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Adieu à Bernardo Bertolucci, artiste cinéaste solaire

26nov

C’est avec une très vive émotion

que j’apprends à l’instant

le décès de Bernardo Bertolucci,

artiste cinéaste solaire.

Prima della Rivoluzione,

vu au cinéma Capîtole à Bordeaux lors de sa sortie en France,

m’avait profondément bouleversé,

et je me souviendrai toujours

d’Adriana Asti,

interprétant Gina,

dont était épris le protagoniste parmesan…

J’ai suivi avec la plus grande attention le fil entier de sa filmographie

dont le puissamment marquant Le Conformiste,

avec une affection toute spéciale pour

La Luna,

et son regard éblouissant sur une Rome africaine solaire _ avec ses ombres, aussi, forcément _,

et son usage du bouleversant Soave sia il vento,

de Cosi fan tutte… ;

La Luna,

un film analysé en détails avec passion avec mes élèves…

Bernardo Bertolucci

(Casarola, 16 mars 1941 – Rome 26 novembre 2018)

fut marqué

par la poésie de son père Attilio Bertolucci

(Parme, 18 novembre 1911 – Rome, 14 juin 200),

et par l’art de Pasolini

(Quartiere Santo Stefano, 5 mars 1922 – Ostie, 2 novembre 1975),

qui fut son mentor en cinéma…

La Reppublica lui consacre à l’instant un beau dossier d’hommage,

que voici :

È morto Bernardo Bertolucci, l’ultimo grande maestro del Novecento

È morto Bernardo Bertolucci, l’ultimo grande maestro del Novecento

È morto Bernardo Bertolucci, l'ultimo grande maestro del Novecento
(ansa)

Il regista aveva 77 anni.

Ha attraversato la storia del cinema mondiale con capolavori come ‘Novecento‘ e ‘Ultimo tango‘.

L’ultimo imperatore‘ ha vinto nove Oscar, compreso miglior regia e sceneggiatura

di IRENE BIGNARDI

26 novembre 2018

Se non fosse davvero esistito, il personaggio Bernardo Bertolucci – poeta, documentarista, regista, produttore, polemista, autore per eccellenza del cinema italiano, star del cinema internazionale – prima o poi, questo personaggio più grande che natura l’avrebbe inventato qualcuno, per raccontare, in maniera romanzesca ed esemplare, quello che ha attraversato il cinema nella seconda metà del secolo scorso, dallo sperimentalismo al cinema d’autore, dalla cinefilia alla grandeur, dai low budget alle megaproduzioni, dal provincialismo alla visione internazionale. Il regista di capolavori come Novecento, Ultimo tango a Parigi, Il té nel deserto, Piccolo Buddha e L’ultimo imperatore, il film da nove Oscar, è morto all’età di 77 anni a Roma dopo una lunga malattia.



Bertolucci racconta Ultimo tango e Novecento : « Il cinema della trasgressione »

Il figlio del poeta e la natia Parma

Bernardo Bertolucci, in queste avventure e capovolgimenti era sempre lì, da protagonista o da testimone del secolo. Così italiano e così internazionale. Così sofisticato e così nazional-popolare. Così letterario e così visuale. E non si può non restare stupefatti di fronte a una vicenda umana e a una carriera cinematografica che si sono aperte nell’Appennino di Casarola di Parma, la casa di famiglia dei Bertolucci, e hanno percorso le strade del mondo per viaggiare sempre, però, nello Zeitgeist, nello spirito del tempo, quello spirito che Bernardo, con antenne da vero artista, ha saputo identificare, interpretare, raccontare. Della favola, a tratti amara, sempre avventurosa che è stata la vita di Bernardo Bertolucci, ricordiamo l’inizio veramente da favola.


Quando il bel ragazzo ventenne, figlio di un grande poeta come Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, amato da Moravia, vicino a Elsa Morante, a Cesare Garboli, a Enzo Siciliano, a Dacia Maraini, vince a vent’anni il Premio Viareggio per la poesia con Il cerca del mistero. Da questo laboratorio culturale – in cui a tempo debito si muoveranno anche la sua bella moglie inglese Clare People e il fratello più giovane di Bernardo, Giuseppe -, dalla tradizione letteraria e musicale della sua natia Parma, discendono, oltre all’amore di Bernardo Bertolucci per i testi letterari, il gusto per il melodramma, l’amore per le scene madri, l’approccio mitico e popolare, la tendenza postmoderna a costruire con materiali preesistenti – quelli che, direbbe Violeta Parra, formano il suo canto. E quindi, su una filmografia di sedici film, a realizzare ben cinque film di origine schiettamente letteraria pur restando un autore straordinariamente visivo.


Bertolucci si racconta al Bif&st : « Quando scambiai Pasolini per un ladro« 

L’incontro con PPP e la nascita della Nouvelle Vague italiana

È un percorso cinematografico affascinante. Bernardo lavora come assistente di Pasolini, gira documentari, affronta il primo film, La commare secca, su un’idea di PPP e con atmosfere tipicamente pasoliane. Poi un secondo, Prima della rivoluzione, nel 1964, una riscrittura a chiave di La Certosa di Parma, che diventa il suo manifesto cinematografico, annuncia il suo lato cinefilo (« Non si può vivere senza Rossellini » è la citazione imperdibile) e lo promuove autore e cantore della borghesia di fronte ai cambiamenti drastici che segnano gli anni ’60. E se inizialmente il film viene accolto con freddezza dal pubblico e dalla critica italiana (ma, a Venezia, c’è chi gli consiglia di tornare a fare il poeta), e giusto un po’ meglio dai francesi, in compenso Pauline Kael, la dea della critica americana, assieme a un gruppo di « miracolosamente talentuosi ragazzi francesi » celebra anche Bernardo Bertolucci e il suo film, « stravagantemente bello per i suoi eccessi », dove si racconta la bellezza della vita « prima » della rivoluzione. Alberto Moravia, in una sua accesa recensione, equivocherà e parlerà di « dopo » la rivoluzione, reinterpretando il film secondo l’equivoco. Poco importa. Quello che conta è che dalla cinefilia e dalla poesia è nata una stella, a cui si affiancherà , un anno dopo, a costituire il nucleo della Nouvelle Vague italiana, Marco Bellocchio con l’eversivo I pugni in tasca.

Ultimo tango a Parigi‘, in sala la versione restaurata – trailer

Tra il ’68 e Ultimo Tango


Nel fatidico ’68 Bertolucci gira un film tipicamente sessantottino, Partner. Poi nel 1970, per la Rai, quello che all’epoca colpì tutti come un piccolo, sofisticato gioiello, Strategia del ragno, ispirato a Borges. Per darci nel 1970, ancora, quello che resta forse il suo film più compiuto, maturo, personale, Il conformista, che trasforma ed è al tempo stesso fedele al testo di Moravia. Un film che se non riuscì all’epoca a farsi amare dal pubblico italiano, di nuovo venne amato dalla Kael, che lo definì « un’esperienza sontuosa, emotivamente piena« – e che a tutt’oggi di Bertolucci resta il film più riuscito, concluso, coerente.

rep

Ma il fenomeno internazionale B.B. esplode con Ultimo tango a Parigi, e la complessa vicenda giudiziaria/ censoria che seguì, e che rende difficile giudicare il film fuori dal suo contesto di scandalo. Uno scandalo paragonato dalla solita Kael allo shock culturale prodotto da Le sacre du printemps. E il fatto che Bernardo Bertolucci ogni tanto sia ritornato sulle sue responsabilità (o meglio sarebbe dire sulla sua irresponsabilità) nell’imporre scene e atmosfere brutali a Maria Schneider, non fa che rinnovare negli anni lo shock prodotto a suo tempo e a rendere più difficile un giudizio. Che all’epoca a taluni è sembrato semplice: intense le scene in interni, con un superbo Marlon Brando invecchiato e dolente, imbarazzanti le parti con Schneider e Leaud, appassionante (nonché discutibile) il tema della trasgressione e del sesso come unico valore.


I nove Oscar de ‘L’ultimo imperatore

La storia delle vicende giudiziarie di Ultimo tango è un romanzo in se stesso, un po’ grottesco un po’ horror, tra condanne alla perdita dei diritti civili e roghi medievali di pellicola. Ma è la storia che ha creato la fama internazionale di B. B. e che gli consente nel 1976, sempre sensibile agli umori del tempo e ad anni di cultura di sinistra dominante, di girare Novecento, un’epica grandiosa e “hollywoodiana”, piena di grandi nomi del cinema nostro e internazionale, che racconta cinquant’anni di storia padana, a tratti potente e commovente, a tratti retorica e manieristica , sempre audace per le dimensioni e le ambizioni. Dopo la ricezione tiepida, nel 1979, di La luna, che racconta l’ambiguo e difficile rapporto , ai confini dell’incesto , di una madre e di suo figlio adolescente, dopo La tragedia di un uomo ridicolo ( 1981), una storia di avidità provinciale e rapimenti, che conquista a Tognazzi un premio a Cannes ma ha un risposta modesta dalle sale, nel 1987 Bertolucci conquista a sorpresa nove Oscar con un film veramente epocale, un trionfo di diplomazia e creatività, di gusto scenografico italiano e di abilità narrativa, L’ultimo imperatore, un grande successo a livello mondiale che apre le porte del mondo cinese e consacra Bernardo Bertolucci come un grande regista internazionale.

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L’ultimo Bertolucci dal Té nel deserto a Io e te


Tornato in Italia dopo un lungo periodo a Londra, sua seconda patria, Bertolucci, con Io ballo da sola, da un racconto di Susan Minot, esalta la bellezza del Chiantishire e il piacere di vivere « dopo » la rivoluzione. Con Il té nel deserto (1990) riscopre l’opera di Paul Bowles e il mondo tragico ed elegante degli “expat”. Quindi si muove, nel 1993, verso il Nepal, per raccontare la storia di Piccolo Buddha e aprire alle culture orientali. Nel 1996, tornato a Roma, dirige tutto in interni la storia di un’ossessione amorosa, L’assedio. Mentre nel 2003 ritorna all’amato, mitico ’68 con la storia di tre ragazzi che intrecciano scoperte erotiche, politica e cinefilia in The Dreamers, un film di scoperto voyeurismo e di scoperta nostalgia che per molti versi riconduce alle atmofere di Ultimo tango. Ma la malattia che da anni lo assedia, sta avendo il sopravvento. Bertolucci non riesce a « montare » il suo Gesualdo da Venosa, un film a cui pensa da tempo. Gli restano le storie intime e private, e gira, praticamente sotto casa, un intenso incontro scontro tra fratello e sorella in Io e te ( 2012), dal romanzo di Niccolò Ammaniti. È la fine della bella favola. Ma Bernardo Bertolucci, il ragazzo poeta, il regista, la star, il premio Oscar, se ne va lasciando un segno che resta.

Soit le récit d’un très riche
et particulièrement beau
parcours cinématographique.

Ce lundi 26 novembre 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa

A propos de mon cousin Bioy : « su herencia : amores secretos y muertes en un juicio de película »

17nov

A propos de mon cousin Adolfo Bioy Casares (1914 – 1999),

cet article-ci, du 15 septembre 2014,

à l’occasion des 100 ans de sa naissance :

La herencia de Bioy : amores secretos y muertes en un juicio de película

Clima San Miguel de Tucumán
15/09/2014 – 9:08 am

La herencia de Bioy: amores secretos y muertes en un juicio de película



 “Siempre pensé que las bombas de tiempo debieran llamarse testamentos”, escribió Adolfo Bioy Casares, Premio Cervantes 1990, al recordar las esquirlas que dejó la herencia de su abuela. Pero la frase, recogida en Descanso de caminantes, una edición de sus diarios íntimos publicada en forma póstuma, resume como ninguna lo que pasó cuando apareció su propio testamento, pocos días después de su muerte, el 8 de marzo de 1999. En él, Bioy dejaba el 20 por ciento de sus bienes (que incluían un departamento en Cagnes-sur-Mer, Francia, donde el autor de La invención de Morel amaba pasar el verano), a Lidia Ramona Benítez, su enfermera.

El 80 por ciento restante debía dividirse en dos mitades : una para su hijo, Fabián Bioy Demaría, y la otra, entre sus tres nietos, hijos de Marta Bioy Ocampo. Una seguidilla inconcebible de muertes – la de la escritora Silvina Ocampo, su mujer, en 1993, luego de años con Alzheimer ; la de su hija Marta, víctima en 1994 de un accidente de tráfico ridículo y fatal ; la del mismo Bioy Casares en 1999 y finalmente, la de su hijo Fabián, en 2006, a los 42 años de edad – encadenó varios juicios sucesorios con un resultado insospechado. La carambola del destino quiso que los derechos de autor de dos de los escritores más espléndidos de la literatura argentina del siglo XX y gran parte del patrimonio en juego – valuado provisoriamente en 2007, con un dólar a $3,15, en poco más de 8,5 millones de pesos, según surge del expediente judicial, que consultamos – estén desde el pasado marzo en manos de la madre de Fabián, una de las amantes de Bioy, seductor tan aplicado como admitido.

Al conmemorarse mañana el centenario de su nacimiento, detenerse en los detalles nunca revelados de este folletín judicial de casi 15 años y más de 4.000 fojas es indagar no sólo en las reediciones y futuros libros de inéditos de ABC y de Silvina, sino también en el destino de uno de los tesoros más preciados de cualquier autor, su biblioteca : unos 20 mil tomos de enorme valor literario y económico, que la Universidad de Princeton quiso comprar y trasladar a los EE.UU. en 2000 (Ver en la pág. 44 La biblioteca …).

La saga refleja, además, los efectos de la inestabilidad política de nuestro país y sus cicatrices en un patrimonio familiar: el expediente registra cómo, desde 1999 las valuaciones de los bienes y demás cuentas involucradas en la sucesión sufrieron los vaivenes del país. Empezaron en tiempos de convertibilidad y luego fueron parcialmente pesificados, recalculados en diversas ocasiones y consumidos por gastos de mantenimiento, honorarios de abogados y peritos e inflación.

Las versiones difieren : allegados al escritor sostienen que su intención de beneficiar en el testamento a Benítez, la enfermera que lo asistió los últimos nueve años de su vida, era conocida y habría complicado la relación de Bioy con sus nietos, Florencio, Victoria y Lucila, huérfanos desde 1994, quienes a partir de la muerte de su madre, vivieron estos juicios sucesivos como un “trauma” que les llevaba la vida entera, según una fuente que pide reserva. Consultados por Clarín para este artículo, los jóvenes Bioy declinaron participar por tratarse de “un tema muy personal”. Pero declaraciones previas de Florencio, realizadas a Alejandra Rodríguez Ballester para la revista Ñ, traslucen el desgaste emocional de haber vivido “desde los 20 años en sucesión”.

Otras fuentes (entre ellas una entrevista con Fabián, el hijo de Bioy, publicada el 20 de marzo de 1999 en el diario madrileño ABC) indican que la familia se enteró de que Bioy Casares dejaba a la enfermera el quinto de su fortuna cuando Lidia reclamó judicialmente el inventario y la tasación de la biblioteca y demás bienes de los pisos 5to y 6to de Posadas 1650, donde Bioy y Silvina Ocampo vivieron gran parte de su matrimonio de 53 años. La propiedad – 697 metros cuadrados más terraza, situados en una de las mejores esquinas de Recoleta – se vendió por dos millones setenta y cinco mil dólares, en diciembre de 2000. Pero recién en junio de 2013 la justicia ordenó que parte de ese dinero se usara para pagar el grueso del legado. La enfermera cobró, en efectivo, 307.706 dólares, salvados de la pesificación por su carácter de depósito judicial (según resolución de abril de 2002).

No es la única sorpresa de un juicio sucesorio que bien valdría una serie de televisión y del que participaron decenas de abogados (algunos murieron y fueron reemplazados por sus herederos a la hora de trabajar o de cobrar), escribanos, administradores provisorios, peritos, tasadores y expertos varios. Hoy los derechos de autor de la obra de Adolfo Bioy Casares – valuados en diciembre de 2005 en poco más de un millón y medio de pesos – y la mitad de los de Silvina Ocampo – tasados en 258 mil – no están en manos de su familia. Pertenecen a Sara Josefina Demaría, madre y heredera de Fabián Bioy Demaría, el hijo extramatrimonial que Bioy Casares tuvo con ella en 1963. “Finita”, una bellísima mujer de alta sociedad por entonces casada con Eduardo Ayerza, con quien tuvo otros tres hijos, se separó cuando Fabián tenía 6. Al morir este en 2006, soltero y sin descendencia, lo heredó su madre.

La razón de los porcentajes asignados a Fina Demaría y a los nietos de Bioy tiene fundamentos legales. Reconocido por Bioy en 1998 (hasta entonces llevaba el apellido Ayerza), Fabián heredó de su padre bienes y derechos, entre ellos, la mitad del patrimonio de Silvina Ocampo que Bioy recibió a la muerte de ésta, en 1993. Durante el juicio sucesorio, además, Fabián inició otro contra sus sobrinos, para compensar valores por una porción de Rincón Viejo, un campo que el escritor había donado a su hija, Marta Bioy Ocampo (concebida con otra de sus amantes, María Teresa von der Lahr, y luego adoptada, amada y criada por Silvina como propia).

Rincón Viejo, en Pardo, provincia de Buenos Aires, es una propiedad de más valor literario que económico (más de siete millones y medio de pesos, según una tasación judicial provisoria de 2007). Allí, promediando los años 30, Bioy y Borges iniciaron su trabajo en colaboración escribiendo un folleto de yogur para La Martona, empresa de los Casares, la familia materna de Bioy (para otro artículo guardamos el análisis de la increíble amistad entre el donjuán irrefrenable y el tímido sin suerte). Este campo, especialmente querido por Bioy, fue también el sitio donde él y Silvina vivieron antes de casarse y donde él escribió algunas de sus obras esenciales, como la novela El sueño de los héroes (1954). Respetando el deseo del escritor, Rincón Viejo quedó en manos de la familia de Marta. Pero la Justicia reconoció a Fabián el derecho a ser compensado por su valor, de allí que la mayor parte del dinero obtenido por el piso de Posadas le correspondiera a él y, a su muerte, a su madre, Fina.

El campo es administrado por Florencio Basavilbaso Bioy, el nieto mayor del escritor. A él y a sus hermanas – Victoria y Lucila – corresponde la otra mitad de los bienes y derechos de autor de Silvina Ocampo, heredada por Marta. Y además, los derechos morales sobre las obras de sus abuelos. Explica un conocedor de la causa, quien pide anonimato: “Los derechos morales que apuntan a preservar la integridad de una obra y la buena imagen de un escritor, tras su muerte le corresponden más a su sangre que a cualquiera. A Fabián y a Marta, sus hijos, si hubieran vivido ; no estando ellos, a sus nietos.¿Podrían oponerse los nietos a editar o reeditar algunas obras que encontraran inconvenientes? “Tendrían voz en el tema, pero no creo que requieran hacerla oír nunca, porque es un trabajo que se hace con mucho conocimiento y respeto”, señala el experto. Este juego de equilibrios se relaciona con los inéditos de ambos autores en cuya edición y puesta en valor trabajan, desde hace años, los curadores Daniel Martino (de la obra de Bioy) y Ernesto Montequin (de la obra de Silvina Ocampo). El diario íntimo que Bioy llevó por medio siglo le fue donado por el propio Bioy a Martino, junto a quien trabajó los últimos años de su vida en la preparación del monumental Borges. “Los derechos de autor son de Fina Demaría, pero la decisión de qué se publica, cómo se publica y cuándo se publica corresponde a Martino”, precisa esta fuente. Hay además fotografías, una obra que Bioy desarrolló entre 1958 y 1971 y que recién empieza a ser valorada (recogida en Revista Ñ, el 30/8). Una selección integra la muestra El lado de la luz, Bioy fotógrafo, que se inaugura el 25 de este mes en el Centro Cultural San Martín.

La conservación y el destino de la biblioteca y papeles privados hallados en el piso de Posadas – que se asignaron en la partición por mitades a la Sra. Demaría y a los nietos de Bioy – mereció un incidente judicial aparte. “Nadie quiere hablar de valores”, afirma un allegado a los herederos. “En 2000 hubo una oferta de la Universidad de Princeton por la biblioteca, pero como todavía no se sabía a quién le iba a tocar y la valuación estaba pendiente, se desestimó.” La oferta de esa universidad llegó al juzgado por correo. En lo peor de su enfrentamiento con el ex marido de su hija Marta, Teresa Costantini ofreció comprarle la biblioteca a Bioy por un millón de dólares, con uso de ésta para Bioy. Recuerda Soledad Costantini, su hija: “Había tantos problemas en la familia por esos años, que mi madre juzgó con sensatez que no teníamos garantía de que podrían cumplir un trato así”. Pero no es la única. En una audiencia del 8 de abril del 2003, el expediente registra otra “propuesta de compra”, ésta de US$ 200 mil, tampoco aceptada. Entretanto, la Biblioteca Nacional está interesada, según dijeron.

 

Fuente : http://www.clarin.com/edicion-impresa/Amores-secretos-muertes-juicio-pelicula_0_1211878877.html

Ce samedi 17 novembre 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa

 

Quelle est la capitale des librairies ?

02mai

La capitale des librairies… est Buenos Aires.

Dans El Pais d’hier 1er mai, nous découvrons cet article

JUAN CRUZ
Buenos Aires 1 MAY 2018 – 19:50 CEST

… 

El imán literario de Buenos Aires :

Asistentes el pasado viernes a la 44ª Feria Internacional del Libro de Buenos Aires.

Asistentes el pasado viernes a la 44ª Feria Internacional del Libro de Buenos Aires. DAVID FERNÁNDEZ EFE

La Feria del Libro de la capital argentina reúne a escritores como J. M. Coetzee, Mario Vargas Llosa, Paul Auster, Yasmina Reza y Richard Ford con centenares de miles de lectores

Jamás llovió tanto en Buenos Aires como este fin de semana. Es bueno para las vacas y para el campo, y por tanto sería en otro tiempo una bendición para La Rural, el vasto predio en el que se celebra la Feria Internacional del Libro de Buenos Aires, la mayor de nuestra lengua después del exceso glorioso de la FIL (Guadalajara, México). Pero ni la lluvia (“Llueve más que en Macondo”, dijo Jorge Fernández Díaz, autor de La herida, best seller de la Feria) hace sufrir a esta fiesta que tampoco la dictadura, de crueldad infinita también para los libros, pudo interrumpir con su ruido de sables, tiros, rayos y truenos. El temporal, con libros, es un gozo, dice Oche Califa, el director institucional del evento, a cuyo frente lleva cuatro años.

Lo que sorprende no es esta lluvia ruidosa bajo la cual siguen entrando (un millón o más habrá en los veinte días de esta 44 edición) lectores que por miles asisten a conversaciones o conferencias en las que coexisten el sudafricano J. M. Coetzee con el peruano Mario Vargas Llosa, los estadounidenses Paul Auster y Richard Ford, el español Arturo Pérez-Reverte o la francesa Yasmina Reza, los argentinos Fernández Díaz, Claudia Piñeiro o Eduardo Sacheri. Lo que sigue sorprendiendo es cómo, “a esta esquina del mundo”, dice Califa, viene tanta gente, en viajes de tantas horas, para hablar de sus libros, para someterse a largas colas y a actividades sin fin. Él dice que la clave es Buenos Aires. El cosmopolitismo que emana la tradición literaria de la ciudad de Jorge Luis Borges y que es un imán para los escritores y para los libros. Claudia Piñeiro, la autora de La viuda de los jueves, novelista que además abrió la feria con un vibrante discurso que venció el ruido de la protesta por acciones de gobierno, sitúa ese imán en metáforas de otro tiempo:

–Creo que hay una tradición de Buenos Aires recibiendo autores extranjeros. Desde Lorca a Gombrowicz hay una tradición de ciudad que acoge escritores que huyen de algún mal.

También están pegados a ese imán, dice, “los que vinieron a reunirse con Victoria Ocampo _ la belle-sœur de mon cousin Adolfo Bioy _ y sus amigos”. Ciudad abierta, en la que “sabemos ser muy duros con nosotros mismos, pero esa tradición de recibir y aprender del escritor que viene de una realidad lejana es uno de los valores de los que nos podemos enorgullecer. Que sea un editor de Buenos Aires quien decidió editar por primera vez Cien años de soledad escrita por un paupérrimo García Márquez que juntaba las monedas para el envío del original por correo, se inserta en la misma tradición”.

El secreto está también, lo corrobora Califa, en una conjunción no obligada pero real: entidades oficiales, estatales o de la ciudad, el Museo del Libro, los editores, los libreros, la Biblioteca Nacional (que fue de Borges, que hoy dirige Alberto Manguel _ ami de mon ami René de Ceccatty _) contribuyen a que esos viajes de autores extranjeros a Buenos Aires tengan aquí público abundante y un eco generoso que convierte a esta ciudad en un jolgorio de letras. “No hay más plata”, dice Piñeiro, “pero sí más fundaciones o editoriales o promotores culturales o embajadas dispuestas a sumar esfuerzos para concretar esos viajes”. Y vienen. Paul Auster estaba tan contento de venir que se pasó algunos ratos besando gente a la que conoció y en la que vio la alegría de ser leído.

En el pináculo de esas colaboraciones institucionales está la coordinación de la Fundación El Libro, por la que habla Califa. Él consiente que hay un imán, “el imán Buenos Aires”, pero es cierto que hay una tradición. “Argentina ha sido un país abierto a lo que ocurriera en el mundo y a la vez con capacidad de acriollar, no de copiar. Un país abierto a leer rusos, argentinos, italianos, norteamericanos, a publicar por primera vez a Sartre, a Joyce, a Marx… Y ahora aquí hay 1.500 actos en tres semanas y en todos se cuela esa capacidad de recibir y asimilar… Y aquí están, representados en la Fundación El Libro, remando para el mismo lado, las bibliotecas populares, los editores, los impresores, los libreros, los dibujantes, el gobierno… Hemos conseguido que la idea del cheque libro nazca en la feria y luego se prolongue más allá de la feria para que los lectores puedan comprar con nuestros descuentos en cualquiera de las 1200 librerías de Argentina. ¡1.200 librerías, un tesoro nacional, como el Teatro Colón o como el Museo Nacional de Bellas Artes !

–¿ Y por qué vienen tantos autores, y de tan lejos, Oche ?

–Tenemos algo que no todos tienen : Buenos Aires.

–¿ Qué pasaba en la dictadura ?

–Fácil no fue. El ejército entraba, hacía requisas, no podíamos reivindicar ni exhibir a escritores en exilio o desaparecidos. Pero no la podían prohibir, hasta las dictaduras tienen que rendirse a las ferias del Libro.

Luciana Waiss, gerenta de Comunicación y Marketing, trae la feria a este instante y subraya novedades, como la creciente presencia de la programación feminista, de diversidad sexual, que ahora convive con los aspectos más habituales de eventos como este. Cuatro escritoras (Griselda Gambaro, Angélica Gorodischer, Luisa Valenzuela y la citada Claudia) han inaugurado sucesivas ferias en los últimos tiempos, “lo que quiere decir que antes o había demasiada ausencia o había muy poca diversidad”.

El imán es el libro. Dice Jorge Fernández Díaz, para encerrar la feria en una metáfora: “La Feria del Libro es un refugio de lo que fuimos, un lugar que condensa nuestras mejores virtudes. En muchos sentidos, se trata de virtudes perdidas. Reproduce siempre aquel país cosmopolita y culto al que venían los grandes escritores del mundo, donde reinaban ideas abiertas y desafiantes, y donde por lo general no existía tanto cainismo. Esa imagen de nosotros mismos, tal vez un poco idealizada pero con algunas pruebas en los libros de Historia, se veía por ejemplo en el diario La Nación, donde colaboraban Martí, Rubén Darío, Ortega y Gasset, Unamuno, Hemingway, Borges, Mujica Láinez. La ideología de la Feria, que acoge con igual fervor a nacionales e internacionales, a marxistas y ultraliberales, escritores populares y vanguardistas, es acaso lo mejor de un país ideal que fue agonizando, pero que una vez al año lleva a cabo una misa, un ritual celebratorio para recordar lo que fue. Borges, que detestaba las multitudes (incluso las que venían por los libros), hubiera estado de acuerdo con este concepto, pues él nos enseñó la maravilla de la universalidad y luchó contra nuestro decadente nacionalismo cultural”.

En ese clima, entre tormentas, dice, “el dios de los libros sigue lloviendo sobre Buenos Aires”.

LA TRADICIÓN SEGÚN BORGES

La escritora argentina Claudia Piñeiro da el discurso inaugural de la 44ª Feria del Libro de Buenos Aires el pasado jueves 26 de abril.
La escritora argentina Claudia Piñeiro da el discurso inaugural de la 44ª Feria del Libro de Buenos Aires el pasado jueves 26 de abril. EFE PABLO REMÓN

La Feria de Buenos Aires, que acoge tanta cultura literaria extranjera y nacional, en realidad sigue una tradición argentina, dice Patricia Kolesnikov, escritora, periodista de Clarín. La cultura argentina, o al menos una parte importante, siempre se ha sentido cómoda con las puertas abiertas. Quien da la clave es, cuándo no, Borges : ‘La tradición argentina es, dice, es toda la cultura occidental (…). Por eso no debemos temer y debemos pensar que nuestro patrimonio es el universo ; ensayar todos los temas, y no podemos concretarnos a lo argentino para ser argentinos : porque o ser argentino es una fatalidad, y en ese caso lo seremos de cualquier modo, o ser argentino es mera afectación, una máscara”. Apostilla Kolesnikov : “Así nos leyó nuestro gran escritor y así nos dedicó, para siempre, el mundo todo”.

En cuanto a la feria, esta afluencia cosmopolita que se vive desde hace un par de años es una novedad. “Durante las primeras décadas venían dos o tres autores prestigiosos de fuera, y ahí se quedaba todo”, señala Ezequiel Martínez, director de actividades culturales de la Biblioteca Nacional. Gracias a las entidades que cita Califa y a la época en que la dirigió Gabriela Adamo (2011-2014), dice, “ese espíritu global se consolidó y tuvo un gran auge. Ella incorporó a una ciudad invitada de honor [este año es Montevideo: acá estará Jose Mujica hablando de Las venas abiertas… de Galeano] y también el Diálogo Latinoamericano. Esos espacios de intercambio le imprimieron a nuestra Feria ese espíritu cosmopolita que hoy se mantiene”. A pesar de los diluvios.

Ce mercredi 2 mai 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa

Le livre va-t-il « survivre » à Internet ? une « alerte » et une stratégie de « riposte » de Bruno Racine (cf aussi Roger Chartier…)

31oct

Un très intéressant article dans l’édition de ce samedi 31 octobre du « Monde » _ « Il ne faut pas édifier de ligne Maginot«  _ « sous la plume » (ou par les doigts sur le clavier…) de Bruno Racine, Président de la Bibliothèque nationale de France ;

juste après une « libre opinion » passionnante dans ce même « Monde » il y a quatre jours _ intitulée « L’avenir numérique du livre«  _ par Roger Chartier,

Président du Conseil scientifique de la Bibliothèque nationale de France, ce très grand « historien des pratiques culturelles (qui) a pris pour objet principal de son étude la lecture, ainsi que le livre sous l’Ancien Régime et dans les temps modernes, y compris dans leurs aspects les plus matériels (diffusion, sociétés de pensée, bibliothèques, académies, imprimeries, etc.)« , auteur des « Origines culturelles de la Révolution française«  (aux Éditions du Seuil, 1990, réédité depuis), suivi de nombreux travaux scientifiques comme « Culture écrite et société. L’ordre des livres (XIVe -XVIIIe siècle) » (aux Éditions Albin Michel, 1996) ou « L’Histoire de la lecture dans le monde occidental » (avec Guglielmo Cavallo, aux Éditions du Seuil, 1997-2001)…

et dans le champ des explorations lucidissimes d’un Bernard Stiegler _ par exemple dans l’important « Pour en finir avec la mécroissance«  (avec les contributions éclairantes d’Alain Giffard et de Christian Fauré, aux Éditions Flammarion en 2009) ; cf mon article du 31 mai 2009 : « Très fortes conférences…«  _

et d’un Régis Debray en son « labourage » méthodique de la « médiologie » _ « Cahiers de médiologie : une anthologie« 

Voici cette contribution à l’action de connaissance, ainsi qu’au débat, de Bruno Racine, ce jour _ avec mes farcissures ! (ou sans : « Il ne faut pas édifier de ligne Maginot« , au choix…) _ :

« Après avoir bouleversé les industries de la musique et de l’audiovisuel, la lame de fond numérique _ voilà la « révolution en marche » !.. pas rien qu’un tsunami ponctuel ! une irréversible fractale qui modifie sans retour toute la géographie installée des continents !.. _ aborde au rivage du livre. Ne pleurons pas la fin d’un monde : l’histoire de l’écrit _ cf Roger Chartier et Régis Debray, passim _ est jalonnée d’évolutions techniques _ successives ; Bernard Stiegler renvoie régulièrement au travail-maître de Sylvain Auroux « La révolution technologique de la grammatisation« , paru aux Éditions Pierre Mardaga, le 1er avril 1995… _ qui en ont modifié le support, le contenu et les modes de lecture _ un objet d’analyse passionnant ! et aux enjeux (« civilisationnels« ) assez considérables (cf Bernard Stiegler…) que ces « modes de lecture«  ; ainsi que leur(s) « déstabilisation« (s) _, entraînant dans leur sillage les mutations culturelles et économiques successives qui fondent _ de fait ? de droit ? _ notre civilisation _ pouvant aussi l’effondrer ?.. Et ce ne sont pas (jamais) tout à fait les mêmes (personnes, classes, institutions, États, etc… : en tout cas des forces qui avancent leurs pions, se taillent des territoires…) qui en « profitent«  ; ou en subissent les conséquences… Des batailles féroces se livrant sur ces « champs » : « réformes«  (et « contre-réformes« ), « révolutions » (et « contre-révolutions« ), etc… Nous assistons aujourd’hui à une nouvelle étape de cette histoire. Les maillons traditionnels de ce qu’il est convenu d’appeler en France « la chaîne du livre » s’en trouvent bousculés _ et doivent y réagir ; envisager, sinon une riposte, du moins une stratégie, non seulement de « survie » plus ou moins « précautionneuse« , mais d’« adaptation« , ou plutôt « accommodation«  (un distinguo crucial !) offensive ; de « mise à profit » (et « conquête » !) : en déterminant, au-delà simplement des moyens à mettre en œuvre, les finalités (essentielles !) à servir ; et selon quelles priorités (ou hiérarchie) !!!

L’arrivée en Europe du Kindle d’Amazon, l’annonce par Google de l’ouverture prochaine d’un service de librairie en ligne _ et à rien moins que l’échelle du monde : instantanément, quasiment, ainsi « googelisé » ?.. _ et, bien plus largement, la révolution de l’accès au savoir _ sans tri ? sans le tamis de quelque « krisis » (= une « critique« … ; relire, après le « Socrate«  rendu à jamais (en dépit de ses propres arguments : éternisés, in « Phèdre« , contre l’écrit !) accessible, en sa « voix« , par les « Dialogues«  de Platon (qui envisage et œuvre pour une autre forme de pouvoir ! que celle de Socrate…) ; relire, donc, Kant : sa décisive « Critique du jugement«  !..) ? _ rendue possible par les nouvelles technologies de l’information et de la communication _ Bernard Stiegler préfèrant, quant à lui, substituer à ces expressions (« obsolètes« , dit-il) celles de « technologies cognitives et culturelles«  _ suscitent des inquiétudes _ voire des paniques _ parmi lesquelles il importe de faire le tri _ voici l’apport que se propose de nous offrir en cet article Bruno Racine. Le numérique invite à reconsidérer la définition même de l’objet livre _ peut-être : en sa matérialité physique, manipulable : tourner ses pages au rythme de lecture et de notre œil et de notre intellect, du moins… _ et à repenser l’écosystème _ vaste, riche, complexe ; matérialisé, lui aussi, notamment, en des murs d’« entreprises«  ayant pignon sur rue ; investies dans de la pierre aussi… _ qui s’est construit autour de lui. La numérisation massive des fonds conservés par les bibliothèques _ oui ! _ et l’usage qui en est fait _ plus encore : il s’agit bien sûr de « services » (plus ou moins publics ou privés, aussi : les enjeux socio-politiques en sont considérables ! et « civilisationnels« , je ne dis pas !!! cf le jeu des forces qui s’y empoignent, à commencer électoralement ! mais à quels degrés de conscience ??? bien divers…)… _ par des opérateurs privés _ nous y voici ! et voilà ce qui mobilise aujourd’hui, en cet article-ci, et la réflexion et la plume de Bruno Racine _ transforment notre rapport _ à tous et à chacun : lecteurs alphabétisés (et plus ou moins « cultivés« , au participe passé, et « se cultivant« , au participe (actif et créatif !) présent !.. y compris ces « oisifs qui lisent«  que Nietzsche, en son indispensable (« Ainsi parlait Zarathoustra _ un livre pour tous et pour personne« , Livre premier, chapitre « Lire et écrire« ), disait « haïr«  !.. : « je hais les oisifs qui lisent«  ; et « se crétinisent« , pourrions-nous préciser ; même si des moyens beaucoup plus performants en vitesse (audio-visuels) ont été depuis mis en place pour y aider… _ au patrimoine écrit _ que gèrent, notamment, des bibliothèques telle que celle (Nationale de France) dont Bruno Racine a présentement la responsabilité politique…


Parallèlement, les liseuses, téléphones intelligents et ordinateurs de poche se multiplient et offrent des supports de lecture supplétifs _ voilà _ du livre papier dont on aurait tort toutefois de prédire la disparition prochaine _ en effet : à preuve par l’exemple : une librairie performante comme la librairie Mollat est, en ce temps de crise, assez richement « achalandée«  ; on afflue en ses nombreuses allées… Enfin, la place prise dans l’économie de la culture par les grands opérateurs privés du numérique _ voilà ! _ et leur pénétration rapide _ oui _ des marchés français et européens abolissent les frontières des métiers du livre _ certes _ et en ébranlent les fondements économiques et juridiques _ un fait très important : une dynamique qui ignore le vide en s’y engouffrant…

Prenons garde à ne pas tomber dans la déploration prématurée _ sans rien faire contre ce qui la menace ? cf à nouveau Bernard Stiegler, « Pour en finir avec la mécroissance » et « Prendre soin _ de la jeunesse et des générations » ; même si celui-ci ne se tient certes pas dans le registre de la « déploration«  ! ni de l’inactivité !.. ce n’est pas un « mélancolique«  _ de la mort de la lecture attentive _ s’en soucier, cependant : à l’école ! tellement esquintée, cette école ; si peu (et mal) centrée sur l’activité exigeante et formatrice d’actants authentiquement dynamiques !.. _, de l’agonie des circuits de distribution et de médiation classiques _ l’édition, les librairies _, voire de la fin programmée de l’exception culturelle française _ assez mal en point sous les coups de boutoir des auto-prétendus « réalistes » « aux manettes«  en France comme à l’Union Européenne (et ailleurs aussi…)… _, sans voir aussi dans cette nouvelle donne _ offerte et imposée par les applications avancées de ces applications inventives et pragmatiques, elles-mêmes, du numérique _ un formidable élan vers des formes d’expression, de création et de partage inédites _ en effet ! à commencer par un blog tel que celui-ci !..

Nouvelle donne

Il n’y a là nul angélisme : le numérique interpelle _ dynamiquement ! _ la chaîne du livre et ses acteurs traditionnels _ et met au défi les ressources du « génie » (= l’ingéniosité ; appuyée sur l’ingénierie…) pour y « répondre » efficacement : autrement que par quelque « ligne Maginot » (en 39-40 ; lire ici Marc Bloc : « L’Etrange défaite«  : admirable analyse de la défaite…), si l’on s’appuie déjà sur la métaphore (militaire) du titre de l’article, mise en avant par Bruno Racine en son titre ici… La législation sur la propriété littéraire et le système de rémunération des auteurs ne pourront rester immuables _ sans doute. La question du prix du livre numérique, les modalités de réutilisation et de partage des fichiers, leur protection et leur sauvegarde, ou encore l’interopérabilité de leurs formats constituent autant d’enjeux majeurs _ certes ! _ qui doivent faire l’objet d’une concertation _ dont l’ordre est à préciser ! _ avec les pouvoirs publics _ à quel échelon ? que sont-ils ? que valent-ils (en terme de « démocratie« , veux-je dire…) ? _ et ne peuvent _ en droit ? selon quels fondements ? une question aussi « à creuser » d’urgence ! au secours Antoine Garapon ! et Mireille Delmas-Marty ! _ faire les frais _ certes ! _ de règles imposées _ sans répliques… _ par les seuls opérateurs privés _ qui ont aussi le bras assez long politiquement (cf les lobbies de Bruxelles, aussi ; et d’ailleurs…). La nouvelle donne numérique _ s’installant ainsi très vite _ implique de redéfinir _ et très urgemment _ les liens qui unissent ces acteurs _ certes ! « embarqués« , volens nolens, sur un même bateau… La Bibliothèque nationale de France (BNF) s’y est attelée depuis plusieurs années _ dont acte, Monsieur le Président…

Le signalement d’ouvrages de l’édition contemporaine dans « Gallica« , qui met en place une offre légale et payante de contenus sous droits, participe d’une volonté d’établir de nouveaux modèles économiques _ oui _ et de contribuer à fédérer _ certes : un concept utile… (en phase de faiblesse…) _ la chaîne du livre français. Les discussions menées _ maintenant _ par la BNF avec des partenaires privés s’inscrivent dans le dialogue nécessaire _ vitalement ! _ avec les nouveaux acteurs du numérique _ partenaires de « négociations«  devenus (bien) « obligés«  _ et ne constituent en aucun cas un renoncement _ nous notons bien le distinguo… _ à ses missions de service public _ officielles ; statutaires _ qui consistent notamment à diffuser ses fonds patrimoniaux _ un bien public fondamental, en effet.

Qu’ils s’appellent Google ou Amazon, les géants du numérique ont su _ de fait ! _ séduire l’internaute _ sur un marché d’offre « libre«  Ils font peur parce qu’ils sont dotés de moyens financiers sans commune mesure _ sur le marché de fait (voire la « guerre« ) de la concurrence _ avec les nôtres, et parce que leurs desseins, en profondeur _ voilà le principal : les finalités sous-jacentes ; et le plus souvent masquées : hors d’atteinte des décisions (et d’abord débats) politiques authentiquement (ou même pas, d’ailleurs !) « démocratiques«  !!! _, diffèrent de nos attentes. Alors, menace, concurrence ou complémentarité ? Tout dépendra du rapport de forces _ voilà ! et celui-ci dépend de ce que font (et avec quel succès) ou ne font pas (ou font mal) les divers « acteurs » de ce jeu (qui s’impose à eux) en situation (au départ du moins) défensive ; réagissant (avec un petit temps de retard) aux offensives d’autres, plus entreprenants et avec de remarquables succès… Ce qui est certain, c’est que l’on ne répondra pas à ce défi _ en effet _ en édifiant d’improbables « lignes Maginot« , comme l’a dit le ministre de la culture, Frédéric Mitterrand _ le ministre de tutelle de Bruno Racine ; et dont l’oncle avait pu lire le « Vers l’armée de métier » d’un certain Charles de Gaulle, publié en 1934...

En France et en Europe, les libraires, les éditeurs, les bibliothèques sont loin d’être démunis _ certes _ : leur histoire, leur savoir-faire, leurs fonds sont des atouts de poids, mais ces atouts risquent d’être très amoindris _ voilà une donnée conjoncturelle, ou circonstancielle, si l’on veut, importante en une « guerre de mouvements » comme celle qui fait l’objet de l’article (et des soins, sur le terrain, plus encore !) de Bruno Racine… _ si chacun agit en ordre dispersé. La lame de fond numérique n’a pas encore _ voilà _ déferlé sur la chaîne du livre _ dont les maillons ont une « solidarité » factuelle ! _, mais tous les signes précurseurs sont là _ avec la conséquence que « à bon(s) entendeur (s), salut !«  Si, grâce à l’engagement de l’Etat et de l’Union européenne, les différents acteurs savent s’unir _ est-ce donc un « savoir » difficile ? y aurait-il, aussi, « des loups » déjà « dans la bergerie«  ?.. _ sur des positions communes _ et lesquelles ?.. _, il sera possible de faire prévaloir _ voilà ! _ la diversité des contenus _ une donnée factuelle, sinon « de droit« , importante jusqu’ici des cultures européennes _ et le rayonnement de notre culture » _ menaçant, lui, d’être de plus en plus « éteint«  ; toutefois, on peut aussi s’inquiéter du précédent de ce que déjà la France ou l’Europe n’a (ou n’ont) pas su faire dans l’immédiat après-guerre sur le front de l’industrie cinématographique (face à  l’entreprise « Hollywood« ) ; je me souviens bien d’avoir entendu, il y a quelques années à Mérignac, au « Pin Galant« , une intervention particulièrement judicieuse sur ce fait historique-là de Catherine Lalumière, lors d’une « rencontre« , autour de l’« Europe de la culture« , organisée par Sylviane Sambor (et le « Carrefour des Littératures« ) ; étaient présents aussi, je me souviens, José Saramago et Eduardo Lourenço…

Titus Curiosus, ce 31 octobre 2009

Post-scriptum :

A cet article (d' »alerte«  :

en faveur d’une action véritablement « commune » des acteurs concernés)

de Bruno Racine,

je joins ici l’article de Roger Chartier cité plus haut,

« L’avenir numérique du livre«  _ toujours avec mes farcissures ;

ou sans : « L’avenir numérique du livre« , au choix…) _ :

« Googlez « google » sur Google Recherche dans www.google.fr : l’écran indique la présence du mot et de la chose dans « environ 2 090 000 000 » documents. Si vous n’êtes pas inquiet du sacrilège, renouvelez l’opération en googlant « dieu » : « environ 33 000 000 » de documents vous seront alors proposés.

La comparaison suffit pour comprendre pourquoi, ces derniers mois ou ces dernières semaines, tous les débats à propos de la constitution de collections numériques ont été hantés _ voilà ! _ par les incessantes initiatives _ de légitimité à examiner _ de l’entreprise californienne. La plus récente, annoncée il y a quelques jours à la Foire du livre de Francfort, est le lancement de la librairie numérique payante Google Edition, qui exploitera commercialement une partie des ressources accumulées dans Google Books.

L’obsession « googlienne« , aussi légitime soit-elle, a pu faire oublier certaines des questions fondamentales _ ce sont celles-là que Roger Chartier commence dans cet article-ci à inventorier _ que pose la conversion numérique _ cf « La Grande conversion numérique«  de Milad Doueihi, aux Éditions du Seuil _ de textes existant dans une autre matérialité, imprimée ou manuscrite. Cette opération _ de numérisation _ est au fondement même de la constitution de collections numériques permettant l’accès à distance des fonds conservés dans les bibliothèques.

Bien fou serait celui qui jugerait inutile ou dangereuse cette extraordinaire possibilité offerte à l’humanité. « Quand on proclama que la bibliothèque comprenait tous les livres, la première réaction fut un bonheur extravagant », écrit Jorge Luis Borges _ in « La Bibliothèque de Babel« , dans le (grand !) recueil « Fictions«  _ ; et c’est une même immédiate félicité que produit la nouvelle Babel numérique. Tous les livres pour chaque lecteur, où qu’il soit : le rêve est magnifique, promettant un accès universel aux savoirs et à la beauté _ wow !

Il ne doit _ cependant _ pas faire perdre raison. Le transfert du patrimoine écrit d’une matérialité à une autre n’est _ certes _ pas _ en effet _  sans précédents _ historiques. Au XVe siècle, la nouvelle technique de reproduction des textes _ par l’imprimerie _ se mit massivement au service _ forcément ! _ des genres qui dominaient _ déjà _ la culture du manuscrit : manuels de la scolastique, livres liturgiques, compilations encyclopédiques, calendriers et prophéties.

Dans les premiers siècles de notre ère, l’invention du livre qui est encore le nôtre, le codex, avec ses feuillets, ses pages et ses index _ un tournant décisif _, accueillit dans un nouvel objet les écritures chrétiennes et les œuvres des auteurs grecs et latins. L’histoire n’enseigne _ cf déjà Hegel… _ aucune leçon, malgré le lieu commun, mais, dans ces deux cas, elle montre un fait essentiel pour comprendre le présent, à savoir qu’un « même » texte n’est plus le même _ voilà !!! _ lorsque change le support de son inscription ; donc, également, les manières de le lire et le sens que lui attribuent ses nouveaux lecteurs _ soient ses « réceptions » actives ; soit toute une « constellation«  vibrionnante cruciale (= « contextuelle«  mouvante…) tout « autour«  de ce « texte« 

Les bibliothèques _ professionnellement, en quelque sorte… _ le savent, même si certaines d’entre elles ont pu avoir, ou ont encore, la tentation de reléguer loin des lecteurs, voire de détruire, les objets imprimés dont la conservation semblait assurée par le transfert sur un autre support : le microfilm et la microfiche d’abord, le fichier numérique aujourd’hui. Contre cette mauvaise politique, il faut rappeler que protéger, cataloguer et rendre accessible (et pas seulement pour les experts en bibliographie matérielle) les textes dans les formes successives ou concurrentes qui furent celles où les ont lus leurs lecteurs du passé, et d’un passé même récent, demeure une tâche fondamentale _ une mission de « droit«  universelle… _ des bibliothèques _ et la justification première _ voilà ! _ de leur existence comme institution et lieu de lecture _ publics ! et « universels«  (« de droit«  !)…

A supposer que les problèmes techniques et financiers de la numérisation aient été résolus ; et que tout le patrimoine écrit puisse être _ très effectivement _ converti sous une forme numérique, la conservation et la communication de ses supports antérieurs n’en seraient pas moins _ elles aussi _ nécessaires _ « de droit«  ! donc… Sinon, le « bonheur extravagant » promis _ aux « lecteurs » les plus curieux et boulimiques, du moins ; tels un Borges ; ou un Bioy… _ par cette bibliothèque d’Alexandrie enfin réalisée se paierait au prix fort de l’amnésie _ on ne peut plus effective : dans les têtes de millions de personnes !.. pas aussi curieuses, ni boulimiques qu’un Borges… _ des passés qui font que les sociétés sont ce qu’elles sont.

Et ce d’autant plus que la numérisation des objets de la culture écrite qui est encore la nôtre (le livre, la revue, le journal) leur impose une mutation bien plus forte _ aujourd’hui _ que celle impliquée _ jadis _ par la migration des textes du rouleau au codex. L’essentiel _ nous y voici !!! _ ici me paraît être la profonde transformation de la relation _ à effectuer ! par le « lecteur«  effectif… _ entre le fragment et la totalité _ cette dernière se trouvant alors « oubliée« , effacée des esprits ainsi « oublieux« 

Au moins jusqu’à aujourd’hui, dans le monde électronique, c’est la même surface illuminée de l’écran de l’ordinateur qui donne à lire les textes, tous les textes _ identiquement, ainsi… _, quels que soient leur genre ou leur fonction _ sans nul « relief« , ni « hiérarchie«  Est ainsi rompue la relation _ effective… _ qui, dans toutes les cultures écrites antérieures, liait étroitement des objets, des genres et des usages _ avec reliefs et hiérarchies, précisément ; rappelés par la matérialité même des « supports » et des « cadres » (de l’opération de « lecture« ) forcément sensiblement perçus… C’est cette relation qui organise les différences immédiatement perçues _ voilà ! par des personnes qui en soient (vraiment !) ; soient des « lecteurs« , et pas de simples « déchiffreurs » (d’« informations« ) _ entre les différents types de publications imprimées _ proposées ! _ et les attentes _ esquissées, avancées, construites _ de leurs lecteurs _ actifs _, guidés dans l’ordre ou le désordre des discours par la matérialité même _ voilà ! _ des objets qui les portent _ matériellement _ cf dans cet « ordre de choses« , la difficilement résistible expansion actuelle des feuilles de journaux « gratuits« 

Et c’est cette même relation qui rend visible _ au « lecteur«  un peu plus que « déchiffreur«  _ la cohérence _ et « consistance«  aussi … _ des œuvres _ au-delà de la « page«  lue _, imposant la perception _ par le « lecteur«  _ de l’entité textuelle _ intégrale _, même à celui qui n’en veut lire que quelques pages. Dans le monde de la textualité numérique, les discours ne sont plus inscrits dans des objets _ matériels spécifiques : le livre, la revue, le journal, etc… _, qui permettent de les classer, hiérarchiser _ voilà _ et reconnaître dans leur identité propre _ voire singulière. C’est un monde de fragments décontextualisés, juxtaposés _ épars, quasi brisés (schizophréniquement…)… _, indéfiniment recomposables _ en d’infinies alternatives (kaléidoscopiques !) dénuées le plus souvent de tout « relief« _, sans que soit nécessaire ou désirée _ ni même seulement envisagée !.. par qui « déchiffre«  à la va-vite… _ la compréhension de la relation qui les inscrit _ voilà ; et les « relie » avec une certaine « consistance » ainsi... _ dans l’œuvre dont ils ont été extraits _ ou « coupés«  (« schizés« …) : la signification même de la réalité (et « consistance« , donc) d’une « œuvre » pouvant aller, même, jusqu’à être « perdue de vue« , « noyée« 

On objectera qu’il en a toujours été ainsi dans la culture écrite, largement et durablement construite _ in concreto _ à partir de « recueils » d’extraits, d' »anthologies » de lieux communs (au sens noble de la Renaissance), de « morceaux choisis« . Certes. Mais, dans la culture de l’imprimé, le démembrement _ voilà ! la « mise en pièces«  par charcutage… _ des écrits est accompagné de son contraire _ tout aussi effectif _ : leur circulation _ physique _ dans des formes qui respectent leur intégrité et qui, parfois, les rassemblent _ toujours physiquement ; pour commencer, du moins… _ dans des « œuvres« , complètes ou non. De plus, dans le livre lui-même, les fragments sont nécessairement, matériellement, rapportés à une totalité textuelle, reconnaissable _ matériellement, donc _ comme telle..

Plusieurs conséquences découlent de ces différences fondamentales _ entre le jadis (le codex, puis le livre imprimé) et le maintenant « numérique«  L’idée même de « revue » devient incertaine, lorsque la consultation des articles n’est plus liée à la perception immédiate d’une logique éditoriale _ entreprise par un éditeur ou une équipe éditoriale : « responsable« … _ rendue visible _ in concreto _ par la composition de chaque numéro ; mais est organisée à partir d’un ordre _ seulement _ thématique _ inerte _ de rubriques. Et il est sûr que les nouvelles manières de lire _ le plus souvent proches du déchiffrage minimal… _, discontinues et segmentées _ kaléidoscopiques _, mettent à mal les catégories qui régissaient le rapport _ activement pensé, lui… _ aux textes et aux œuvres, désignées, pensées _ voilà ! _ et appropriées dans leur singularité et cohérence _ et mises en relation à des « auteurs« , responsables de leur signature, en bout de « ligne«  de ces diverses opérations et « acteurs« 

Ce sont justement ces propriétés fondamentales de la textualité numérique et de la lecture face à l’écran _ tels étant les facteurs à prendre ici en compte _ que le projet commercial de Google entend exploiter _ à divers égards. Son marché _ c’est là sa logique dominante ! _ est celui de l’information _ ponctuelle (et rapide : « Time is money«  ; comme « Money is time« ) ; pas celui de la pensée, de la méditation, de la réflexion, de la culture critique « filée« Les livres, tout comme d’autres ressources numérisables, constituent un immense gisement _ quasi immédiatement disponible _ où elle _ cette « information« , donc _ peut être puisée _ et livrée telle quelle, plus ou moins (et plutôt plus que moins…) brute… Comme l’a écrit Sergey Brin, l’un des cofondateurs de l’entreprise _ Google _ : « Il y a _ en soi, déjà là… _ une fantastique quantité _ juteusement intéressante ! _ d’informations dans les livres. Souvent, quand je fais une recherche _ au moins thématiquement « active » !.. _, ce qui se trouve _ déjà ; « placé«  là (pas n’importe comment !) par un « auteur«  : en effet !.. _ dans un livre est cent fois au-dessus de ce que je peux trouver sur un site électronique » _ faute de « vrais » « auteurs » ; de « vraies » « personnes« , commenterais-je…

De là, la perception immédiate et naïve de tout livre, de tout discours comme une banque de données _ la métaphore est déjà parlante… _ fournissant les « informations » à ceux qui les cherchent. Satisfaire cette demande et en tirer profit, tel est le premier but _ pragmatique à très court terme (faute de « patience«  sollicitée…) ; et très juteux : pour l’entreprise au premier chef ! _ de l’entreprise californienne ; et non pas construire une bibliothèque universelle _ à la Borges de la nouvelle de « Fictions«  _ à la disposition de l’humanité.

Google ne semble d’ailleurs pas très bien _ technologiquement _ équipé pour le faire, à en juger par les multiples erreurs de datation, de classification et d’identification produites par l’extraction automatique _ certes : algorithmique… _ des données et relevées avec ironie par Geoffrey Nunberg _ dans son article « Google’s Book Search: A Disaster for Scholars«  _ dans The Chronicle of Higher Education du mois d’août _ le 31 août précisément. Pour le marché de l’information, ces bévues sont secondaires _ statistiquement négligeables eu égard à la somme (= foultitude !) des « services rendus«  informationnels… Ce qui importe, c’est l’indexation et la hiérarchisation des données et les mots-clés et rubriques qui permettent d’aller au plus vite _ le temps et l’argent pressent !.. _ aux documents les plus « performants » _ « thématiquement » (et non « problématiquenent« , pour reprendre un distinguo très utile d’Élie During _ cf mon article du 17 avril 2009 : « élégance et probité d’Elie During…« … ;

voici la citation : « La pensée a une forme, mais elle doit se comprendre dans toute son extension, de façon à y inclure formats et dispositifs, gestes et procédés _ disait Elie During _ : c’est là le facteur décisif ; ce qui distingue irrémédiablement une problématique (effective : dynamisante !) d’une thématique (inerte ; et par là stérilisante, plombante : aveugle et sans filiation en aval) ; problématique où se donne à ressentir (et retentir, pour commencer) la complexité en jeu des modalités actives de l’espace et du temps, tout d’abord » ; fin de la citation de cet article du 17 avril…),

selon la satisfaction « de fait«  (et non « de droit«  !..) des « usagers« 

Cette géniale découverte d’un nouveau marché _ fructueux pour l’entreprise initiatrice _, toujours en expansion, et les prouesses techniques qui donnent à Google un quasi-monopole sur la numérisation de masse ont assuré le grand succès et les copieux bénéfices _ voilà ! tel étant l’« étalon«  de mesure de la valeur (marchande) ! _ de cette logique commerciale. Elle suppose la conversion électronique de millions de livres, tenus comme une inépuisable mine d’informations  _ voilà…

Elle exige, en conséquence, des accords passés ou à venir avec les grandes bibliothèques du monde _ principaux « lieux«  (et aisément repérables !) de ce « gisement« _, mais aussi, comme on l’a vu, une numérisation d’envergure _ c’est la « somme » totale qui « compte«  ; on ne regarde pas tant au « détail« … ; le raisonnement, quantitatif, fonctionne sur de « grandes masses«  _, guère préoccupée par le respect _ et selon quelles normes de droit ? là où tout, « sans tabous« , « se négocie » et « se marchande«  _ du copyright ; et la constitution d’une gigantesque base de données, capable d’en absorber d’autres et d’archiver _ aussi : vive la capacité mémorielle simplement algorithmique !… _ les informations les plus personnelles sur les internautes _ = un gigantesque fichier (à exploiter, comme à vendre…) de clients potentiels !.. _ utilisant les multiples services proposés par Google.

Toutes les controverses actuelles _ qui agitent les divers « acteurs » de ce « jeu«  aux enjeux capitaux ! du devenir et du « livre«  et de la « lecture«  elle-même… _ dérivent de ce projet premier _ de Google. Ainsi, les procès faits par certains éditeurs (par exemple La Martinière) pour reproduction et diffusion illégales d’œuvres sous droits ; ou bien l’accord passé entre Google et l' »Association des éditeurs » et la « Société des auteurs » américains, qui prévoit le partage des droits demandés pour l’accès aux livres sous copyright (37 % pour Google, 63 % pour les ayants droit)… Ce « settlement » inquiète _ en effet _ le Department of Justice puisqu’il pourrait constituer une possible infraction à la loi antitrust ; et il reviendra le 9 novembre devant le juge new-yorkais chargé de le valide _ puis à la Cour suprême des Etats-Unis…

Ou encore, le lancement spectaculaire de Google Edition, qui est, en fait, une puissante librairie numérique _ « en ligne« _ destinée à concurrencer Amazon dans la vente _ on ne peut plus effective… _ des livres électroniques. Sa constitution a été rendue possible par la mainmise de Google _ déjà _ sur cinq millions de livres « orphelins« , toujours protégés par le copyright _ certes _, mais dont les éditeurs ou ayants droit ont disparu _ et ne se plaindront donc pas ! _, et par l’accord qui légalisera _ par transaction « amiable«  _, après coup, les numérisations pirates _ d’abord « illégales » ; mais plus ensuite de cela : merci les avocats et les juges…

Les représentants de la firme américaine courent _ donc _ le monde et les colloques pour proclamer _ urbi et orbi _ leurs bonnes intentions _ rhétoriques _ : démocratiser l’information ; rendre accessible les livres indisponibles ; rétribuer correctement auteurs et éditeurs ; favoriser une législation sur les livres « orphelins« . Et, bien sûr, assurer la conservation « pour toujours » d’ouvrages menacés par les désastres qui frappent les bibliothèques _ comme le rappelle _ si opportunément : à la bonne heure !.. _ Sergey Brin dans un article _ « A Library to Last Forever«  _ récent _ le 8 octobre _ du New York Times, où il justifie l’accord soumis au juge par les incendies qui détruisirent la bibliothèque d’Alexandrie ; et, en 1851, la bibliothèque du Congrès _ de Washington : « pour durer éternellement«  ; enfin !.. ô la merveilleuse « assurance«  (contre la mort même)…

Cette rhétorique _ juridique, commerciale et idéologique : oui ! relire ici la force de la mise en garde de Socrate in le plus que jamais pertinent (et urgent) « Gorgias«  de Platon… _ du « service du public » et de la « démocratisation universelle » ne suffit _ hélas _ pas pour lever les préoccupations _ de droit, surtout _ nées des entreprises de Google. Dans un article _ « Google & the Future of Books«  _ du New York Review of Books du 12 février et dans un livre très bientôt publié « The Case for Books : Past, Present and Future » (Public Affairs), Robert Darnton convoque les idéaux des Lumières pour _ nous _ mettre _ tous _ en garde contre _ l’impérialisme de _ la logique du profit _ non désintéressé _ qui gouverne les entreprises googliennes. Certes, jusqu’ici une claire distinction est établie entre les ouvrages tombés dans le domaine public, qui sont accessibles gratuitement sur Google Books, et les livres sous droits, orphelins ou non, dont l’accès et maintenant l’achat sur Google Edition sont payants.

Mais rien n’assure que dans le futur l’entreprise, en situation de monopole _ avec ce qui en découle pragmatiquement… _, n’imposera pas _ de fait, et selon ce que devient, de par le monde (et les États…), la « Justice«  _ des droits d’accès ou des prix de souscription considérables _ en l’absence de concurrence effective alors… _ en dépit de l’idéologie _ doucereuse, sirénique… _ du bien public et de la gratuité qu’elle affiche _ généreusement _ actuellement. D’ores et déjà, un lien existe _ bien _ entre les annonces publicitaires, qui assurent les profits considérables _ voilà ! _ de Google, et la hiérarchisation _ essentiellement comptable… _ des « informations » qui résulte de chaque recherche _ d’« utilisateurs » internautes… _ sur Google Search _ certes : beaucoup le « savent«  déjà ; mais pas tous ; pardon pour l’euphémisme !..

C’est dans ce contexte _ historique : de court comme de long (et très long) terme : brûlamment « actuel«  donc !.. _ qu’il faut situer les débats suscités par la décision _ d’ores et déjà advenue _ de certaines bibliothèques de confier la numérisation de tout ou partie de leurs collections à Google, dans le cadre d’une convention ; ou, plus rarement, d’un appel d’offres _ concurrentiel, lui… Dans le cas français, de tels accords et les discussions ouvertes pour en signer d’autres ne concernent jusqu’à maintenant que les livres du domaine public _ ce qui, on l’a vu, ne protège pas les autres, scannés dans les bibliothèques américaines. Faut-il poursuivre dans cette voie ?

La tentation _ pragmatico-économique _ est forte dans la mesure où les budgets réguliers _ fort minces ; et le plus souvent en fortes baisses !.. _ ne permettent pas de numériser _ in concreto_ beaucoup et vite. Pour accélérer la mise en ligne, la Commission européenne, les pouvoirs publics et certaines bibliothèques ont donc pensé _ jugé… _ qu’étaient nécessaires _ plus qu’utiles : judicieux, financièrement d’abord… (et par là « légitimes«  !.. dans « le monde tel qu’il va«  désormais ; « réalistement« , donc !.. au moins eu égard à la pression des « comptables«  !..) _ des accords avec des partenaires privés et, bien évidemment, avec le seul qui _ de fait _ a _ présentement _ la maîtrise technique (d’ailleurs gardée secrète _ forcément !..) autorisant des numérisations massives _ inutile de le nommer… Au nom du « réalisme«  pragmatique le mieux entendu…

De là, les négociations, d’ailleurs prudentes et limitées, engagées entre la Bibliothèque nationale de France (BNF) et Google. De là les désaccords _ se faisant jour, de-ci, de-là… _ sur l’opportunité _ ou « légitimité » ?.. selon quels « fondements » ?.. _ d’une telle démarche, tant en France qu’en Suisse, où le contrat signé entre la Bibliothèque cantonale et universitaire de Lausanne et Google a entraîné une sérieuse discussion (_ « Google dévore les livres« _ Le Temps du 19 septembre).

A constater la radicale différence qui sépare les raisons, les modalités et les utilisations des numérisations des mêmes fonds lorsqu’elle est portée par les bibliothèques publiques et _ c’est là l’autre terme de l’alternative ! _ par l’entreprise californienne, cette prudence est plus que justifiée ; et pourrait, ou devrait, conduire _ par prudence quant à la détermination de qui dispose du « final cut » !.. ; et de qui s’en dessaisit… _ à ne pas céder à la tentation. L’appropriation privée _ voilà ! _ d’un patrimoine public, mis à disposition d’une entreprise commerciale, peut apparaître comme choquante _ bel euphémisme…

Mais, de plus, dans de nombreux cas, l’utilisation par les bibliothèques de leurs propres collections numérisées par Google (et même s’il s’agit d’ouvrages du domaine public) est _ d’ores et déjà _ soumise à des conditions _ acceptées par contrat signé par elles : un « passage«  par quelques « fourches caudines » ?.. _ tout à fait inacceptables, telles que l’interdiction d’exploiter les fichiers _ ainsi _ numérisés _ « de leurs propres collections« , donc !.. _ durant plusieurs décennies ; ou celle de les fusionner avec ceux d’autres bibliothèques. Tout aussi inacceptable _ eu égard au droit public des démocraties : dont le « souverain » demeure (en théorie) « le peuple« _ est un autre secret : celui qui porte sur les clauses _ notamment financières ; mais pas seulement, loin de là… _ des contrats signés avec chaque bibliothèque.

Les justes réticences _ avance donc Roger Chartier, s’en faisant ici le rapporteur… _ face à un partenariat _ cf Jean de La Fontaine : « Le Pot de terre et le Pot de fer« , « Fables« , V, 2… ; et « Les Animaux malades de la peste« , VII, 1 ; voire « Le Chat, la belette et le petit lapin« , VII, 16 _ aussi risqué _ telle la signature d’un chèque en blanc ?.. _ ont plusieurs conséquences _ quant à des mesures de garanties préventives à prendre impérativement et d’urgence ! D’abord, exiger _ pour les éventuels contrats à passer : mais comment l’obtenir concrètement, au-delà de (vagues, si elles sont seulement énoncées…) « promesses«  qui ne seront guère (ou pas du tout !) tenues… ; on ne peut plus cyniquement… _ que les financements publics des programmes de numérisation soient _ de la part des gouvernements des États ! _ à la hauteur des engagements, des besoins et des attentes _ des usagers les mieux exigeants _ ; et que les États _ que deviennent-ils donc, eux-mêmes, au fait (!), par les temps qui courent ?.. _ ne se défaussent pas sur des opérateurs privés _ comme cela se pratique pourtant de plus en plus ; et s’affiche même comme « ligne politique«  « saine«  !.. _ des investissements culturels à long terme qui leur incombent _ l’acceptent-ils donc ? ces États ?.. et devant les « peuples » ? dont ils ne sont, in fine, que les « représentants«  (strictement contractuels, « mandatés«  ; et pour une période strictement limitée) ?..

Ensuite, décider des priorités _ sans abandonner un tel pouvoir de décision (du choix de ces « priorités« …) à d’autres ; et contrôler ce qu’il en advient… _, sans nécessairement penser que tout « document » a _ en soi _ vocation à devenir numérique ; puis, à la différence du « gisement d’informations » googlien, construire _ d’intelligence « la meilleure » (en consultant « vraiment » des « autorités » « culturelles » incontestables compte tenu des formidablement majeurs ! enjeux « civilisationnels«  !) ; pas seulement l’intelligence performante technologiquement ; ou rien que rentable financièrement… : il s’agit là rien moins que de la responsabilité des « valeurs«  de référence de notre « monde commun«  à bâtir (cf Cornélius Castoriadis : « L’Institution imaginaire de la société » ; ou Bernard Stiegler : passim : par exemple « Mécréance et discrédit«  _ des collections numériques cohérentes, respectueuses des critères d’identification et d’assignation des discours qui ont organisé et organisent encore la culture écrite et la production imprimée _ un point capital !

L’obsession, peut-être excessive et indiscriminée, pour la numérisation ne doit pas _ non plus _ masquer un autre aspect de la « grande conversion numérique », pour reprendre l’expression du philosophe Milad Doueihi _ cf « La Grande conversion numérique« , aux Éditions du Seuil _, qui est sans doute, avec Antonio Rodriguez de las Heras _ l’auteur du livre électronique « Los estilitas de la sociedad tecnológica« , notamment… _, l’un de ceux qui insistent sur la capacité de la nouvelle technique à porter des formes d’écriture originales _ vraiment ! _, libérées des contraintes imposées, à la fois, par la morphologie du codex et le régime juridique du copyright _ c’est un facteur intéressant… Cette écriture palimpseste et polyphonique, ouverte et malléable, infinie et mouvante _ ce peut-être une richesse de vraie « création«  de la part du « génie » humain, en effet ; et de ses capacités formidables de « progrès«  (authentique !)… _, bouscule les catégories qui, depuis le XVIIIe siècle, sont le fondement de la propriété littéraire.

Ces nouvelles productions écrites, d’emblée numériques _ tels les blogs… _, posent dès maintenant la difficile question _ concrète et hypertechnologique _ de leur archivage et de leur conservation. Il faut y être attentif _ aussi ! _ ; même si l’urgence aujourd’hui _ et la priorité, selon Roger Chartier _ est de décider comment et par qui doit être faite _ et surveillée (contre des « abus«  de droit humain authentique) : l’enjeu (de « pouvoir« ) est, et au plus beau sens du terme, « politique«  !!!.. il concerne la Cité (mondiale, désormais…) d’un monde « commun«  et vraiment « humainement«  « partagé«  _ la numérisation du patrimoine écrit ; en sachant que la « république numérique du savoir » _ son concept est utile autant que beau ! _, pour laquelle plaide avec tant d’éloquence l’historien américain Robert Darnton _ de lui, par exemple : « Édition et sédition : l’univers de la littérature clandestine au XVIIIème siècle« , aux Éditions Gallimard… _, ne se confond _ décidément _  pas _ tristement réductivement… _ avec ce grand marché de l’information auquel Google et d’autres proposent leurs produits ».

Roger Chartier est professeur au Collège de France.

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