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Le grand Claudio Magris, Prix des Dialogues sur l’Homme, à Pistoia : un regard lucide sur l’humanité…

03oct

Le Corriere della Sera du samedi 25 septembre dernier propose la vidéo d’une interview du grand Claudio Magris, né le 10 avril 1939 à Trieste,

sous le titre «L’uomo? Creatura che sconquassa»,

à l’occasion de la remise, à Pistoia, de il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo

Magris: «L’uomo? Creatura che sconquassa»

Magris: «L’uomo? Creatura che sconquassa»
Allo scrittore è stato assegnato a Pistoia il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo

Sabato 25 settembre, in piazza del Duomo a Pistoia, lo scrittore e giornalista Claudio Magris ha ricevuto il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo, istituito nell’ambito del festival di antropologia del contemporaneo Pistoia – Dialoghi sull’uomo, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli. In questo video, registrato in questa occasione, lo scrittore riflette su una possibile definizione di uomo. Il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo è conferito a una figura del mondo culturale che con il proprio pensiero e lavoro abbia testimoniato la centralità del dialogo per lo sviluppo delle relazioni umane e contribuito a migliorare il dialogo e lo scambio interculturale. La giuria formata da Lorenzo Zogheri, Giulia Cogoli, Marco Aime, Adriano Favole e Luca Iozzelli – a cui è dedicata l’edizione 2021 del festival – ha così motivato il riconoscimento allo scrittore :

«Intellettuale europeo e cittadino del mondo, di cui è stata autorevolmente sottolineata in questi anni l’“identità plurale”, che gli ha guadagnato grandissima fama come lucido testimone della nostra epoca alla deriva. Insigne germanista, originale e grande scrittore, intenso e commovente drammaturgo, poliedrico saggista con forte caratura etica che si esprime anche negli interventi giornalistici, fine traduttore, appassionato e instancabile viaggiatore, Magris rappresenta al meglio l’immagine plurale della letteratura europea. In un’epoca in cui muri e confini anziché dissolversi rinascono subdolamente, Claudio Magris, con i suoi scritti e con il suo impegno intellettuale, testimonia costantemente l’importanza del dialogo come strumento primo della convivenza».

Dopo la cerimonia di premiazione, Magris ha tenuto una conferenza con lo scrittore Paolo Di Paolo dal titolo «Quando comincia l’uomo ?».

Voici cette vidéo.

La lucidité de Claudio Magris fait honneur à l’humanité…

Ce dimanche 3 octobre 2021, Titus Curiosus – Francis Lippa

 

Disparition d’un autre frioulan hyper cultivé, et surtout poète : Nico Naldini, le cher cousin de Pier Paolo Pasolini

12sept

D’abord, voici le courriel que je viens d’adresser à René de Ceccaty,

qui fut ami, ainsi que traducteur, de Nico Naldini

(Casarsa della Delizia, 1er mars 1929 – Trévise, 9 septembre 2020),

cousin et biographe _ à deux reprises : en 1989 (Pasolini, una vita) ; puis en 2009 (Breve vita di Pasolini) ; cette seconde biographie, suite aux révisions des thèses, et polémiques, sur l’assassinat de Pier-Paolo Pasolini… _ de Pier Paolo Pasolini :

En accomplissant ma prière laïque (de lecture matinale des journaux),

j’apprends, dans le Corriere della Sera, le décès de ton ami Nico Naldini, chez lui, à Trévise, à l’âge de 91 ans.
 
Cf aussi cet article de La Repubblica du 10 septembre, qui m’avait échappé :
 
Bien sûr tu as traduit sa biographie _ Pier-Paolo Pasolini _ une vie, parue, dans une traduction de René de Ceccatty, chez Gallimard, en 1991 … _  de son cousin Pier Paolo _ Bologne, 5 mars 1922 – Ostie, 2 novembre 1975 _,
mais aussi tu l’as rencontré à diverses reprises, notamment en Tunisie _ où Nico Naldini séjournait fréquemment, à Sidi Bou Saïd _,
comme tu l’a raconté dans Enfance, dernier chapitre.
 
Nico Naldini était peut-être d’abord poète _ René de Ceccatty a traduit aussi son recueil de poèmes frioulans Je reviens des champs d’azur, paru, aux Éditions du Scorff, en janvier 2000 _, avant d’avoir à son actif une œuvre polyforme _ poésies, narrations, essais, biographies (de Giovanni Comisso, Goffredo Parise, Filippo De Pisis, Giacomo Leopardi), et même un film-documentaire, Fascista, en 1974…
 
Dès que j’ai appris cette nouvelle de son décès,
c’est d’abord de ce que tu évoques de lui dans Enfance, que je me suis immédiatement souvenu.
La mémoire nous parle, même si c’est un peu capricieusement.
 
Nico Naldini : encore un frioulan hyper-cultivé… _ ici c’est au triestin Magris que je pense.
 
Et c’est à lui que je vais consacrer mon article d’aujourd’hui…
 
Bien à toi, cher René,
 
Francis

Pour le reste,

on se reportera à l’œuvre polyforme que nous laisse Nico Naldini…

Ce samedi 12 septembre 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Quelques nouvelles de Claudio Magris, lecteur comme auteur, auteur comme lecteur ; un contemporain essentiel : il vient de publier « Croce del Sud »

11sept

Ce matin, je découvre dans le numéro de ce jour du Corriere della Sera quelques nouvelles récentes du cher Claudio Magris,

à travers un entretien qu’il vient de donner,

à l’occasion de la sortie, chez Mondadori, de son livre Croce del Sud ;

ainsi que de sa présence, ce vendredi 11 septembre, au Festival de littérature de Mantoue,

dont le titre est, cette année, « Note a piè di pagina nella storia »…

L’entretien

_ qui prolonge en quelque sorte, à mes yeux, les réflexions d’Alberto Manguel sur sa bibliothèque _

est intitulé : Traduttore, creatore infinito. Ogni libro ne nasconde un altro.

Le voici :

Traduttore, creatore infinito. Ogni libro ne nasconde un altro

Monti, Dreyden, Lin-Shu che rese in mandarino il «Don Chisciotte» senza conoscerne la lingua : storie di parole e scoperte. Claudio Magris l’11 settembre al Festivaletteratura

di CLAUDIO MAGRIS
Stati Uniti, gli incendi devastano la costa occidentale: bimbo di un anno trovato morto
Tim Mara (Dublino, 1948 – Londra,1997), «Lightbulb and book» (1996, litografia e stampa a colori su carta, particolare), courtesy Tate Britain, Londra
shadow

Le parole sotto le parole, scriveva un maestro della linguistica come Jean Starobinski, riferendosi agli anagrammi di un altro grande, Ferdinand de Saussure. Ogni parola ne copre, ne nasconde e ne contiene un’altra e quando la si usa è come smuovere il terriccio, evocarne e farne apparire altre, come oggetti sepolti nella terra o nella memoria, individuale e collettiva _ voilà. Ogni espressione ha a che fare con questa miniera nascosta ; più di ogni altro la traduzione, che per ogni espressione ne ha ben più di una a scelta, una cava stratificata nella mente dell’autore che si traduce e nelle civiltà che si incrociano in lui. Tradurre significa non tanto comunicare quanto ricreare _ voilà _ una vicenda, un destino, facendoli restare se stessi ma insieme diventare altri. Tradurre è una forma di scrittura, non meno creativa di altre cosiddette originali ; Vincenzo Monti ha inciso sulla letteratura italiana più con la sua versione dell’Iliade che con i suoi versi in proprio, e John Dreyden considerava la sua traduzione dell’Eneide il proprio capolavoro letterario.

La copertina del nuovo libro di Claudio Magris «Croce del Sud», in libreria per Mondadori
La copertina del nuovo libro di Claudio Magris «Croce del Sud», in libreria per Mondadori

Si traduce, in genere, da una lingua all’altra ma talvolta — è accaduto spesso — da un testo a sua volta già tradotto, cosa che moltiplica le rifrazioni e rende più ardua, anche discutibile ma non meno creativa e culturalmente importante la ricreazione finale. Un poliedrico studioso e scrittore, Mikaël Gómez Guthart, ha scritto un affascinante e bizzarro saggio, Lin-Shu, autore del Chisciotte. Lin-Shu, racconta Gómez Guthart, era un geniale erudito cinese, pittore, calligrafo e poeta — che per la lirica cinese sono quasi la stessa cosa —, romanziere e soprattutto traduttore. Non conosceva le lingue degli autori che ha fatto leggere ai lettori cinesi — Balzac, Dumas padre e figlio, Hugo, Goethe, Cechov, Ibsen, Tolstòj, Shakespeare, Stevenson, Cervantes, Montesquieu. Si faceva leggere in mandarino orale i testi dai suoi assistenti che conoscevano la lingua originale e poi li traduceva, attraverso gli occhi di un altro, come scrive Guthart _ et je pourrai y adjoindre les traductions du japonais de René de Ceccatty (en collaboration avec Ryôji Nakamura) ; pour ses traductions de l’italien, sa situation à l’égard de la langue à traduire est assez différente, comme il le narre en son magnifique Enfance, dernier chapitre ; cf aussi le podcast de mon entretien avec lui le 27 octobre 2017

Non è certo un corretto procedimento scientifico, perché rischia di trasformare o trasforma la traduzione in una copia-variazione di ventagli che si sovrappongono. Ma anche Isaac Bashevis Singer ha tradotto in jiddisch Hamsun senza conoscere il norvegese, e d’Annunzio senza conoscere l’italiano, diffondendo quei capolavori nella Mitteleuropa e nell’Europa orientale ebraica. Gombrowicz — è sempre Guthart che lo ricorda — riscrive in Argentina, con l’aiuto di due scrittori cubani che non conoscevano il polacco, il suo Ferdydurke, lo ritraduce con l’aiuto di un professore in francese ed è questa la versione che dalla Francia si diffonderà in tutta Europa e nel mondo.

Lin-Shu diviene, in modo analogo, il traduttore-autore del Don Chisciotte. Quel romanzo è, in questa prospettiva, esemplare anche perché alle origini della sua scrittura c’è la segreta idea che ogni testo sia sempre la traduzione o il rifacimento di un altro ; lo stesso Don Chisciotte sarebbe, nella finzione di Cervantes, la versione del romanzo di un autore arabo. In questo gioco di specchi Lin-Shu può apparire l’autore di Don Chisciotte non meno di Cervantes. È come se, sotto ogni libro, ce ne fosse sempre un altro, il caos — prima, contemporaneamente, al di fuori di ogni misura temporale — che il Verbo ordina e sempre ricrea. Probabilmente i traduttori esistevano prima della Torre di Babele. In quasi ogni Robinsonade, le numerose imitazioni e rifacimenti del Robinson Crusoe nel Settecento, il naufrago solitario sull’isola trova segni e carte di un altro naufrago vissuto e morto anni prima, che racconta a sua volta di predecessori. Profondo è il pozzo del passato, dice la prima riga della tetralogia di Mann, Giuseppe e i suoi fratelli.

Il mio maestro Giovanni Getto affermava di aver trovato, nel romanzo secentesco Historia del cavalier perduto di Pace Pasini — che a sua volta si riferiva a una storia di prepotente jus primæ noctis nel Veneto — una sorta di ipotetico «originale» dei Promessi sposi, dando così ancor più spessore al capolavoro manzoniano.



Chi avresti voluto essere? Così sembra talora chiedere l’autore al personaggio che sta narrando e che quanto più vivo e vero, tanto più sente sfuggire al suo controllo, come diceva Tolstoj a proposito di Anna Karenina : «Fa ciò che vuole». Ma l’autore pone talora questa domanda pure a se stesso — ai propri sogni e desideri, alle proprie incertezze, alla nebbia fluttuante della propria persona.

Se lo chiede, nel romanzo _ a-t-il été publié ?Les passants essentiels, un originale traduttore-scrittore, Jean Pastureau, che ha trascorso la vita _ il est né le 26 juillet 1940 à Limoges ; il vit à Apt, en Provence… _ a tradurre splendidamente in francese, insieme alla moglie Marie-Noëlle, libri altrui, soprattutto italiani, traduzioni straordinarie che sono diventate pure la sua scrittura personale, la sua indagine ma anche la sua invenzione della realtà _ Jean et Marie-Noëlle Pastureau sont les principaux traducteurs-passeurs en français de l’œuvre de Claudio Magris… Probabilmente per Jean Pastureau non c’è differenza tra essere narratore e traduttore, quasi due arrangiamenti di un’opera linguistica.

Chi avresti voluto essere ? la risposta a questa domanda è contenuta nel capitolo forse più bello del romanzo, L’homme à la mallette. Una valigia che idealmente contiene quasi tutto — le pagine scritte, le idee su quelle che saranno scritte, le cose da tradurre, la loro immagine che spinge a tradurle, forse un giorno sulla carta ma certo immediatamente nella mente. Anche qui, parole sotto altre parole. La traduzione è, potenzialmente, una piccola e infinita biblioteca di Babele.

Quest’ultima, come nella fantasia borgesiana, contiene tutto, ogni testo, ogni sua versione, ogni sua stesura, ogni diceria sul suo autore. Chissà, forse Jean Pastureau — come Lin-Shu — aspira ad essere soprattutto traduttore ossia scrittore totale. Probabilmente non si fa illusioni sulle sue parole, tradotte o inventate. Forse non cerca nemmeno l’eccellenza letteraria. Ma, come si dice nel romanzo, c’è un’unica vera eccellenza e «risiede nel sopravvivere». La scrittura è forse un filo di Arianna che aiuta non a uscire dal labirinto, come nel mito antico, ma a penetrarvi da tutte le parti, ad avvolgerlo, in modo da depistare il cammino che vuol condurci verso l’uscita dal labirinto della vita. Una scrittura che cerca di aiutare ad uscire di scena un po’ più tardi. Non è molto ma è già qualcosa.

Il logo del Festival di Mantova
Il logo del Festival di Mantova

L’appuntamento al Festivaletteratura

«Note a piè di pagina nella storia» : è questo il titolo dell’evento in programma l’11 settembre al Festivaletteratura di Mantova. Claudio Magris, in collegamento streaming, dialogherà con lo scrittore e critico Alberto Rollo sul tema del rapporto tra vita e finzione letteraria ( ore 17, piazza Castello). Il tema dell’incontro si lega al nuovo libro di Magris, in libreria per Mondadori, Croce del Sud. Tre vite vere e improbabili, che rievoca tre figure reali : un etnologo sloveno, un avvocato francese, una suora italiana. Germanista e scrittore, Magris è nato a Trieste nel 1939.

Claudio Magris, lecteur comme auteur ; auteur comme lecteur :

un contemporain essentiel…

Ce vendredi 11 septembre 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

La très douce acuité du regard de Claudio Magris, en ses délicieux « Instantanés » : au plus profond et vrai de l’humanité !

13nov

Le résumé d’Instantanés, de Claudio Magris,

que propose sur son site la librairie Mollat

présente l’essentiel :

« Un recueil de courts récits,

mêlant légèreté et gravité _ oui ! _,

sérieux du propos et traits d’humour _ en permanence _,

inspirés de faits d’actualité, d’événements du quotidien ou de choses vues _ tous saisis sur le vif : d’où le titre choisi _

qui, pour la plupart, se déroulent dans la ville italienne de Trieste

et ses environs _ cf le merveilleux Microcosmes : un chef d’œuvre…

Chaque scène

est l’occasion de transmettre une réflexion éthique ou philosophique

_ profondément humaniste _,

ou une leçon de vie sans prétention ni pédanterie _ le moins du monde…« 

Très admirateur de Magris

depuis le magnifique Danube,

et l’ayant rencontré, à Bordeaux, il y a quelques années,

je dois dire que l’année dernière, j’avais trouvé un peu lourd

son gros opus parfois un peu répétitif : Classé sans suite

Au point de m’en faire, au passage, discrètement l’écho

dans ma recension de l’enchanteur, lui, Enfance, dernier chapitre, de René de Ceccatty ;

cf mon article du 12 décembre 2017 :

Instantanés est absolument merveilleux !!!

C’est la grâce même de l’intelligence bienveillante de l’esprit

dans son acuité lumineuse amusée

et légère.

Ce mardi 13 novembre 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa

Sur la liberté d’écriture du récit : les conquêtes du travail de René de Ceccatty en son « Enfance, dernier chapitre »

08jan

La réponse d’Aharon Appelfeld, le 19 mars 2008

_ que voici :  » La différence entre un roman, entre l’écriture romanesque et l’écriture de mémoire, par exemple, c’est que l’écriture du roman mobilise toute la personne _ voilà _, mobilise ses sens, sa sensibilité, son imagination et sa mémoire. Si on se contente d’écrire ou de raconter ses mémoires, son autobiographie, on s’intéresse à, et on part surtout de, la dimension chronologique de l’être ; on se cantonne à ça _ l’alternative se situe donc entre se mobiliser et être cantonné. Si on n’écrit qu’à partir des sens, on fait de la littérature pornographique. Si on n’écrit qu’à partir du sentiment, c’est de la littérature sentimentale. Si on écrit uniquement à partir de l’intellect, c’est de la philosophie, et ce n’est plus de la littérature. Et si on n’écrit qu’à partir de son imagination, c’est de la science-fiction _ toutes écritures de cantonnement et d’immobilisation. Le roman, lui, fait la synthèse, et mobilise tout mon être«  _,

à ma question

_ que voici, à 36′ 33 du podcast au sein de l’article Ré-écouter la voix d’Aharon Appelfeld : à Bordeaux le 19 mars 2008   » Merci d’être présent. Je voudrais vous demander ce que vous apporte votre écriture, en particulier romanesque, par rapport à ce que vons avez vécu ; puisque La Chambre de Mariana reprend ce que vous avez raconté dans Histoire d’une vieAlors je voudrais vous demander ce que vous apporte cette écriture de type romanesque, qui n’est pas de l’ordre du divertissement, par rapport au sens de votre vie.«   _

sur ce qu’apportait l’écriture romanesque au sens qu’il donnait, lui, à sa vie,

la réponse d’Aharon Appelfeld

a réactivé mon attention au « principe flottant
sur la nature particulière de cet objet qu’est l’enfance » (ces expressions se trouvent à la page 350)
qui anime fondamentalement le récit d’Enfance, dernier chapitre, de René de Ceccatty ;

et par opposition à ce que René de Ceccatty, lui, nomme « une narration linéaire, événementielle, chronologique »

(cf aussi ce passage page 394 :

« mes réticences à m’en tenir à une _ simple _ chronologie linéaire
ne relèvent pas de ce qu’on pourrait présenter négativement comme un désordre structurel
ou une négligence de construction,
ni d’un aléatoire soumis au système de l’association d’idées,
ni encore d’une « manière » que j’ai adoptée dans certains de mes livres _ des biographies _ consacrés à des personnalités dites complexes dont j’ai tracé le portrait en m’autorisant une libre circulation temporelle _ voilà l’expression cruciale : « en m’autorisant une libre circulation temporelle«  _,
mais _ bien plus essentiellement _ de la nature même _ voilà ! _ de cet objet de réflexion qu’est l’enfance.
Non seulement « objet de réflexion », mais essence même _ voilà ! qui consiste en un questionnement ouvert par des va-et-vient permanents (et sans fin), allant de l’inconnu, déroutant, à l’un peu mieux connu (et retour)…  _ de la réflexion. ») ;

ou encore par rapport à ce qu’aurait pu être un récit « par listes » (page 198 :
« On pourrait raconter une enfance par les odeurs (…). Par les vêtements. Par les lectures.
Par listes.
Mais ce serait renoncer au système d’associations d’idées _ en permanence ouvert sur de l’à découvrir, lui… _ qui préside _ voilà ! _ à la rédaction de ce livre,
dont aucun chapitre ne se ferme définitivement _ comme pour un Montaigne (« tant qu’il y aura de l’encre et du papier au monde« ) ou pour un Proust ne cessant d’abouter et accoller à son texte déjà écrit, de nouvelles  « paperolles«  _, ni aucune scène ne peut _ en sa singularité _ être classée _ rangée, bouclée, enfermée en une catégorie délimitée à jamais _ »).


Tout demeurant, et en permanence, ouvert et questionnant,

taraudant l’auteur ;

comme plus tard le lecteur, en un dialogue se poursuivant, lui aussi, à l’infini.

L’œuvre est fondamentalement ouverte.

La méthode, parfaitement ajustée à la complexité même de l’objet qu’il s’est assigné : « l’enfance » comme « essence même de la réflexion »,

est donc pleinement et parfaitement assumée par l’auteur, qui s’y déploie avec bonheur…

Car, page 370 :

« C’est le propre de la mémoire
de ne pas plus épuiser ou pâlir les images qui lui reviennent,
que de pouvoir s’y arrêter ».


Ce penser ne cessant de bouger

et s’étendre en une pluralité de directions, elles-mêmes nécessaires…

Ainsi ce « travail » de remémoration-écriture lui-même ne peut-il être qu’infini :


« Le travail n’est pas terminé. Par qui _ d’autre _ pourra-t-il l’être jamais ? » termine ainsi René de Ceccatty, page 405, ce très riche et principal chapitre « Enfance » de ce merveilleux livre…

Il me semble _ est-ce une question d’âge de l’écrivant ? ou une question d’époque (« modernité«  me paraîtrait incongru ici) de l’écriture ? ou tout simplement une affaire de degré de liberté conquise peu à peu en son œuvre même (et en sa vie ?) par l’auteur ? _
que René de Ceccatty parvient
_ et cela quelles que soient ses propres « réticences », voire « remords », ou scrupules
(qui même parfois, je l’avoue, m’agacent un peu, ô très légèrement ! : qu’il soit donc un peu plus confiant en lui-même et en son merveilleux pouvoir d’auteur ! il s’en est donné pleinement et magnifiquement, opus après opus, le droit effectif)… _ ;

il me semble qu’il parvient ici _ en dépit de ces doutes et inquiétudes qui le taraudent ! il craint un peu trop, parfois, de ne pas être à la hauteur de son défi d’auteur, par rapport à d’autres qui l’ont impressionné… _
à une merveilleuse liberté de circulation (d’« imageance ») d’une image à l’autre,
qui me séduit tant comme lecteur, appréciant cette magnifique mobilité (et justesse !) :

parfaitement « dansante », aurait dit sa mère (cf page 242)…

Et à l’image du funambule de Genet, que partagent et Marie-José Mondzain et René de Ceccatty,

il me faut ajouter celle, sublime elle aussi, du « danseur de cordes«  _ voilà ! _ du magistral Prologue d’Ainsi Parlait Zarathoustra de Nietzsche, comment pourrais-je ne pas y penser ?..  


« En m’autorisant une libre circulation temporelle », disait donc René de Ceccatty _ c’était alors à propos de ses travaux de biographies d’auteurs _, à la page 394.

Aisance et hyper-mobilité dansante de « circulation »

à laquelle n’a pas, me semble-t-il, tout à fait osé se rendre plus souvent un Aharon Appelfeld (Jadova, 16-2-1932 – Petah Tikva, 4-1-2018) en son écriture mémorielle,
réservant, lui, cette écriture dansée-là, à sa seule écriture de fictions…

Pardon de sans cesse ramener à ce livre déjà ancien pour lui, René de Ceccatty, qu’est Enfance, dernier chapitre, paru le 2 février 2017,


mais ses échos sont toujours tellement présents pour moi _ le livre ne quittant, d’ailleurs, pas mon bureau, il demeure à portée de ma main et de mes relectures ! Et continue de me travailler : je m’y réfère… _,
me rendant même d’autres lectures _ telle celle du Classé sans suite de Claudio Magris, comportant, pourtant, lui aussi bien des déplacements dans l’espace comme dans le temps _ un peu trop lourdes, et même par moments plombées…

Idéalement,

il me plairait de voir désormais René de Ceccatty auteur pousser un peu plus loin la confiance en lui-même,

et se révéler encore un peu plus serein et heureux en son écriture, si porteuse,

si « télétransporteuse » même…

Mais ce serait probablement aller à l’encontre de sa foncière humilité personnelle,
et de son infini auto-questionnement d’auteur, travaillé au tréfonds de sa quête d’écriture, par l’insatisfaction de l’à-peu-près, de l’améliorable, sur la voie qu’il a empruntée vers toujours _ de même qu’en son travail de traduction ! _ davantage de précision et pertinence,
parce que perpétuellement et sans fin dans le souci et la recherche active de constants nouveaux progrès de justesse…
Et cela n’est bien sûr en rien reprochable !..

A quel moment doit-on donc décider qu’une œuvre a atteint enfin son point d’achèvement ?..

Tout au contraire : nous nous sentons comme en devoir de le rassurer _ il sait nous transporter ! _ et de l’en épauler…

Ce lundi 8 janvier 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa

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