Posts Tagged ‘Edith Bruck

Edith Bruck : « Cara mamma, a 90 anni posso dire : ho dato un senso alla mia sopravvivenza »…

21jan

À propos de mon dossier « Edith Bruck« ,

cet article-ci dans le Corriere della Sera

de ce 21 janvier 2022 :

Edith Bruck: « Cara mamma, a 90 anni posso dire : ho dato un senso alla mia sopravvivenza »

di Alessia Rastelli

In occasione del Giorno della memoria, 7 ha intervistato la scrittrice sopravvissuta, quand’era appena 14enne, a sei diversi lager nazisti _ Auschwitz, Dachau, Kaufering, Landsberg, Bergen-Belsen, Christianstadt, et Bergen-Belsen, à nouveau. La sua testimonianza e tutta la sua vita sono lo sforzo «di rendere rielaborabile ciò che non lo sarà mai». Il racconto dai giorni di morte al premio Strega Giovani e alla visita di Papa Bergoglio

desc img

La scrittrice Edith Bruck, 90 anni, nata a Tiszabercel, in Ungheria, e naturalizzata italiana, nel soggiorno della sua casa, a Roma (foto Ada Masella)

« Racconta. Non ci crederanno ma tu racconta, se sopravvivi racconta anche per noi ». È la fine di marzo del 1945 e una giovanissima Edith Bruck, non ancora quattordicenne, arrivata a Bergen-Belsen dopo una marcia disumana, si sente rivolgere questa preghiera da parte di altri prigionieri : compagni in fin di vita che lei stessa è costretta a trasferire nel Todzelt, la tenda della morte. Edith promette, e mantiene la parola. « Finché riuscirò, continuerò a testimoniare », assicura ancora oggi, novantenne, ricordando quel giorno a Bergen-Belsen, nel sesto lager in cui era stata trasferita dopo la deportazione ad Auschwitz. Nell’aprile del 1945, la liberazione. Ma tornare alla vita non è semplice. Si sposta tra l’Ungheria, dove è nata in una famiglia ebrea, la Cecoslovacchia, Israele, per poi stabilirsi in Italia nel 1954. Svolge diversi lavori, cameriera, ballerina, direttrice di un istituto di bellezza, fino a quando non diventa scrittrice, poi poetessa, traduttrice, autrice teatrale, sceneggiatrice, regista di film, e intanto moglie e zia amata. Eppure, dice, « non ero più quella di prima e non lo sono mai tornata ».

IL 27 GENNAIO 1945 L’ARMATA ROSSA LIBERA IL CAMPO NAZISTA DI AUSCHWITZ. DAL 2005, A LIVELLO MONDIALE, IL 27 GENNAIO SI CELEBRA IL GIORNO DELLA MEMORIA PER NON DIMENTICARE L’OLOCAUSTO E I MILIONI DI VITTIME CHE PRODUSSE

Per tutta la vita la sua opera è testimonianza, e in fondo lo sforzo estremo, disperato, per lei « gonfia di parole » di rendere rielaborabile ciò che non lo sarà mai. Edith Bruck parla con 7 dalla casa di Roma _ Via del Babuino, 72 _, in occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio, mentre torna in libreria la Lettera alla madre scritta nel 1988 (una nuova edizione da La nave di Teseo, che pubblica anche gli altri titoli citati in questo testo).

desc img

Sua madre morì dopo l’arrivo ad Auschwitz. Vi separarono, e non la vide mai più.

desc img

La copertina di « Lettera alla madre » di Edith Bruck

« Ricordo che, scesa dal treno, ero letteralmente aggrappata alla sua carne. Un soldato mi sussurrò di spostarmi a destra, il che voleva dire una possibilità di sopravvivenza perché la fila di mia madre andava dritta alla camera a gas, ma noi non lo sapevamo. Insisteva, mamma si inginocchiò implorandolo di lasciarle almeno l’ultima dei sei figli. Furono colpi su colpi finché, ferita all’orecchio, mi ritrovai a destra ».

Visceralmente unite, ma diverse. Sua madre era molto religiosa, severa, lei era « la figlia più piccola che osava pensare, dubitare ». Nella nuova introduzione al libro, scrive: « Adesso sei tu che potresti essere mia figlia e potrei sgridarti io ». È stato possibile ricomporre nel tempo, dentro di sé, il rapporto con una madre persa ad Auschwitz ?


« Il libro è una sorta di dialogo postumo. Quando eravamo a Tiszabercel, il villaggio in cui sono cresciuta, mi sembrava che la mamma parlasse più con Dio che con noi figli. Non ci baciava, non ci coccolava. Io facevo qualsiasi cosa per una carezza. Oggi posso capirla. Lottava come una leonessa per vestirci, per sfamarci, e l’amore era l’ultima cosa. Eravamo poveri, e i poveri non hanno tempo. Divenne affettuosa quando ci portarono via ».

« SCESE DAL TRENO, ERO AGGRAPPATA ALLA CARNE DI MIA MADRE. UN SOLDATO MI SUSSURRÒ DI SPOSTARMI A DESTRA. LEI ANDAVA ALLA CAMERA A GAS »

desc img

Una foto della famiglia Bruck prima della deportazione nei lager : da sinistra il fratello Laci, la mamma Berta, le sorelle Adele e Magda, ed Edith

Il 20 febbraio del 2021 ha ricevuto la visita di Papa Francesco. E sempre nell’introduzione scrive a sua madre : « Se tu ci avessi visti, cos’avresti detto ? ».


« Quella visita è stata molto importante. Altri predecessori di Papa Francesco avevano chiesto perdono, ma lui è venuto a casa. Mi chiederò sempre cosa avrebbe pensato la mamma. Lei credeva profondamente nella religione ebraica. Io, invece, certo che sono vicina al popolo al quale appartengo, ma ho una mentalità più universale ».

Incontrò i pontefici Wojtyla e Ratzinger. Che ricordo ha ?


« Vidi Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 a Roma, quando per la prima volta un Papa entrò nella Sinagoga. Ero emozionatissima, mi aspettavo verità mai sentite. Mi strinse la mano, mi disse : “ Piacere di conoscerla ”. Restai un po’ delusa. Quando invece venne Benedetto XVI sembrava come congelato, probabilmente da tedesco era in imbarazzo ».

desc img

Edith Bruck con Papa Francesco durante la visita a casa del febbraio 2021

Lei conclude il romanzo autobiografico Il pane perduto, finalista allo Strega 2021, con una « Lettera a Dio ». « Io » dice « che ho sempre scritto d’un fiato giorno dopo giorno, ora improvvisamente mi fermo con la mano sospesa e lo sguardo fisso sul vuoto, è nel vuoto che Ti cerco ».


« Papa Francesco ha approvato quella “Lettera”, spiegando che Dio è una ricerca continua. Per me la fede è l’amore per il prossimo, chiunque sia. È condivisione, è accoglienza. Mia mamma diceva: se qualcuno bussa alla porta, aprila. Mio padre donò l’unico cappotto a un uomo più povero. Dal mio punto di vista, non vai in chiesa e poi dici che i migranti possono affogare ».

« PRIMO LEVI MI CHIAMÒ 4 GIORNI PRIMA DI MORIRE. “ ERA MEGLIO AD AUSCHWITZ ”, DISSE. FORSE PER LA PRIMA VOLTA FECE UN VOLO LIBERO »

desc img

Una giovanissima Edith Bruck. Nel 1944, a neppure 13 anni, viene deportata ad Auschwitz e poi in altri lager. Nell’aprile del 1945 viene liberata a Bergen-Belsen (foto Istituto Luce/Contrasto)

In Lettera alla madre cita un amico scrittore, « il testimone più ascoltato, amato stimato letto ».


« Primo Levi mi chiamò al telefono quattro giorni prima di morire. Era depresso, cercai di consolarlo. “Era meglio ad Auschwitz” mi disse “adesso non c’è più speranza”. Da qualche tempo si era operato, assisteva la madre cieca. E lo angosciava il negazionismo. “Ti rendi conto” esclamava “negano già ora che siamo in vita”. Io sono tra chi crede si sia suicidato. Quando seppi che era morto, mi arrabbiai. Come se non avesse avuto il diritto di togliersi la vita, perché apparteneva alla storia. Forse per la prima volta fece un volo libero ».

Come trasmettere la memoria ? Come diventare messaggeri ?


« A volte vado nelle scuole con il cuore pesante ma quando esco potrei volare, perché vedo che c’è risposta. Ai ragazzi servono difese per il futuro. Quando non ci saranno più i testimoni toccherà agli storici e agli insegnanti. Non sarà facile perché si stanno già allungando le ombre del fascismo, dell’antisemitismo, del razzismo ».

Che effetto le ha fatto vedere i no green pass a Novara vestiti da deportati ?


« È stato orribile, una coltellata. Episodi del genere dovrebbero preoccupare tutti, non solo i sopravvissuti. Così come altre cose che accadono : le manifestazioni di Forza Nuova, le bandiere con la croce uncinata, il negazionismo. Non sono frutto di improvvisazione, c’è la destra dietro, anche se si comporta come se non la riguardasse ».

« Mussolini ha ancora la cittadinanza e invece non viene concessa ad Adele Di Consiglio, scampata alla barbarie nazifascista ». Con questa motivazione lo scorso novembre lei ha rifiutato il Premio della Pace del comune di Anzio.
« Se andassimo a scavare, troveremmo cittadinanze al Duce in tantissimi centri d’Italia. Dopo quel “no”, spesso ora mi chiedono lettere per denunciare casi simili. Ma di nuovo mi domando: perché non si mobilitano anche altri cittadini ? È importante che tutti facciano la loro parte ».

L’Italia non ha elaborato il suo passato ?


« Nessun Paese l’ha fatto. L’unica che ci ha provato è stata la Germania. Purtroppo le mostruosità stanno tornando. Pensiamo ai profughi lasciati morire al confine con la Polonia. O alla mia Ungheria, prima fascista, poi comunista, ora sotto Viktor Orbán. Spesso gli individui vanno dietro a chi domina in quel momento. Non sembrano avere imparato dagli errori, e io davanti a questo mi smarrisco ».

desc img

Edith Bruck nella sua casa romana (foto Ada Masella)

L’Unione europea nacque come sogno di pace dopo la Seconda guerra mondiale. Ci crede ancora ?


« Ahimè vedo molto nazionalismo. Perché, ad esempio, dire “prima gli italiani” ? Nessuno dovrebbe venire prima di un altro. E bisognerebbe amare il proprio Paese con lucidità, non ciecamente. In nome della patria sono morte milioni di persone. Io la parola “patria” neanche la userei. Si potrebbe dire semplicemente “amo il mio Paese”. Tutti i Paesi sono belli, invece si diffonde l’odio ».

Dilaga anche online. Tra chi ne è stato colpito c’è la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, che a novant’anni ha voluto promuovere proprio una Commissione contro l’istigazione all’odio.


« Quando la insultano è come se insultassero me. Mi identifico. E non solo con lei. Mi identifico anche se l’odio si riversa contro qualcuno perché è straniero o fa parte di una minoranza. Conosco Liliana, ma noi sopravvissuti non parliamo tra noi di deportazione. Ognuno ha il suo vissuto, a seconda della propria sensibilità, persino della classe sociale ».

Lei scrive che essere nata povera l’aiutò a sopravvivere.


« La fame, il freddo, le malattie ci decimavano e l’avere già sperimentato una vita dura aiutava a resistere. Inoltre le donne si rivelarono più forti. Quando c’era la selezione, ad esempio, per mostrarsi più in salute si pizzicavano le gote o se le cospargevano di acqua e fango. Gli uomini furono meno in grado di gestirsi. La cultura che li aveva coccolati, con mogli e madri al loro servizio, li rese inermi ».

Fuori dal lager, tornare alla vita non fu facile.


« Dopo la guerra nessuno voleva ascoltare. Tutti dicevano che anche loro avevano sofferto. Ci sentimmo rifiutati, spazzatura ».

Lei provò a trasferirsi in Israele.


« Mia madre mi raccontava della Terra promessa, era la fiaba più bella. Arrivai in Israele, in uno Stato neonato, nel 1948. Neppure lì ascoltavano. Volevano una generazione forte, che non strisciasse contro i muri. Soldati, perché eravamo in guerra. Invece noi eravamo avanzi dei lager, inseguivamo un sogno ma la realtà come un colpo secco ci fece ritrovare nei campi di transito, in fila per il cibo. Io non ce l’ho fatta, anche se mi dispiace ».

Cosa pensa di Israele oggi ?


« Vorrei ci fosse la pace con i palestinesi. Vorrei che raggiungessero a tutti i costi la convivenza reciproca ».

« L’AMORE PER NELO NON È DIMINUITO. PER ME LUI C’È. LA COSA PEGGIORE FU QUANDO MI CHIESE : “CHI SEI ?”. L’HO CURATO PER 10 ANNI, È STATO BELLO »

desc img

Edith Bruck con il marito Nelo Risi, poeta e regista, scomparso nel 2015. Edith arrivò in Italia nel 1954, a 23 anni. A Roma, conobbe Nelo. Nel 1959 fece il suo esordio da scrittrice con « Chi ti ama così » (foto Giuliano Benvegnu)

Nel 1954 arrivò in Italia. Prima Napoli, poi Roma, dove incontrò il regista e poeta Nelo Risi.


« Mi innamorai subito. Era sensibile, con il mio stesso impegno civile : trovai una parte di me in lui. Ricostruii una famiglia, anche con sua madre, con il fratello Dino. Nelo aveva tanta pazienza ma forse gli ho detto troppo, troppe volte. Quando ci diedero lo sfratto, piansi per tre settimane. Mi rassicurava : “Vogliono solo aumentare l’affitto”, ma nemmeno lui poteva capire fino in fondo. Nella testa risentivo i gendarmi che in Ungheria gridavano “fuori” ».

Nelo Risi è morto nel 2015. Era malato di Alzheimer. « Io sono io e te » gli ha scritto in Ti lascio dormire , una lettera postuma del 2019.


« Il mio amore non è mai diminuito. Per me lui c’è. La cosa peggiore fu quando mi chiese : “Chi sei ?”. Lì forse mi sono sentita di nuovo, per un attimo, un numero nei lager. L’ho curato da sola per oltre dieci anni. So che posso sembrare pazza, ma sono stati i più belli della mia vita. Non sono mai stata così necessaria, mi sentivo pienamente ripagata ».

Il ministro della Salute Roberto Speranza l’ha chiamata a far parte della Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani.


« Partecipo volentieri. Vorrei che da anziani si potesse restare nelle proprie case il più a lungo possibile. Altrimenti ci si spegne in fretta ».

Come vive la pandemia ?


« Ho pianto quando ho visto i camion con le bare. In quei giorni c’era un silenzio assoluto, che mi ha ispirato la raccolta di poesie Tempi . E tra gli aspetti di sofferenza di oggi, c’è anche il freddo elenco dei numeri. Ovviamente Auschwitz non è paragonabile, ma un essere umano non è un numero, è un mondo. Servirebbe parlare diversamente della morte ».

La scrittura, in italiano, l’accompagna da oltre sessant’anni. Come si svolgono adesso le sue giornate ?


« L’italiano mi ha difeso, mi ha tenuto un po’ a distanza, l’ungherese era troppo doloroso. Oggi riesco ancora a scrivere a mano ma, per alcuni problemi di vista, non posso battere a macchina né trascrivere sul pc. Mi aiutano Olga Ushchak, la donna ucraina che dopo la scomparsa di Nelo è rimasta con me come una sorella. E alcuni amici, come Michela Meschini, dell’Università di Macerata, alla quale il destino mi ha unito qualche anno fa ».

Il 2021 è stato il secondo anno del Covid ma anche quello in cui Sergio Mattarella l’ha nominata Cavaliere di Gran Croce, in cui è stata finalista allo Strega e ha vinto lo Strega Giovani e il Viareggio-Rèpaci per la narrativa.


« Sono contenta soprattutto che il libro sia stato letto. Elisabetta Sgarbi pubblicherà tutti i miei titoli, ed è questo che conta: che i volumi vivano ».

Da ragazzina avrebbe voluto « riparare il mondo ». Pensa di averlo fatto almeno un po’ ?


« Sicuramente ho compiuto il mio dovere e questo ha dato un senso alla mia sopravvivenza. Entro i miei limiti e possibilità, spero di avere contribuito a migliorare qualcosa. Da parte di tutti, ogni goccia di bene  è importante perché, come ci siamo detti con Papa Francesco, il mare immenso è fatto di tante infinite piccole gocce ».

À suivre…

Ce vendredi 21 janvier 2022, Titus Curiosus – Francis Lippa

La question de la coordination des noms des personnes-personnages dans les divers récits autobiographiques d’Edith Bruck : par exemple, entre « Chi ti ama cosi » de 1959 et « Il Pane perduto » de 2020…

13jan

Lecteur éminemment curieux et actif,

je recherche, par delà la spécificité singulière _ absolument légitime _ de chaque opus,

la cohérence autobiographique présente en creux dans les divers récits successifs, de 1959 à 2020, d’Edith Bruck.

Laquelle témoigne magnifiquement, en son œuvre entier d’écrivain, œuvre de poésie comprise, de ce qu’il a fallu, à sa personne, en toute la substantialité la plus à vif et intime de sa chair, surmonter d’épreuves terribles, en sa survie _ entre le 8 avril 1944, la rafle des Juifs par les gendarmes à Tiszabercel, et le 15 avril 1945, la libération par les Américains du lager de Bergen-Belsen, où Edith Steinschreiber et sa sœur Adel étaient encore (après Auschwitz, Dachau, Kaufering, Landsberg, une première fois Bergen-Belsen, Christianstadt, et après la marche de la mort, leur retour, épuisées, à Bergen-Belsen), internées _, puis vie _ et encore survie, d’une autre façon _, à partir de son retour chez elle, au village hongrois de Tiszabercel, à l’automne 1945, à l’âge de 14 ans _ Edith Steinschreiner est, en effet, née à Tiszabercel, au nord-est de la Hongrie, le 3 mai 1931 _,

en tenant compte aussi de données biographiques disponibles, recherchées complémentairement ailleurs qu’en sa seule œuvre publiée :

ainsi, par exemple, dans la très utile très récente « Brève chronologie » que, avec l’aide même de l’autrice, René de Ceccatty vient de donner _ et à la suite de sa lumineuse et lucidissime préface, très justement intitulée « La poésie, plutôt que la prière« , en introduction splendide (aux pages 5 à 26) à l’anthologie de poèmes choisis et traduits par lui-même, intitulée « Pourquoi aurais-je survécu ?«  _, aux pages 27 à 30 de cet indispensable recueil « Pourquoi aurais-je survécu ?« .

Afin de surmonter, en lecteur curieux donc et tenace que je suis, quelques blancs, ainsi que _ et peut-être surtout _ quelques variations de nominations de personnages cruciaux de ses divers témoignages, 

à commencer par les prénoms des frères et sœurs, mais aussi les noms des divers compagnons et époux de celle qui a, faute de recevoir une écoute vraiment réceptive à sa parole, a appris à « parler au papier » qui, lui, sait l’écouter fidèlement, ainsi que, en intense et profond exigeant, voire implacable, dialogue de vérité, lui « répondre vraiment » ;

les uns et les autres de ces _ et ses _ « proches » étant, je le remarque, nommés diversement dans ces récits successifs ;

et tout particulièrement le récent, en 2020, et sublime, « Le Pain perdu« , 

mais aussi dans diverses ressources biographiques annexes, glanées de-ci, de-là, au fil de recherches documentaires complémentaires de ma part de lecteur actif cf mon article du 11 janvier dernier :

Ainsi

Lili (née à Tiszabercel, le 24 décembre 1920),

Magda (née à Tiszabercel, le 22 septembre 1922),

Ôdön (né à Gava, le 13 janvier 1925),

Adel (née à Tiszabercel, le 12 mas 1927),

Laszlo (né à Tiszabercel, le 16 août 1929), 

les deux frères et les trois sœurs d’Edith Steinschreiber, née, elle, le 3 mai 1931 _ et non pas 1932, comme mentionné dans son « Qui t’aime ainsi« , de 1959 : pour quelles raisons donc ?.. _,  à Tiszabercel,

apparaissent-ils, dans le récit de « Chi ti ama cosi » de 1959, sous les prénoms de :

Leila, pour Lili,

Margo, pour Magda,

Peter, pour Ôdön,

Eliz, pour Adel,

et Laci, pour Laszlo ;

et, dans le récit du « Pain perdu » de 2020, sous les prénoms, cette fois, de

Mirjam, pour Lili (la Leila de Qui t’aime ainsi),

Sara, pour Magda (la Margo de Qui t’aime ainsi),

David, pour Ôdön (le Peter de Qui t’aime ainsi),

Judit, pour Adel (l’Eliz de Qui t’aime ainsi),

et Jonas, pour Laszlo (le Laci de Qui t’aime ainsi)

En attendant impatiemment la (re-)parution prochaine, le 21 janvier prochain, de la traduction française _ « Qui t’aime ainsi« , en Points _ du « Chi ti ama cosi« , paru le 1er janvier 1959 aux Éditions Lerici _ actives de 1927 à 1967, et à l’impressionnant catalogue... _,

j’ai très attentivement lu _ et cherché à en décrypter le plus méthodiquement possible les noms… _ une sélection de pages de ce texte en italien accessibles sur le net

Et cela, en partie afin de rechercher, tout spécialement, quel est ce « cugino » d’Edith _ côté Bieber, la famille de sa mère ? ou bien côté Steinschreiber, la famille de son père ? Côté Bieber, je le découvrirai un peu plus tard… _, qui nous est présenté là sous le nom du « mio cugino Tibi » _ qui a aussi une sœur, prénommée, en ce récit de 1959, Magda ; et c’est bien là son prénom effectif : Gerson Deutsch et sa soeur Magda Deutsch, étant en effet les enfants d’Helen Bieber (Tiszakarad, 7 août 1880 – Auschwitz, mai 1944) et de son époux David Deutsch (Tolcsva, 17 septembre 1884 – Auschwitz, mai 19944) ; Helen Bieber, une des sœurs Bieber de la mère d’Edith, née Berta Bieber (Tiszakarad, 1er février 1895 – Auschwitz, mai 1944)… _, son _ très beau, mais assez brutal : « lui qui m’avait dépucelée d’un seul coup, ce qui m’avait rappelé l’abattage kasher, où l’on égorgeait la poule d’un seul geste et on la jetait encore sanglante dans la cour de la synagogue ! Est-ce que le sang le dégoûtait ? Pourquoi cette violence sans la moindre caresse ? Était-ce lui qui voulait punir en moi toutes les femmes, ou était-ce moi qui voulais me punir moi-même ? Pourquoi l’ai-je laissé faire ? Était-ce moi qui voulais jeter aux orties ma vie inutile, ma jeunesse dans un monde devenu bestial, mes seize ans _ « quindici« , lit-on dans le « Chi ti ama cosi«  de 1959 _ défendus de toutes mes forces, et qui me méprisais ? À moins que je l’aie aimé ? Étais-je malade ? Ou assoiffée d’amour, parce qu’il y avait un être pour lequel j’existais, qui me désirait, même s’il avait d’autres maîtresses, et qui jouissait de son plaisir en ignorant le mien. Pourquoi ? Pourquoi ?« , lisons-nous à la page 101 de l’admirable « Le Pain perdu » de 2020… _ tout premier amant, à Podmokly _ un village de Bohème situé non loin  de Pilsen _, en Tchécoslovaquie, quand Edith avait 15 ans, et Tibi, 23 : en 1946…

Se pourrait-il _ oui ! _ qu’il s’agisse là, pour ce « molto bello, alto e biondo« _ mais « poco intelligente« « cugino Tibi« ,

du cousin _ côté Bieber _ Gershon Deutsch (Krompachy, Slovaquie, 16 février 1922 – Brooklyn, 20 septembre 2009),

un des fils de la tante Helen Bieber (Tiszakarad, 27 juin 1892 -Auschwitz, mai 1944) _ et son époux David Desider Deutsch (Tolcsva, 17 septembre 1884 – Auschwitz, mai 1944) : Tolcsva, dans la vallée de la rivière Bodrog (un affluent de la Tisza), est le village voisin d’Olaszliszka _ :

Helen Bieber, une des sœurs de Berta _ nommée « Frida, Friduska (en hébreu Deborah)« , à la page 14 du « Pain perdu« ... _ Bieber (Tiszakarad, 1er février 1895 – Auschwitz, mai 1944),

elle-même l’épouse de Sandor Sulem Shalom _ « nommé Adam, Shalom en hébreu« , à la page 18 du « Pain perdu _ Steinschreiber (Tiszakarad, 1895 – Dachau, 1945), et la mère d’Edith, ses trois sœurs et ses deux frères Steinschreiber…

De même que je me demandais si le tout premier éphèmère mari d’Edith, Milan Grün _ cf cette biographie-ci d’Edith Bruck _est bien présent, ou pas, dans le récit de 2020, « Le Pain perdu » _ et après recherche attentive, il me semble bien que non : je ne l’y trouve décidément pas… _ ;

 

quand son second éphémère mari, Dany Roth _ ibidem _, nous est présenté, lui, à la page 104 du « Pain perdu«  _, sous le nom _ à la hongroise : le nom avant le prénom _ de « Braun Gabi » ;

et le troisième encore plus éphémère mariibidem  : « un dénommé Bruck » : ce très bref mariage sur le papier avait eu pour seule fin, en effet, de permettre à Edith, redevenue, par son second divorce, célibataire, d’échapper à l’obligation à un retour à une résidence collective en un camp, en Israël… _, et dont Edith a conservé le nom pour sa signature d’auteur, Edith Bruck, 

apparaît alors avec le diminutif de Tomi : « Tomi Bruck« , lit-on à la page 128 du « Pain perdu« … 

Quant à l’amour vrai de la vie d’Edith, Nelo Risi _ homme généreux et particulièrement désintéressé : ce qui est plutôt rare… _,

dans « Le Pain perdu« , il apparaît furtivement et merveilleusement, tout à la fin, aux pages 152 à 155,

sous son seul prénom de « Nelo » :

Edith le rencontra _ cf son récit, à la page 152 _ au restaurant Otello de la via della Croce, à Rome _ ce fut le 9 décembre 1957 ; cf le beau poème intitulé « Rencontre 1957« , à la page 104 de l’anthologie « Pourquoi aurais-je survécu ?« , qui se clôt par ce vers libre : « le 9 décembre«  _ ;

mais, suite aux difficultés de Nelo pour obtenir la légalisation officielle de son divorce d’avec celle, artiste peintre australienne, qu’il a nommée « Mitty » _ mais est-ce seulement là son vrai prénom ? Un certain flou semble ici étonnamment demeurer : Edith Bruck en a-t-elle elle-même connaissance ? Peut-être, probablement, tout de même… _,

le mariage officiel d’Edith et de Nelo ne put avoir lieu, au Capitole de Rome, que neuf années plus tard, seulement : le 17 mars 1966 _ cf la très brève remarque, et dépourvue de commentaire, de la page 154 ; et la date même de ce mariage romain n’est pas alors donnée _, célébré par Francesco Fausto Nitti _ « (1899-1974), une des grandes figures de l’antifascisme », indique la note de bas-de-page du traducteur, René de Ceccatty ; les témoins du marié étant son frère, Dino Risi (1916-2008), et son ami l’écrivain, scénariste, et plus tard réalisateur, Fabio Carpi (1925 – 2018) ; mais le récit du « Pain perdu » ne les mentionne pas ; quant aux témoins de la mariée, eux non plus non mentionnés, quels ils furent, je l’ignore à ce jour…

À son seul amour vrai, Nelo,

Edith Bruck consacrera deux très beaux livres,

pas encore traduits en français :

« La Rondine sul termosifone« , en 2017 ;  et « Ti lascio dormire« , en 2018.

Nelo Risi, né à Milan le 20 avril 1920, est décédé à Rome le 17 septembre 2015.

Et même si, bien sûr, le principal _ poétique et existentiel _ est loin d’être là,

ce fond d’autobiographie historique très présent dans l’œuvre singulière et si marquante d’Edith Bruck,

passionne aussi le lecteur actif et curieux du réel que je suis…

Ce jeudi 13 janvier 2022, Titus Curiosus – Francis Lippa

Ce que j’apprends d’un bon lecteur de « Qui t’aime ainsi » sur quelques rencontres d’Edith (dont le cousin Tibi, et le second de ses maris) entre son retour (de Bergen-Belsen) à Tiszabercel à l’automne 1945 et son débarquement à Haifa le 3 juillet 1948…

12jan

En poursuivant _ avec opiniâtreté _ mes recherches biographico-géographico-historiques sur le parcours de vie d’Edith Steinschreiber (Edith Bruck),

entre sa naissance, à Tiszabercel, le 3 mai 1931, et aujourd’hui, Rome, en sa résidence de la Via del Babuino,

afin de tenter de combler bien des lacunes de ma part, et qui ne manquaient pas de m’intriguer,

je suis tombé ce jour sur un passionnant article d’Olivier Ypsilantis, en date du 20 avril 2017, intitulé « En lisant « Qui t’aime ainsi » (Chi t’ama cosi) d’Edith Bruck 2/2« ,

qui m’a révélé plusieurs données concernant le parcours de vie et quelques rencontres marquantes,

entre, d’une part, la libération d’Edith, avec sa sœur Adel, du lager de Bergen-Belsen, le 15 avril 1944,

et, d’autre part, son débarquement _ plus ou moins seule : le « petit ami » rencontré sur le bateau (qu’elle nomme « Braun Gabi, de Budapest » (page 104) « avait disparu, et c’est tout juste si je l’aperçus sur un camion qui partit Dieu sait où« , lit-on, page 107… _ à Haïfa, en Israël, le 3 septembre 1948 _ ce que « Le Pain perdu« , ni pour ce lieu, ni pour cette date, ne m’avait pas appris…

 

Ce mercredi 12 janvier 2022, Titus Curiosus – Francis Lippa

Sources-ressources pour des précisions biographiques concernant Edith Bruck, sa famille, ses proches, et quelques autres personnes, rencontrées en 90 années de vie (1931 – 2021), en son exigeant parcours de survie et d’écriture

11jan

Par commodité,

et dans l’ordre chronologique commode des références répertoriées, 

voici un petit compendium _ forcément partiel et surtout provisoire _ de 20 sources-ressources

au sein desquelles pouvoir dénicher-puiser quelques éventuelles _ à contrôler et vérifier, bien sûr, pour chacune d’entre elles ! tant d’approximations et erreurs s’y glissent… _ précisions biographiques concernant la famille, les proches, et d’autres personnes croisées, à un peu mieux identifier,

afin d’élargir un peu l’intelligence, par le lecteur un peu curieux, de quelques situations évoquées, notamment dans « Le Pain perdu« , par Edith Bruck,

en son admirable et indispensable récit mémoriel et testimonial :

1) un article, de Lorenza Trucchi, intitulé « Mitty Risi inaugura la stagione romana« , dont voici aussi un très intéressant lien au fac-similé, paru dans le journal romain Giovedi du 1er octobre 1953 

2) le livre « Filippo di Roma _ genialità in via dei Condotti« , de Toni Cosenza paru en 2005, à propos de l’institut de beauté, le « Salone Filippo« , que dirigea un moment, vers les débuts de son installation à Rome, en 1954, Edith Bruck, recrutée par la Signora G. _ probablement Giancarla Mandelli (1937 – 3 avril 2010)… _, quelque temps après son arrivée à Rome, et jusqu’en 1959, au moment de la découverte _ détonnante _ de la publication de son tout premier livre, Che ti ama cosiet, en conséquence, du fait qu’Edith avait survécu à la Shoah…

3) des extraits du livre « Magyar, Stars and Stripes : a journey from Hungary through the Holocaust and to New-York« , de Michael Lipiner, en 2005, à propos du parcours de la Judit de cet admirable « Pain perdu » _ prénommée ici Zahava, et à sa naissance, Adele _, la sœur d’Edith, et sa très fidèle et protectrice compagne dans les camps de concentration, d’Auschwitz à Bergen-Belsen, du 28 mai 1944 au 15 avril 1945

4) l’article important « Memorial Candles« de Deborah Taub Damascelli, la bien-aimée nièce d’Edith _ et fille d’Adele : Deborah Taub est née en 1957 _, et désormais romaine _ épouse de Lucio Damascelli _, paru dans le volume « Trauma and Memory« , vol. 2, n°2, en 2014, où Deborah Taub raconte l’extraordinaire parcours de survie de sa mère, prénommée ici Zahava, et de sa très chère tante Edith…

5) quelques très précieux avis de condoléances de plusieurs membres de sa famille, adressés à Edith, pour le décès _ le 17 septembre 2015, à Rome _ de son époux Nelo Risi, parus dans le numéro de La Repubblica du 19 septembre 2015

6) l’intéressante notice biographique détaillée consacrée à Nelo Risi _ rédigée par Riccardo D’Anna _ dans le Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 87, en 2016

7) un tout à fait détaillé résumé d’un très riche entretien avec Edith Bruck, de Fava Francesca et Giacobbe Borelli Maia _ d’une durée de 1 h 53′ ; je n’ai hélas pas réussi à accéder à l’écoute de ce podcast… _, réalisé le 2 avril 2016 : un document passionnant !

8) un article sociologiquement significatif _ seulement… _, intitulé « Sergio Valente, l’hair-stylist delle attrici internazionali« , paru dans La Gazzetta dello spettacolo du 9 juin 2016, consacré au coiffeur des stars Sergio Valente, qui a débuté sa carrière au fameux « Salone Filippo » de la via dei Condotti, et qui évoque cet institut de beauté dont Edith Bruck a été un moment la directrice, avant de se fâcher, au moment de la parution de son premier livre, Chi te ama cosi, à Rome, en 1959, avec la mal commode patronne, la Signora G. _ Giancarla Mandelli…

9) et 10) deux très riches articles _ avec des précision biographiques que j’ai seulement découvertes ici, à propos du parcours d’Edith entre son retour à Tiszabercel et son débarquement en Israël, à Haifa, le 3 septembre 1948 : extraites du « Qui t’aime ainsi«  de 1959…  _ d’Olivier Ypsilantis, intitulés « En lisant « Qui t’aime ainsi » 1 et 2″, en date des 18 et 20 avril 2017, publiés sur le site Zakhor-Online.com

11) l’entretien très émouvant d’Edith Bruck avec Antonio Gnoli intitulé « Scrivevo mentre Nelo dormiva » paru le 30 avril 2017 dans La Repubblica, à l’occasion de la publication du livre d’Edith consacré à la maladie terminale de son époux disparu le 17 septembre 2015, Nelo : « Le Rondine sul termosifone« 

12) une notice, qui bien que très mal traduite, comporte cependant quelques détails assez intéressants, intitulée « Les Écrivains hongrois« , et consacrée à Edith Bruck, sur le site bookwiki.info

13) un très intéressant entretien avec Edith Bruck mené par Patricia Amardeil à Rome le 18 février 2019, intitulé « A bâtons rompus« , à propos des très belles singularités de l’écriture de celle-ci

14) et 15) deux entretiens détaillés _ et consécutifs _ d’Edith Bruck avec Patricia Amardeil,

le second en date de l’automne 2019

et le premier (« Retour sur l’Italie« ) du 5 mars 2020

16 ) le podcast (de 11′ 07) d’un entretien d’Edith Bruck avec Ora Daria, intitulé « Edith Bruck, testimone della Shoah« , en date du 27 janvier 2021

17 ) la vidéo (de 16′) d’un entretien intitulé « Edith Bruck Scrittice e testimone della Shoah« , à la Rai, le 25 avril 2021, lors de la marquante Festa della Liberazione

18) l’entretien sur « Le Pain perdu » d’Edith Bruck avec Pupa Garriba et Fiorella Leone le 14 mai 2021, au domicile romain de l’écrivain, Via del Babuino, 72

19) un article assez développé de Sandra Petrignani, intitulé « La Storia di Edith« , paru le 30 juin 2021

20) un entretien d’Ilaria Romano avec Edith Bruck intitulé « Edith Bruck : Testimoniere per il futuro« , en date du 1er octobre 2021

Que je complète

par un lien _ à faire défiler, de parent à parent… _ à un site de généalogie, à propos de sa famille Steinschreiber (et familles apparentées) de Tiszabercel, en Hongrie :

à partir, ici, de la fiche concernant le père d’Edith, Sandor Sulem Shalom Steinschreiber…

et par un lien à quelques cartes _ à faire défiler aussi… _ de la région de Tiszabercel,

et de villes et villages mentionnés dans les environs…

Soient un trésor de ressources documentaires véritablement passionnantes

pour qui désire en apprendre un peu plus sur le parcours de vie (et d’écriture) d’Edith Steinschreiber – Bruck – Risi…

Ce mardi 11 janvier 2021, Titus Curiosus – Francis Lippa

En poursuivant la recherche concernant les personnes apparaissant dans le récit mémoriel du « Pain perdu » d’Edith Bruck…

10jan

Et en plus des questions posées par les cadres géographico-historiques du récit mémoriel que développe « Le Pain perdu » tout récent _ en 2021, par La nave di Teseo, editore, Milan _ d’Edith Bruck,

se pose aussi, au lecteur, la question de préciser bien davantage les identités des personnes,

souvent très rapidement esquissées dans le récit,

dans la mesure où ces identités-là ne concernent pas directement la puissance d’émotion du rapide et très vivant discours de celle qui se souvient et raconte les scènes qu’elle a alors vécues…

À commencer par les identités des parents plus ou moins proches _ époux compris, parfois floutés… _,

ainsi que leurs accointances, à un simple détour d’une scène, évoquées,

de la narratrice.

En remarquant aussi des variations d’identités,

en fonction de diverses sources trouvées au cours des recherches complémentaires effectuées…

Et même si, bien sûr, là n’est pas le fondamental,

c’est tout de même historiquement passionnant.

En sachant aussi que le désir si puissant de raconter et partager, par l’écriture, la vérité de ce qui s’est jadis passé,

constitue aussi une forme de lutte _ de l’auteur _ contre la course contre la montre de l’âge :

 

puisque celle qui écrit, en 2020, vient d’avoir, le 3 mai, 89 ans…

Et le souci de porter _ à nouveau _ un très fort et implacable témoignage de vérité devant les plus jeunes générations, lui est vraiment un devoir plus que vital :

absolument indispensable.

À suivre, donc…

Ce lundi 10 janvier 2022, Titus Curiosus – Francis Lippa

Chercher sur mollat

parmi plus de 300 000 titres.

Actualité
Podcasts
Rendez-vous
Coup de cœur