sulla spalla. Anche il mio personaggio è un chirurgo, Simone Segre, che si trova per caso a decidere della vita o della morte di un uomo con una svastica tatuata sul petto. Anche lui non lo salva e dovrà fare i conti, grazie al contatto con i figli di quest’uomo, con le sue radici e i suoi valori ».

E lei cosa farebbe?


« Io Alessandro, forse lo salverei. Ma non sono Simone Segre, non ho un padre che è stato chiuso in campo di concentramento e si è salvato curando i nazisti. È un tema molto complesso.Non odiare,” dovrebbe essere l’undicesimo comandamento. È importante, tanto più ora dove odio e violenza verbale (e non) sono sempre più presenti e l’avversario è sempre un nemico di abbattere. Chi ha la possibilità e la cultura per discernere deve metterci la faccia, favorire il dialogo. Non siamo bestie, possiamo ragionare. Sta scomparendo la generazione che visse gli orrori del fascismo e della guerra. Maestri preziosi come Camilleri, luce che ci manca molto _ Andrea Camilleri : Porto Empedocle, 6 septembre 1925 – Borgo, 17 juillet 2019. Lo stiamo già capendo ora con gli effetti della pandemia ».

Che clima vede?


« Pericoloso. Il virus ha acuito problemi e difetti. La crisi economica è pesante, per alcuni terribile. Siamo un paese impaurito e disinformato, quello con meno laureati d’Europa. Abbiamo già dimostrato di essere capaci di pagine orrende, complici ignoranza e paura ».

Questo film è anche un’occasione per lei per fa i conti con la sua storia.


« Che non ho mai affrontato, come peraltro mio padre. Sua madre _ Luisa Ambron _ era ebrea, dovette italianizzare _ en 1934 _ in Ambrosi il suo cognome, Ambron. E dopo la morte di mio nonno _ Heinrich, en 1936 _ si trovò in difficoltà economica con due figli _ Vittorio (né en 1922) et sa sœur aînée Maria-Luisa (née en 1919) _ a carico. Se la cavarono perché mio padre giocava bene a pallacanestro, era nazionale. Ma lui non ha mai smesso di avere paura. L’unica volta che ha messo la kippah fu al matrimonio _ avec Robert Neuman _ di mia sorella Vittoria _ née le 14 février 1953 _, figlia di Shelly Winters, ebrea e credente. Per lui fu un gesto molto importante _ voilà. La Shoah non va dimenticata. Io l’ho scoperta anche grazie ai racconti di mia nonna _ Luisa _, viveva a Pisa nel ghetto, due nostre parenti della famiglia Ambron _ les sœurs Gabriella et Vera De Cori ; cf l’article Una via di Pisa per le sorelle De Cori, uccise ad Auschwitz  _ furono deportate e uccise nei campi di concentramento ».

A proposito di famiglia, lei è un fan accanito di suo figlio Leo _ né à Rome le 22 novembre 1998.


« Sono ammirato di come sappia coltivare la sua passione. E pensare che detesto il pop. Ma l’amore paterno è talmente forte che ho cambiato i gusti… La trap? No, quella non ce la faccio ».

E il suo nuovo film da regista?


« Se tutto va bene il 3 novembre sarò sul set a Napoli per Il silenzio grande adattamento del testo teatrale. Con un grande cast. Ho lottato per non esserci come attore, è la prima volta e ne sono felice ».

« Non odiare » sarà in sala il 10 settembre.


« Non vediamo l’ora. E più avanti uscirà Ritorno al crimine di Max Bruno. Farà ridere, ne abbiamo bisogno. Per ora sono tornato sul set, per I bastardi di Pizzofalcone. I protocolli sono durissimi, un tour de force. Ma l’importante era ricominciare ».

Merci de tout cela.

Ce lundi 17 août 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Musiques de joie : le sidérant de beauté Soave sia il vento, de l’Acte I du Cosi fan tutte de Mozart et Da Ponte, en 1790, à Vienne

27juin

Parmi les sommets de toute la musique d’opéra,

le sublime Terzetto Soave sia il vento

à l’acte 1 du Cosi fan tutte ossia La Scuola degli Amanti,

de Wolfgang Amadeus Mozart (Salzbourg, 27 janvier 1756 – Vienne, 5 décembre 1791)

et Lorenzo Da Ponte (Ceneda, 10 mars 1749 – New-York, 17 août 1838),

un Dramma giocoso in due atti,

créé au Burgtheater de Vienne le 24 janvier 1790.

Quand Fiordiligi et Dorabella,

accompagnées de Don Alfonso,

disent adieu à leurs amants Guglielmo et Ferrando,

qui viennent d’embarquer pour la guerre

_ la scène se passe à Naples.

Et je ne remercierai jamais assez le splendide film La Luna

_ quelles visions d’une luxuriante Rome tropicale !!! _

de Bernardo Bertolucci (Casarola, 16 mars 1941 – Rome, 26 novembre 2018),

en 1979,

dont l’héroïne principale _ interprétée par Jill Clayburgh _ est une cantatrice,

qui nous est montrée se souvenant d’avoir répété avec son vieux professeur de chant, à Parme, ce sidérant de beauté Terzetto de Cosi,

de m’avoir mis en face, sur l’écran,

de ce bouleversant climax de toute la musique… 

Et je ne sais

ni quel CD, ni quel DVD, de ma discothèque

élire comme version préférée de ce sublime Cosi fan tutte

de Mozart et Da Ponte…

Ce samedi 27 juin 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Musique de joie : Michele Mascitti (1664 – 1760), ou la gaîté heureuse d’un angélique violoniste napolitain installé à Paris en 1704, et protégé par le duc d’Orléans…

19avr

C’est en 1997 que j’ai rencontré

_ par hasard, sinon le fait de l’ouverture extra-large de ma curiosité _

le charme de la gaîté communicative

de la musique de Michele Mascitti (Villa Santa Maria (Chieti), 1664 – Paris, 24 avril 1760)

un musicien napolitain installé à Paris à partir de 1704

_ protégé tout d’abord par le duc d’Orléans (et Régent en 1715), homme de très grand goût (1674 – 1723) ;

puis, plus tard, par le richissime banquier Antoine Crozat (1655 – 1738) _

via un merveilleusement séduisant CD

_ espagnol, Cantus _,

le CD Cantus C 9610 de 6 Sonate da camera, op. II

par Fabrizio Cipriani, violon et Antonio Fantinuoli, violoncelle.

Je n’ai jamais oublié le nom de Michele Mascitti,

en dépit du silence de la plupart des médias

non plus que du manque d’empressement et de l’inertie _ incompréhensible au mélomane passionné que je suis _ des éditeurs de CDs

_ mais ce n’est pas cela qui m’arrête : je suis fidèle à ce que j’aime !

Aussi n’ai-je certes pas manqué, à leur parution en 2008, onze ans plus tard,

les 2 CDS

édités en Pologne (par l’éditeur Acte Préalable)

_ les CDS Acte Préalable APO 156 et 157 _

comportant les 6 Sonate a violino solo col violone o cimbalo et les 6 Sonate a due violini, violoncello e basso continuo de l’Opera Prima

de Michele Mascitti,

interprétées par l’Ensemble _ polonais _ Baroques-Graffiti

constitué des violons de Jaroslaw Adamus et Sharman Plesner,

violoncelle de Frédéric Audibert,

viole de gambe d’Agustina Meroño,

violone de Jean-Christophe Deleforge

et clavecin de Jean-Paul Serra.

Cette fois, à nouveau, une musique merveilleuse

de délicatesse, élégance …et simple et évidente joie !!!

une musique alliant merveilleusement les délicatesses du grand goût romain d’Arcangelo Corelli

et les délicatesses subtilissimes du goût français…

_ soit ce que François Couperin baptise alors « les goûts réunis« 

D’où un durable très grand succès avéré de la musique de Mascitti en France,

sous les règnes de Louis XIV, du Régent et de Louis XV…

On comprend d’autant mal, j’y insiste, le peu d’empressement des éditeurs de CDs

à donner à partager au grand public des mélomanes

une aussi séduisante et heureuse musique !

En 2018, Arcana nous a gratifié d’un magnifique, à nouveau, CD Mascitti

_ le CD Arcana A  111 _

comportant 6 des 12 Sonate a violino solo e basso de l’Opera Ottava de Michele Mascitti,

publiées à Paris en 1734,

par le Quartetto Vanvitelli,

constitué du violon de Gian Andrea Guerra,

du violoncelle de Nicola Brovelli,

du violone de Matteo Cicchitti

et du clavecin de Luigi Accardo.

Et voici que vient de paraître ce mois d’avril 2020 (de confinement !)

un nouveau CD _ Arcana A 473 _ de la musique de Michele Mascitti,

à nouveau par le Quartetto Vanvitelli,

et à nouveau chez Arcana :

l’Opera Nona, publié à Paris en 1738 :

VIDÉO

Ce que je découvre ce matin même en rédigeant cet article…

Une musique de profonde gaîté !

à partager _ au moins grâce à mes liens ci-dessus aux podcasts et vidéos de youtube…

Ce dimanche 19 avril 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

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