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A propos du parfait CD « Haydn – Schubert » de Boris Berman, au Palais des Dégustateurs

04nov

En attendant de rédiger enfin  mes impressions personnelles à l’écoute du merveilleux CD « Haydn – Schubert » que vient de publier le décidément parfait label discographique Le Palais des Dégustateurs, d’Eric Rouyer  _ soit le CD PDD 025 _,

voici mon courriel de ce matin à Éric Rouyer :

Cher Éric Rouyer,

voici que je découvre à l’instant la chronique de ce jour de Jean-Charles Hoffelé, sur son site Discophilia ; intitulée « Vienne« ,
elle est consacrée au CD « Haydn-Schubert » de Boris Berman…
Encore pris dans de la musique vocale et de la musique baroque,
je ne me suis pas encore mis à mon article sur ce magnifique CD…
Mais cela va venir, je vais m’y reconcentrer
avec toute l’attention que mérite cette merveilleuse réalisation !…
En attendant,
voici cet article de Jean-Charles Hoffelé, qui assurément a l’oreille et le goût très fins…
Francis, à Bordeaux

VIENNE

Qu’on n’attende pas de Boris Berman qu’il se soucie, abordant deux des sonates _ les sonates n° 61 et 62, de Londres, en 1794 ; répertoriées Hob. XVI: 51 et Hob. XVI: 52 _de la maturité de Haydn _ 1732 – 1809 _, d’y évoquer le pianoforte _ en effet… Non, il les place dans le vaste mouvement du piano viennois _ qui englobe bien des compositeurs, avant et après Joseph Haydn… _ et rapproche explicitement leurs inventions, leurs caractères mélodiques, leurs rythmes singuliers non pas de Beethoven _ en effet… _, mais de Schubert1797 – 1828 _, les mariant à la grande tardive Sonate en la majeur.

Le pari est _ du moins a priori… _ osé, de confronter ainsi deux univers aussi opposés _ a priori… _, mais contre toute attente il est réussi _ absolument ! Lorsque Boris Berman entre avec une certaine retenue dans l’Allegro ténébreux qui ouvre la Sonate de Schubert, le souvenir des traits de caractère(s) si saillant des deux opus de Haydn ne s’est pas effacé, mystères d’un certain esprit qui perdurerait _ voilà ; et bien difficile à déterminer précisément… _ à travers les générations.

Et comme elle est belle _ oui _ sa Sonate en la, ombreuse, intense, il prend son temps au long d’un Allegro dont chaque paysage est ausculté sans pourtant que la ligne ne se perde. Le toucher est magique _ oui _ lorsqu’il va à l’aigu, l’intériorisation du propos le rapproche de Radu Lupu _ oui ! _ plutôt que de Sviatoslav Richter, et il faut entendre la tempête de l’Andantino, visionnaire. Scherzo fusant, en doigts légers – j’entends son plaisir à caracoler sur le clavier !, et quelle tendresse dans le lied qui ouvre le Finale déroulé comme en rêve.

Ah, voilà un schubertien _ oui ! _, qu’il poursuive _ nous sommes impatients d’en découvrir des suites… _ son voyage ici !..

LE DISQUE DU JOUR

Franz Joseph Haydn (1732-1809)


Sonate pour piano n° 62 en mi bémol majeur, Hob. XVI:52
Sonate pour piano n° 61 en ré majeur, Hob. XVI:51


Franz Schubert (1797-1828)


Sonate pour piano No. 20 en la majeur, D. 959

Boris Berman, piano

Un album du label Le Palais des Dégustateurs PDD025

Photo à la une : le pianiste Boris Berman – Photo : © Bob Handelman

Les réalisations d’Éric Rouyer sont décidément parfaites.

Et Boris Berman est un extraordinaire magicien…

Vive la probité de la sensibilité !!!


Ce jeudi 4 novembre 2021, Titus Curiosus – Francis Lippa

Sur les « Sept dernières paroles du Christ en Croix », un dialogue entre Riccardo Muti et Massimo Cacciari

02oct

Ce matin du vendredi 2 octobre,

je découvre, dans Il Corriere della Sera d’hier, un article d’Aldo Cazzullo intitulé 

« Riccardo Muti e Massimo Cacciari : Ascoltare l’umanita di Gesu« .

Riccardo Muti e Massimo Cacciari Ascoltare l’umanità di Gesù

Il direttore d’orchestra e il filosofo discutono a partire dalle opere di Masaccio e di Franz Joseph Haydn in «Le sette parole di Cristo» (il Mulino) in uscita il 3 ottobre

di ALDO CAZZULLO
Riccardo Muti e Massimo Cacciari Ascoltare l'umanità di Gesù
Masaccio, «Crocifissione» (1426), Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

«Molti direttori d’orchestra non conoscono il latino, non l’hanno studiato — parlo dei direttori d’orchestra che eseguono il Requiem di Verdi : la prima parole che il coro pronuncia è “Requiem”. I direttori leggono l’indicazione dinamica scritta in partitura : “pianissimo”, “sottovoce”, e si soffermano sulla parola “Requiem”. Ma la frase intera è “Requiem aeternam dona eis Domine”. “Requiem” è accusativo ed è retto dal verbo “dona” che è il motore della frase, quindi deve essere sì eseguito pianissimo, ma esprimendo un senso di disperata richiesta. Non è una frase passiva, espressione di una situazione di quiete. Talvolta viene eseguito senza vita, soffermandosi solo sulla prima parola, mentre invece occorre porre l’attenzione sul verbo. Pensiamo a un errore analogo nella Traviata di Verdi, quando il tenore intona la celebre aria Dei miei bollenti spiriti, dimenticando di accentuare il seguito…».

Ecco cosa succede a mettere insieme due teste come Riccardo Muti, il più importante direttore d’orchestra al mondo, e Massimo Cacciari, filosofo dal multiforme ingegno. Ne esce un libriccino intitolato Le sette parole di Cristo (133 pagine, che il Mulino sta per pubblicare) la cui lettura è un puro piacere intellettuale, che spazia tra musica, teologia, fede, pittura.

«Le sette parole di Cristo» esce il 3 ottobre dal Mulino (pagine 134, euro 12)

«Le sette parole di Cristo» esce il 3 ottobre dal Mulino (pagine 134, euro 12)

L’incipit viene appunto da un dipinto, che Muti e Cacciari ammirano insieme a Capodimonte : la Crocifissione di Masaccio, una delle opere che aprono la grande stagione rinascimentale. Il Cristo morente ha appena pronunciato la settima delle sue ultime frasi, affidando l’anima al Padre. Agli autori tornano in mente Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce, le sette sonate composte da Haydn probabilmente nel 1786 per la cerimonia del Venerdì Santo celebrata nella cattedrale di Cadice, che Muti diresse — e Cacciari ascoltò — al Festival di Ravenna. Sono quindi Masaccio e Haydn a ispirare il dialogo, che finisce per dare suono, voce, musica al dipinto e per dare forma, prospettiva e colore alla partitura.

Il filosofo ancora ricorda le parole con cui il direttore d’orchestra invitò il pubblico ravennate all’ascolto : «Vi ritroverete ciascuno con la propria vita, i propri dolori, le proprie paure, le proprie speranze, tutti uniti in Cristo; l’umanità di Cristo è l’umanità di voi che ascoltate».

Riccardo Muti

Riccardo Muti

«Pater, dimitte illis quia nesciunt quid faciunt» ; Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. La parola-chiave, fa notare Muti, è la prima, «pater», evocata dai violini, con un tono contemplativo e malinconico in cui Cacciari coglie, oltre alla richiesta di perdono, il disincanto sulla natura di «quelli», di noi esseri umani.

«Hodie mecum eris in paradiso», in verità ti dico : oggi sarai con me in paradiso. L’oggi, fa notare Cacciari, è l’oggi perfetto : un «Hodie» eterno, che indica quello che sta per accadere nel giro di poche ore e nello stesso tempo dà la misura dell’eternità. «E infatti — risponde Muti — le note sono : “do-mi-re-si-do”, Haydn parte dal do e torna al do, e poi “sol-do-si-la-sol”, si parte dal sol e torna al sol — quindi si formano come due cerchi», appunto il simbolo dell’infinito : «Idea consapevole oppure mistero del genio ?».

Massimo Cacciari

Massimo Cacciari

«Mulier, ecce filius tuus» ; Donna, ecco tuo figlio. Qui la parola-chiave è «ecce». La sonata ha inizio con due corni. Una scelta ardita, che gli autori leggono alla luce del grido muto del Cristo di Masaccio e del pianto non solo della Madonna e di San Giovanni ma anche e soprattutto della Maddalena, che nell’opera di Capodimonte rappresenta idealmente l’umanità.

«Deus meus, Deus meus, ut quid derelequisti me ?»; Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Per restituire la frase più drammatica, la musica deve esprimere un senso di trascinamento ; il suono a un tratto si ferma, «come fossero singhiozzi».


«Sitio», ho sete. Quasi un impulso per sopravvivere ; dopo aver pensato ai carnefici, al buon ladrone, alla madre, a Dio, Gesù si rende conto che sta morendo, e la sua natura umana lotta per resistere. «Qui comincia il tema sostenuto da una serie di pizzicati — annota Muti —, che sono come delle gocce d’acqua, gocce d’acqua e di sangue» ; che a Cacciari ricordano le «lacrime di sangue» del Rigoletto.

«Consummatum est»; tutto è compiuto. Una frase che gli autori leggono in parallelo a quella — «tempo più non v’è» — con cui il commendatore trascina via il don Giovanni di Mozart.

«In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum» ; Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito. E qui gli autori si inoltrano in una discussione (che coinvolgerà gli evangelisti, i Wiener Philharmoniker, il Duomo di Milano, una sinfonia di Bruckner, e poi Cherubini, Brahms, Beethoven, la decapitazione di Luigi XVI, il carnevale di Molfetta…); ma rivelarla è contraria allo spirito delle recensioni ; che non devono raccontare i libri, semmai indurre a leggerli (almeno i non molti che vale la pena di leggere ; tra i quali c’è sicuramente questo).

Il volume

Esce sabato 3 ottobre il volume Le sette parole di Cristo, un dialogo tra Riccardo Muti e Massimo Cacciari. Il libro, edito dal Mulino (pagine 133, euro 12) fa parte della collana Icone : gli autori discutono a partire dalla Crocifissione di Masaccio e dalle Sette ultime parole del nostro Redentore in croce, composizione di Franz Joseph Haydn

Voilà qui est intéressant.

Cf ce que je disais de cette œuvre éminemment singulière _ composée pour la Hermandad de la Santa Cueva de Cadix, en 1785 _ de Joseph Haydn

que sont ces sublimes « Sept dernières paroles de notre Sauveur sur la Croix« ,

en un article à propos des recueils de « dernières paroles« , le 12 novembre 2008 :

 

Dont voici, tel quel, l’extrait significatif :

« Les Sept dernières Paroles de Notre Sauveur sur la Croix » : l’œuvre musicale de Joseph Haydn pour à la chapelle de la Santa Cueva de Cadix

Les « dernières paroles » du Christ (en croix) _ j’y reviens _, telles, aussi, que Joseph Haydn les a mises en musique pour l’office (avec un rituel spécifique et original) du vendredi-saint de la « Hermandad de Santa Cueva » à Cadix, à la demande, en 1785, de José Saenz de Santa Maria, marquis de Valde-Inigo, et chanoine de cette église _ le marquis venait de perdre son père, à la mémoire duquel c’était là, aussi, pour lui, une façon de rendre hommage avec grandeur. L’œuvre de musique de Joseph Haydn _ en allemand « Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze » _, composée tout spécialement pour cette « Confrérie de la Sainte Grotte » à Cadix, en Andalousie, était à l’origine seulement instrumentale. L’évêque qui célébrait cet office consacré à la méditation du sacrifice rédempteur du Christ, prononçait en effet du haut de la chaire chacune des paroles du Sauveur sur la croix, assortie d’un commentaire, que venait ensuite prolonger une paraphrase musicale (développée à raison d’une dizaine de minutes pour chacune), afin de « soutenir » la « méditation » orante des fidèles sur ce legs, tout uniment divin et humain, du Rédempteur. En forme de rotonde, le temple tout tendu de noir de la crypte se voyait plongé _ la célébration commençait à la demi-journée _ dans le recueillement de l’obscurité _ celle-là même de la Crucifixion de Jésus, en dépit du plein-jour extérieur : rappelant le rituel de « Ténèbres », à matines, lui, où les treize cierges demeurés allumés sur l’autel étaient successivement éteints, jusqu’à ce que le dernier (représentant le Christ), soit _ sans être éteint, lui _ seulement ôté de la vue des fidèles, déposé derrière l’autel (pour réapparaître en gloire le dimanche de Pâques _ les autres cierges, représentant, eux, les apôtres) ; le jour venant lentement bientôt dissiper la ténèbre.

le rituel des « Sept dernières paroles du Christ » à la chapelle de Cadix

Les parois, les (rares) ouvertures et jusqu’aux colonnes de la chapelle de cette crypte, étaient en effet entièrement tendues de voile noir ; seul un lustre-chandelier, suspendu au centre de la rotonde (constituant la chapelle), proportionnait son éclairage tremblé, mouvant, à l’obscurité de la cérémonie rappelant le ciel d’encre (de tempête) de Jérusalem au moment de la mort de Jésus. A midi même, les portes du temple étaient ainsi fermées, et commençait la musique. Après ce prélude du concert d’instruments, l’évêque, monté solennellement en chaire, y proclamait la première des sept paroles, assortie d’un commentaire de sa signification pour la foi. Puis, redescendu de la chaire, le célébrant s’agenouillait devant l’autel. Et c’est à ce moment de recueillement de l’assemblée des fidèles, que la symphonie revenait prolonger et nimber de son halo harmonique (= par une sonate, paraphraser mélodiquement) la parole commentée. Et ainsi, pour chacune des sept paroles, l’évêque montant en chaire, en redescendant, et l’orchestre déployant à chaque reprise ses phrases musicales pour accompagner la méditation des mots du Christ. Joseph Haydn (1732 – 1809) appliqua pour sa composition ce schéma du rituel de la Confrérie ; et compléta les sept développements musicaux (sept fois adagio) par une introduction et un final, le terremoto ou tremblement de terre, afin de figurer celui qui marqua, zébrant des éclairs de la tempête éclatant alors, le passage à l’éternité du Christ. C’est sous cette forme instrumentale orchestrale (pour 2 flûtes traversières, 2 hautbois, 2 bassons, 4 cors, 2 trompettes, timbales, violons, altos, violoncelles et contrebasse) qu’ainsi l’œuvre fut donnée à la Santa Cueva de Cadix, le vendredi-saint 6 avril 1787, en début d’après-midi, donc. Avant de devenir bientôt aussi, suite à son retentissant succès par toute la catholicité, un oratorio ; les « Paroles du Christ » n’étant, cette fois, plus prononcées (non plus que commentées) par le célébrant, mais chantées par un chœur. En 1792, en effet, Joseph Friebert (1724 – 1799), chanoine et directeur musical de la cathédrale de Passau sur le Danube, en avait réalisé une version chantée pour chœur (sur un texte en allemand qu’il avait commandé au poète berlinois Karl Wilhelm Ramler _ 1725 – 1798 _ membre de l’Académie royale, ainsi que directeur du Théâtre royal de Prusse, à Berlin) ; laquelle version d’oratorio fut donnée à la cathédrale de Passau le vendredi-saint. En découvrant un peu plus tard cette « adaptation » (bavaroise) pour chœur de son œuvre orchestrale (gaditaine), Joseph Haydn se mit à remanier, avec l’amicale participation du baron Gottfried van Swieten (1733 – 1803), la partition chorale de Friebert, tout en conservant le texte de Ramler pour les paraphrases de commentaire des « sept Paroles » du Rédempteur. Cette nouvelle et dernière version des « Sept dernières Paroles de Notre Sauveur sur la croix« , sous forme d’oratorio, donc, fut publiée par Breitkopf & Hartel à Vienne, sous l’autorité du compositeur, en 1801.

Ce vendredi 2 octobre 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Musiques de joie : la joie vive et malicieuse de Joseph Haydn dans sa Symphonie « La Surprise », n° 94, par George Szell et le Cleveland Orchestra

21mai

Pour aborder la joie dans la musique symphonique

_ dont, les années passant, l’effectif instrumental prend de l’ampleur, sinon du poids _,


je choisis Joseph Haydn
(Rohrau am Leitha, 31 mars 1732 – Vienne, 31 mai 1809),
et sa Symphonie (londonienne) n° 94, en Sol Majeur, dite « La Surprise  »,
« avec le coup de timbale »
_ « à faire sursauter les dames » au cours de l’Andante du second mouvement _
créée à Londres le 23 mars 1792.
Pour sa belle vivacité et son humour malicieux.
Et dans l’interprétation parfaitement idoine du Cleveland Orchestra,
sous la direction épatante de George Szell.
In le double album CBS M2YK 45673 _ de ma discothèque.
Alors que la musique de concert, et tout spécialement celle du genre symphonique, va _ vite _ de plus en plus s’étoffer
et le plus souvent s’alourdir,
le génie malicieux de Joseph Haydn
ainsi que l’art souple et vif de la direction d’orchestre de George Szell,
nous offrent ici, en 1792, cette qualité-là de jubilation séduisante…
Ce lundi 18 mai 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Musiques de joie : les enivrantes Danses populaires roumaines de Béla Bartok, par Il Giardino Armonico et le chalumeau virtuose de Giovanni Antonini

21mai

J’aime tout particulièrement

l’interprétation tout à fait enivrante

des Danses populaires roumaines SZ.68, BB 76,
de Béla Bartok (1881 – 1945),
éclaboussant de sa merveilleuse jubilation
le CD n° 8 _ un peu orientalisant _ de la série Haydn 2032 intitulé « La Roxolana »
que le Giardino Armonico,
emmené par le chalumeau fantasque de Giovanni Antonini,
vient de consacrer à trois symphonies,
les n° 63, La Roxolana, n° 43, Mercure, et n° 28,
de Joseph Haydn
_ né lui-même à la frontière de la Cisleithanie et de la Transleithanie, en 1732 _ ;
avec, pour un autre très judicieux contrepoint, la Sonata Jucunda
anonyme _ mais possiblement de Paul Josef Vejvanovsky, entre 1677 et 1680 _
présente en une partition de la très riche bibliothèque de Kromeriz…
De quoi fêter, pour certains, par cette vertigineuse danse _ sur un volcan _
d’Europe orientale,
l’allègement du confinement…
Ce dimanche 10 mai 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

Musiques de joie : la plénitude accomplie de Joseph Haydn ; et le quatuor à cordes Op.77 n°2, par le Quatuor Mosaïques

08avr

En cousinage un peu lointain

_ mais pas tant que ça… ; même si les deux compositeurs ne se sont jamais rencontrés _

avec la si belle musique de chambre de Luigi Boccherini (Lucques, 19 février 1743 – Madrid, 28 mai 1805),

la musique de chambre radieusement accomplie

de Joseph Haydn (Rohrau/Leitha, 31 mars 1732 – Vienne, 31 mai 1809).

En un exemple parmi bien d’autres

parmi l’œuvre de Quatuor _ si riche et épanouie _ de Joseph Haydn,

 

j’opte pour le tout dernier Quatuor qui ait été laissé achevé par le compositeur,

en 1803,

soit le magnifique Quatuor op.77 n°2, en Fa Majeur ;

et dans l’interprétation _ sur instruments d’époque _ du Quatuor Mosaïques,

soient Eric Höbarth, et Andrea Bischof, violons,

Anita Mitterer, alto

et Christophe Coin, violoncelle

_ formation que j’ai eu le plaisir d’écouter sur le vif à plusieurs reprises,

en particulier au Grand-Théâtre de Bordeaux… _,

dans le CD Astrée-Auvidis E8799

paru le 2 juin 1989.


Une musique d’accomplissement.

D’une vie de musique.



Ce mercredi 8 avril 2020, Titus Curiosus – Francis Lippa

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