È morto Bernardo Bertolucci, l’ultimo grande maestro del Novecento
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Il regista aveva 77 anni.
Ha attraversato la storia del cinema mondiale con capolavori come ‘Novecento‘ e ‘Ultimo tango‘.
‘L’ultimo imperatore‘ ha vinto nove Oscar, compreso miglior regia e sceneggiatura
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di IRENE BIGNARDI
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26 novembre 2018
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Se non fosse davvero esistito, il personaggio Bernardo Bertolucci – poeta, documentarista, regista, produttore, polemista, autore per eccellenza del cinema italiano, star del cinema internazionale – prima o poi, questo personaggio più grande che natura l’avrebbe inventato qualcuno, per raccontare, in maniera romanzesca ed esemplare, quello che ha attraversato il cinema nella seconda metà del secolo scorso, dallo sperimentalismo al cinema d’autore, dalla cinefilia alla grandeur, dai low budget alle megaproduzioni, dal provincialismo alla visione internazionale. Il regista di capolavori come Novecento, Ultimo tango a Parigi, Il té nel deserto, Piccolo Buddha e L’ultimo imperatore, il film da nove Oscar, è morto all’età di 77 anni a Roma dopo una lunga malattia.
… … Bertolucci racconta Ultimo tango e Novecento : « Il cinema della trasgressione »
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Il figlio del poeta e la natia Parma
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Bernardo Bertolucci, in queste avventure e capovolgimenti era sempre lì, da protagonista o da testimone del secolo. Così italiano e così internazionale. Così sofisticato e così nazional-popolare. Così letterario e così visuale. E non si può non restare stupefatti di fronte a una vicenda umana e a una carriera cinematografica che si sono aperte nell’Appennino di Casarola di Parma, la casa di famiglia dei Bertolucci, e hanno percorso le strade del mondo per viaggiare sempre, però, nello Zeitgeist, nello spirito del tempo, quello spirito che Bernardo, con antenne da vero artista, ha saputo identificare, interpretare, raccontare. Della favola, a tratti amara, sempre avventurosa che è stata la vita di Bernardo Bertolucci, ricordiamo l’inizio veramente da favola.
Quando il bel ragazzo ventenne, figlio di un grande poeta come Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, amato da Moravia, vicino a Elsa Morante, a Cesare Garboli, a Enzo Siciliano, a Dacia Maraini, vince a vent’anni il Premio Viareggio per la poesia con Il cerca del mistero. Da questo laboratorio culturale – in cui a tempo debito si muoveranno anche la sua bella moglie inglese Clare People e il fratello più giovane di Bernardo, Giuseppe -, dalla tradizione letteraria e musicale della sua natia Parma, discendono, oltre all’amore di Bernardo Bertolucci per i testi letterari, il gusto per il melodramma, l’amore per le scene madri, l’approccio mitico e popolare, la tendenza postmoderna a costruire con materiali preesistenti – quelli che, direbbe Violeta Parra, formano il suo canto. E quindi, su una filmografia di sedici film, a realizzare ben cinque film di origine schiettamente letteraria pur restando un autore straordinariamente visivo.
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Bertolucci si racconta al Bif&st : « Quando scambiai Pasolini per un ladro«
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L’incontro con PPP e la nascita della Nouvelle Vague italiana
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È un percorso cinematografico affascinante. Bernardo lavora come assistente di Pasolini, gira documentari, affronta il primo film, La commare secca, su un’idea di PPP e con atmosfere tipicamente pasoliane. Poi un secondo, Prima della rivoluzione, nel 1964, una riscrittura a chiave di La Certosa di Parma, che diventa il suo manifesto cinematografico, annuncia il suo lato cinefilo (« Non si può vivere senza Rossellini » è la citazione imperdibile) e lo promuove autore e cantore della borghesia di fronte ai cambiamenti drastici che segnano gli anni ’60. E se inizialmente il film viene accolto con freddezza dal pubblico e dalla critica italiana (ma, a Venezia, c’è chi gli consiglia di tornare a fare il poeta), e giusto un po’ meglio dai francesi, in compenso Pauline Kael, la dea della critica americana, assieme a un gruppo di « miracolosamente talentuosi ragazzi francesi » celebra anche Bernardo Bertolucci e il suo film, « stravagantemente bello per i suoi eccessi », dove si racconta la bellezza della vita « prima » della rivoluzione. Alberto Moravia, in una sua accesa recensione, equivocherà e parlerà di « dopo » la rivoluzione, reinterpretando il film secondo l’equivoco. Poco importa. Quello che conta è che dalla cinefilia e dalla poesia è nata una stella, a cui si affiancherà , un anno dopo, a costituire il nucleo della Nouvelle Vague italiana, Marco Bellocchio con l’eversivo I pugni in tasca.
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‘Ultimo tango a Parigi‘, in sala la versione restaurata – trailer
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Tra il ’68 e Ultimo Tango
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Nel fatidico ’68 Bertolucci gira un film tipicamente sessantottino, Partner. Poi nel 1970, per la Rai, quello che all’epoca colpì tutti come un piccolo, sofisticato gioiello, Strategia del ragno, ispirato a Borges. Per darci nel 1970, ancora, quello che resta forse il suo film più compiuto, maturo, personale, Il conformista, che trasforma ed è al tempo stesso fedele al testo di Moravia. Un film che se non riuscì all’epoca a farsi amare dal pubblico italiano, di nuovo venne amato dalla Kael, che lo definì « un’esperienza sontuosa, emotivamente piena« – e che a tutt’oggi di Bertolucci resta il film più riuscito, concluso, coerente.
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Ma il fenomeno internazionale B.B. esplode con Ultimo tango a Parigi, e la complessa vicenda giudiziaria/ censoria che seguì, e che rende difficile giudicare il film fuori dal suo contesto di scandalo. Uno scandalo paragonato dalla solita Kael allo shock culturale prodotto da Le sacre du printemps. E il fatto che Bernardo Bertolucci ogni tanto sia ritornato sulle sue responsabilità (o meglio sarebbe dire sulla sua irresponsabilità) nell’imporre scene e atmosfere brutali a Maria Schneider, non fa che rinnovare negli anni lo shock prodotto a suo tempo e a rendere più difficile un giudizio. Che all’epoca a taluni è sembrato semplice: intense le scene in interni, con un superbo Marlon Brando invecchiato e dolente, imbarazzanti le parti con Schneider e Leaud, appassionante (nonché discutibile) il tema della trasgressione e del sesso come unico valore.
La storia delle vicende giudiziarie di Ultimo tango è un romanzo in se stesso, un po’ grottesco un po’ horror, tra condanne alla perdita dei diritti civili e roghi medievali di pellicola. Ma è la storia che ha creato la fama internazionale di B. B. e che gli consente nel 1976, sempre sensibile agli umori del tempo e ad anni di cultura di sinistra dominante, di girare Novecento, un’epica grandiosa e “hollywoodiana”, piena di grandi nomi del cinema nostro e internazionale, che racconta cinquant’anni di storia padana, a tratti potente e commovente, a tratti retorica e manieristica , sempre audace per le dimensioni e le ambizioni. Dopo la ricezione tiepida, nel 1979, di La luna, che racconta l’ambiguo e difficile rapporto , ai confini dell’incesto , di una madre e di suo figlio adolescente, dopo La tragedia di un uomo ridicolo( 1981), una storia di avidità provinciale e rapimenti, che conquista a Tognazzi un premio a Cannes ma ha un risposta modesta dalle sale, nel 1987 Bertolucci conquista a sorpresa nove Oscar con un film veramente epocale, un trionfo di diplomazia e creatività, di gusto scenografico italiano e di abilità narrativa, L’ultimo imperatore, un grande successo a livello mondiale che apre le porte del mondo cinese e consacra Bernardo Bertolucci come un grande regista internazionale.
… L’ultimo Bertolucci dal Té nel deserto a Io e te
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Tornato in Italia dopo un lungo periodo a Londra, sua seconda patria, Bertolucci, con Io ballo da sola, da un racconto di Susan Minot, esalta la bellezza del Chiantishire e il piacere di vivere « dopo » la rivoluzione. Con Il té nel deserto (1990) riscopre l’opera di Paul Bowles e il mondo tragico ed elegante degli “expat”. Quindi si muove, nel 1993, verso il Nepal, per raccontare la storia di Piccolo Buddha e aprire alle culture orientali. Nel 1996, tornato a Roma, dirige tutto in interni la storia di un’ossessione amorosa, L’assedio. Mentre nel 2003 ritorna all’amato, mitico ’68 con la storia di tre ragazzi che intrecciano scoperte erotiche, politica e cinefilia in The Dreamers, un film di scoperto voyeurismo e di scoperta nostalgia che per molti versi riconduce alle atmofere diUltimo tango. Ma la malattia che da anni lo assedia, sta avendo il sopravvento. Bertolucci non riesce a « montare » il suo Gesualdo da Venosa, un film a cui pensa da tempo. Gli restano le storie intime e private, e gira, praticamente sotto casa, un intenso incontro scontro tra fratello e sorella in Io e te ( 2012), dal romanzo di Niccolò Ammaniti. È la fine della bella favola. Ma Bernardo Bertolucci, il ragazzo poeta, il regista, la star, il premio Oscar, se ne va lasciando un segno che resta.
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Soit le récit d’un très riche
et particulièrement beau
parcours cinématographique.
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Ce lundi 26 novembre 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa
J’ai pu voir cette fin de matinée le film de Luca Guadagnino Call me by your name, en version originale _ mêlant anglais, italien et français, en fonction des adresses à leurs divers interlocuteurs des divers personnages du film : ainsi, par exemple, la mère d’Elio, Annella Perlman, étant à demi-italienne (par son père, prénommé déjà Elio ; et juif…) et à demi française (par sa mère), s’adresse à Elio en français ; de même que c’est en français que conversent Elio et sa bientôt petite amie Marzia ; etc. D’autant que les interprètes de ces divers personnages d’Annella (Amira Casar), Elio (Timothée Chalamet) et Marzia (Esther Garrel) sont au moins eux-mêmes à moitié français. De même, d’ailleurs, et c’est un élément très important, que le réalisateur lui-même, Luca Guadagnino, par sa mère, elle-même à moitié algérienne et française, est imprégné de cette perception française (soit un certain tropisme classique : à la Ravel, disons…) de son esprit et de ses goûts, du moins me le semble-t-il… Une certaine culture française imprègne donc pas mal (et irradie sur) ce film, en plus d’une certaine culture juive, d’une culture italienne, bien sûr, et même de ce que j’oserai qualifier de « culture gay » : un éloge du métissage, de l’ouverture, et de l’accueil à l’altérité des minorités (âmes en peine des déplacés et errants)… Et je n’ai même pas parlé de la très importante part française, aussi, de ce juif italo-turc francophone venu d’Alexandrie qu’est André Aciman, l’auteur du roman de départ du scénario,Appelle-moi par ton nom…
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D’abord, voici, à titre d’introduction ici,
et précédant ma vision du film
une présentation _ il s’agit à l’origine d’un courriel : j’aime m’adresser à un interlocuteur particulier, et en rien anonyme _ préliminaire, factuelle, à propos de ce que j’ai pu, de bric et de broc, reconstituer tant bien que mal de la genèse _ assez longue et tortueuse _ de la conception, puis fabrication du film :
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Ce matin, je vais pouvoir aller voir Call me by your name en salle _ n’allant que très rarement au cinéma ; seulement quand un film me fait vraiment envie. Ce qui renforce mon désir du film… Et cela, afin de confronter à la réalité du film en son entièreté les premières impressions _ forcément très partielles _ issues des clips fragmentaires et divers commentaires et interviews nécessairement partiels.
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Même si celle-ci n’est qu’anecdotique, l’histoire de la gestation du film en amont de sa réalisation est assez intéressante.
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L’achat des droits d’auteur en vue de la réalisation à venir d’un film précèderait même, paraît-il _ mais oui ! aussi étrange que cela puisse paraîttre !!! _, la sortie (en 2007 et aux États-Unis _ en anglais, donc _) du livred’André Aciman !!! Ah ! ah !
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C’est en effet une équipe _ solide, soudée _ de producteurs (homosexuels et juifs californiens _ installés à Los Angeles-Hollywood _) autour de Peter Spears (né en 1965) et Howard Rosenman (né en 1945), ainsi que de l’agent des stars _ dont le jeune Timothée Chalamet… _ Brian Swardstrom (né en 1962 ; et compagnon de Peter Spears), qui ont réalisé en 2007, il y a 11 ans !, l’achat de cette option sur une adaptation cinématographique à réaliser du livre même pas encore paru _ mais on devait déjà en parler ! : il faudrait creuser cela plus avant… _ d’Aciman.
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Ainsi, pour le projet de ce film, et au sein de cette équipe de producteurs _ californiens, à Hollywood _ possédant les droits d’adaptation du roman, l’italien Luca Guadagnino a-t-il été _ la précision des dates serait ici pour sûr intéressante _ successivement consultant _ probablement au triple titre, aux yeux de l’équipe des producteurs réunie autour de Peter Spears, d’italien (ayant une bonne du terrain, en l’occurrence les divers lieux en Italie évoqués parfois très allusivement dans le roman), de cinéaste, bien sûr, et enfin de gay… _, puis producteur exécutif, puis co-scénariste (avec le grand James Ivory), et enfin le réalisateur unique _ on imagine le terreau riche de conflits de toutes sortes (et concurrentiel) qui constitue le contexte de gestation de ce passionné et de très longue haleine projet cinématographique, avec les rivalités de conception qui n’ont pas manqué de l’entourer-constituer, au long de ses diverses péripéties à rebondissements… Au point qu’on pourrait presque s’étonner, au su de cette genèse cahotée, de son résultat apollinien si abouti, si maîtrisé, si apaisé…
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Avant Luca Guadagnino_ l’heureux réalisateur in fine _,
avaient été successivement pressentis à cette réalisation, avant de s’en retirer _ pour des raisons que j’ignore _ : Gabriele Muccino, Sam Taylor-Johnson, puis James Ivory. Et sont cités aussi _ sans préciser leur part d’investissement (ou pas) au travail collectif _ les noms de Ferzan Oztepek et Bruce Weber…
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De fait, James Ivory a travaillé 9 mois à l’adaptation du roman d’Aciman : de septembre 2015 à mai 2016. Et ce serait, semble-t-il, principalement son âge (approchant les 90 ans _ il est né le 7 juin 1928 _) qui l’aurait fait exclure par certains des financeurs de la production (notamment français) de la tâche de réalisation du film ;
ainsi laissée à Luca Guadagnino _ le réalisateur d’Amore(sorti en 2009)etA Bigger splash (sorti en 2015)..
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Le tournage, autour de chez lui à Crema, en Lombardie _ non loin de Crémone _,
Crema où réside Luca Guadagnino,
eut lieu en moins de six semaines, du 11 mai au 20 juin 2016 _et chaque soir du tournage, le réalisateur-maître d’œuvre du film, rentrait dormir dans son lit, a-t-il raconté, en riant, à diverses reprises…
Timothée Chalamet, quant à lui, était venu plus tôt séjourner à Crema : 5 semaines avant ce début du tournage, soit à partir du 6 avril 2016, en se mêlant (incognito !) aux jeunes de son âge de la petite ville, à travailler à s’imprégner de son personnage d’Elio, et, à raison de une heure et demi chaque séance (soit quatre heures et demi en tout), à parfaire sa connaissance du piano, à apprendre à jouer de la guitare, et maîtriser sa pratique de la langue italienne ; cf cet article du Los Angeles Times du 17 novembre 2017 : Timothée Chalamet is Hollywood’s next big thing with ‘Call Me by Your Name’ and ‘Lady Bird’ ; ou celui-ci de Libération du 26 février 2018 : Timothée Chalamet, appelez-le par son nom… Fin de l’incise.
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… On voit par là combien Luca Guadagnino a fait de ce film une affaire toute personnelle !!!
Et cette intimité-là, avec son équipe de tournage comme avec ses acteurs, se ressent très positivement à la vision fluide et intimiste, sereine et heureuse, du film…
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« J’ai trouvé Elio ! », déclara l’agent des stars Brian Swardstrom à son compagnon le producteur Peter Spears, à propos de Timothée Chalamet (qu’il avait vu dans la saison 2 de Homeland en 2012), dont il devient tout aussitôt l’agent _ Timothée Chalamet avait alors16 ans; c’était donc en 2012, puisque Timothée est né le 27 décembre 1995. Et c’est en 2013 que Swardstrom présente Timothée Chalamet à Luca Guadagnino,qui l’intègre aussitôt au casting du film à venir.
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Quant à Armie Hammer, c’est Luca Guadagnino _ tombé amoureux de lui (dixit le réalisateur lui-même) en voyantThe Social Network(de David Fincher), en 2010 : Armie Hammer y tient avec maestria les rôles de deux jumeaux : Cameron et Tyler Winklevoss _ qui l’intègre au casting du film en 2013, lui aussi,après l’avoir vu dans The Lone Ranger (de Gore Verbinski)_ le film est sorti sur les écrans américains le 3 juillet 2013…
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Dernière chose sur ce très remarquable et magnifique acteur, lui aussi : Armie Hammer a une superbe voix grave, profonde et très ductile à la fois ; et les extraits de sa lecturedu roman d’Aciman auxquels on peut accéder, sont carrément impressionnants ! : nous tombons immédiatement sous le charme ; l’acteur est donc vraiment très bon,
_ et l’article, en anglais, auquel envoie ce lien quasi anodin (!!), est le plus juste de tous ceux que j’ai lus jusqu’ici sur ce film !!! _
juste un beau gosse _ une expression que je n’aime pas _, ou un bel homme pour l’affiche…
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Le contraste, d’ailleurs,
entre son interprétation magistrale et parfaitement évidente du très fin et élégant, ainsi que retenu et secret _ sans, par son naturel éminemment fluide et sobre, en donner le moindre soupçon : si c’est une certaine partie de son jeu qu’il cache, ce n’est certes pas la plus grande partie de son corps exposé au soleil _ personnage d’Oliver_ son seul moment d’un peu d’extraversion, avant les moments de relations plus intimes avec Elio (mais très discrètement filmés, avec pudeur et sans exhibitionnisme, par le réalisateur), est la sublime séquence (de 44 ‘) dans laquelle, yeux et poings fermés, Oliver se lâche presque dionysiaquement sur la piste du dancing de Crema, sur le rythme lancinant deLove my Way… _,
et ses prestations extraverties d’acteur faisant la promotion du film,
est, lui aussi, marquant :c’est dire combien la direction d’acteurs de Luca Guadagnino est elle aussi excellente ; autant que sont vraiment parfaits ses acteurs dans l’incarnation subtilissime des moindres nuances de leurs personnages !!!
A nous, aussi, de bien les percevoir…
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Ainsi, dans la gestation de ce film,
le choix, au casting, des titulaires _ Armie et Timmy, donc _des deux principaux protagonistes _ Oliver et Elio _, dès 2013,
précède-t-il donc _ il faut le noter _ celui, final, de Luca Guadagnino comme réalisateur, même si celui-ci a fait très tôt partie de l’équipe aux commandes _ la date en serait à préciser, ainsi que son pourquoi et son comment… _ dans ce projet _ au long cours et à rebonddissements divers _ de production : d’abord comme consultant.
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Tout cela est donc assez intéressant ; même si cela reste malgré tout anecdotique par rapport au principal : la valeur artistique du film… Je vais bien voir !
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A suivre… Je pars au cinéma…
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P. s. :
Timothée Chalamet :
… Timothée Hal Chalamet naît le 27 décembre 1995 dans le quartier de Hell’s Kitchen, à New York. Il est le fils du français Marc Chalamet, ayant travaillé _ comme éditeur _ pour l’UNICEF, et de l’américaine Nicole Flender _ née en 1960 _, diplômée de Yale, actrice, danseuse à Broadway, puis agent immobilier. Il étudie au lycée LaGuardia pour jeunes artistes, d’où il sort diplômé en 2013. Il a une sœur aînée, Pauline, une actrice qui vit à Paris.
… La famille de sa mère, d’origine juive russe et autrichienne _ tiens, tiens ! _, est très présente dans le cinéma : son grand-père maternel est le scénariste _ new-yorkais, né dans le Bronx _ Harold Flender (1924 – 1975), son oncle Rodman Flender _ né le 9-6-1962 _ est réalisateur et producteur, et sa tante Amy Lippman, épouse de celui-ci, également productrice _ et dialoguiste.
… De nationalité américaine et française _ les deux ! _, il parle couramment l’anglais et le français _ dont acte.
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Puis, ce courriel à un ami, cet après-midi, à mon retour du cinéma :
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Cher …,
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tu serais, je pense, bien plus critique que je ne le suis à l’égard de ce film _ attentif aux chicanes de premiers émois amoureux au moment de l’entrée dans l’âge adulte _ : je suis, en effet, assez bon public _ au moins a priori : la critique est plus aisée et prompte que l’art ! L’œuvre, que ce soit de cinéma, de littérature, de musique, ou toute autre, a besoin d’abord être accueillie et reçue avec un minimum d’attention bienveillante (et d’appétit…) ; le regard critique ne doit pas être un a priori fermé et massif comme un coup de gourdin ; mais ne venir qu’après, avec finesse et à bon escient ; soucieux de ce qu’on peut estimer constituer les visées de fond de l’œuvre en question… Du moins quand, public, nous avons fait l’effort d’aller à la rencontre de cette œuvre-ci : en l’occurrence nous déplacer jusqu’à la salle de cinéma… Et je remarque, qu’au cinéma, les projections des subjectivités des spectateurs, se déchaînent sans vergogne ! Les unes et les autres reprochant au film de ne pas leur offrir ce qu’eux, tout spécialement et très égocentriquement, les spectateurs se trouvent parfaitement légitimes d’en attendre ! C’est le monde à l’envers ; et c’est infantile… Il faut commencer par accepter de décentrer son regard de ses habitudes subjectives. Et accueillir vraiment l’altérité de l’objet offert…
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Le point de vue privilégié par le réalisateur du film _ Luca Guadagnino,à la suite, et dans les pas, du point de vue choisi par le romancier, André Aciman _ est celui du regard, mi-neuf, mi-perspicace (en analyses de signes à décrypter : Aciman a dû lire le Proust et les signes de Deleuze…), du jeune garçon _ vierge, puceau(au moins quant à l’homosexualité : il vient juste de faire l’amour avec Marzia…) _ de 17 ans, Elio, face au très séduisant inconnu, Oliver, qui débarque au mois de juillet dans la demeure familiale _ ouverte et accueillante (même si discrète, par tradition familiale, en Italie, sur sa judéité) _, près de Crémone,
et auquel, en la fougue de ses élans pulsionnels adolescents, le très fin, intelligent, sensible et cultivé, Elio est assez vite _ à condition, bien sûr, de se voir vraiment agréé aussi, et non rudement refusé, par l’aimé _ prêt à se livrer _ corps et âme… Mais les signaux, les feux verts, et cela des deux côtés, manquent encore declarté, ainsi que de constance :d’où des blessures (réciproques) et des retards par divers malentendus et quiproquos successifs… Nous sommes en 1983 _ a choisi le réalisateur Luca Guadagnino, plutôt qu’en 1987, à l’origine dans le roman d’André Aciman _, dans une Italie d’avant Berlusconi _ c’est le moment, confus, de Benito Craxi _, et d’avant le Sida…
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Le choix de ce point de vue du regard d’Elio
facilite, bien sûr, l’identification avec le personnage d’Elio _ très brillamment interprété par le merveilleusement expressif (ses regards !) Timothée Chalamet _, de pas mal des spectateurs _ à commencer, bien sûr, par le vaste public (visé ?) des jeunes ; mais pas seulement lui : il est bien connu de tous que, quand on aime, on a toujours vingt ans ; et c’est vrai ! L’élan est puissant.
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L’astuce romanesque _ du film comme du roman _,
c’est que le bel objet désiré, le splendide _ mais pas que… _ universitaire américain _ il enseigne déjà à Columbia et publie ses livres : et c’est précisément pour préparer l’édition en traduction italienne de son travail sur Héraclite (dit l’Obscur) qu’il est venu en Italie, et chez le Professeur Perlman, cet été là, au moment de ses propres vacances universitaires : il s’est d’abord rendu en Sicile, puis va passer un mois et demi (soit quasiment la même durée que le tournage !) dans la résidence d’été du Pr. Perlman et sa famille _, Oliver,
qu’interprète avec beaucoup d’élégance et brio et finesse, Armie Hammer,
use de pas mal d’artifices de fuite (later, later, ne cesse-t-il de répéter pour se défiler des approches _ il les voit, bien sûr, venir ! _
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et tentatives d’emprise sur lui du jeune Elio… _ et le titre du roman choisi lors de sa première parution en français, en 2008, aux Éditions de l’Olivier, étaitPlus tard ou jamais; de même que le titre de la première partie du roman d’Aciman estSi ce n’est plus tard, quand ? ; c’est à relever… Il y comme de l’urgence dans l’air ; le temps leur est compté… _ ) ;
mais longtemps dans le film, nous non plus, n’en pénétrons pas bien les raisons…
… Á la suite d’Elio,
dont nous ne cessons à nul moment de partager et suivre le regard, l’angle de vue, le cadrage, au présent de la survenue frontale des événements (et non rétrospectivement, au filtre de la mémoire),
nous aussi, spectateurs, nous sommes souvent déroutés par le comportement d’Oliver…
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Et c’est là un élément décisif _ voulu par le réalisateur, à la suite du choix, aussi, du romancier _ de notre perception de l’intrigue !!!
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Ce sont donc ces yeux-là d’Elio,
non seulement hyper-curieux, mais aussi extrêmement inquiets car follement épris et séduits,
que nous, spectateurs du film, avons sans cesse
pour le beau et très retenu, et discret _ à l’exception de sa plastique exposée au soleil _, sinon secret, Oliver !
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Et ce ne sera qu’a posteriori _ après le retour chez lui aux États-Unis d’Oliver, une fois son stage de six semaines auprès du Professeur Perlman terminé, et le texte de sa traduction en italien scrupuleusement revu et achevé _,
in extremis donc,
que nous comprendrons que ces diverses esquives _ arrogance ? timidité ? goujaterie ? s’était-on demandé _ et mesures dilatoires _ later, later... _ du bel Oliver
étaient, tout au contraire, chargées d’infiniment d’égards et de délicatesse _ protectrice ! _ envers le jeune Elio _ de 17 ans ; et le contraste physique entre eux deux est très net ! _,
eu égard aux obstacles auxquels lui-même, Oliver, s’était, en sa récente adolescence _ lui-même n’a, après tout que 24 ans ! _, heurté et durement blessé,
et probablement se blessait maintenant encore, chez lui aux États-Unis (à commencer en son milieu familial)
_ fort discret (c’est-à-dire prudent ! : larvatus prodeo…),Oliver parle d’autant moins de lui-même, nous semble-t-il, que c’est seulement via le regard d’Elio que nous, spectateurs, dans le film, avons accès à lui, c’est-à-dire à ses gestes et expressions, mais pas à ses sentiments et pensées : à cet égard le film, moins bavard (et cahoté) quant aux élucubrations du garçon ne sachant jamais sur quel pied danser avec Oliver, est beaucoup mieux réussi que le roman !) ; Elio ne cessant passionnément d’essayer (non seulement il est d’un naturel extrêmement curieux de tout, mais il est surtout très épris !), de percer à jour d’abord ce que ressent l’apparemment versatile Oliver, mais ensuite surtout peut-être le tréfonds de ses secrets… _ :
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afin de tempérer (un peu) et filtrer (sinon les refroidir vraiment, car le désir, nous le découvrirons, est bel et bien _ mais à partir de quel instant ? c’est très difficile à situer en regardant pour la première fois le film, assez subtil en cela… _ réciproque…) les fougueuses ardeurs du jeune garçon, Elio :
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d’où la succession de péripéties à rebondissements de l’intrigue _ retournements de situations, surprises après atermoiements, révélations, semblants de démentis, prises de conscience… _ survenant _ et nous surprenant, nous aussi ! _ le long des 2 heures du film.
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Il s’agit donc ici, d’abord _ mais immédiatement derrière, même si c’est habilement et très discrètement suggéré, sont tapis les secrets de la vie (passée, présente, mais à venir aussi…) d’Oliver : car celui-ci a des projets, tant professionnels que personnels (voire conjugaux et de paternité aussi), déjà en voie de formation, et à mener à long terme… _,
de la première (mais décisive) éducation sentimentale _ qualifions-la ainsi ! _ d’Elio _pour la vie ! :avec une dimension verticale (et fondamentale !) d’éternité. Qu’en adviendra-t-il donc ? Et pour l’un, et pour l’autre ?..
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Pour la vie est aussi _ il faut le noter _ le mot d’Elio lui-même pour sa proclamation _ émue et parfaitement sincère _ d’amitié envers Marzia, sa petite amoureuse _ très joliment interprétée par Esther Garrel _, une fois que celle-ci a bien compris, et osé très ouvertement le lui déclarer, que c’était d’Oliver qu’Elio était vraiment épris, et non d’elle _ qui ne l’en aimait pas moins, pour autant !.. Car Elio est fondamentalement honnête ! S’il lui arrive _ souvent désemparé qu’il se trouve, bousculé par ce qui survient de non anticipé par lui, pourtant si réfléchi _ d’être indécis et partagé, Elio n’a rien d’un traitor…
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Car il se trouve, aussi, qu’ici nul des protagonistes _ pas un seul ! _ n’a de mauvaises, ni a fortiori perverses, intentions ! Pas un seul méchant ou salaud…
Même ceux qui sont déçus ou blessés :
tous ceux qui s’expriment à propos de leurs relations inter-personnelles, sont ce qu’on appelle maintenant _ même si je n’aime pas du tout cette expression _ de belles personnes…
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Et cela agace, voire irrite, certains spectateurs, soucieux de davantage de réalisme cinématographique.
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Et reste _probablement pour les faire davantage encore enrager de trop de concentré de beauté ! _,
qui nimbe la luxuriance tranquille des verts paysages de Lombardie _ y compris Bergame et la montagne bergamasque, pour lesAlpi Orobie, à la fin du séjour italien d’Oliver, en grimpant vers les cimes, à la montagne… _ en ce si bel été qui va être brutalement interrompu.
… Ainsi que l’intérieur du très beau palazzo de la Villa Albergoni, à Moscazzano, dans la province de Crémone…
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Et avant le vespéral paysage de neige de la nuit de décembre, le soir de Hanouka,
à la fin du film…
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Le point culminant du film est probablement la double réaction finale _ chacun de son côté, et en deux temps nettement séparés, au mois d’août, puis au mois de décembre _ des deux parents d’Elio :
…
d’abord, et immédiatement, au mois d’août, le regard et les gestes compréhensifs et très tendres de sa mère (la très belle, et toujours parfaite, sublime, Amira Casar), au moment du départ _ pour jamais ? _ du bel américain, lors du parcours du retour en voiture d’Elio, en larmes _ telle Ariane abandonnée de Thésée à Naxos _, à la maison ;
et plus encore le sublime discours détaillé (et les confidences très personnelles à son fils) de son père, le Professeur Perlman (Michaël Stuhlbarg, d’une splendide humanité !), révélant à Elio, six mois plus tard, en hiver, tout à la fin du film, son admiration _ admiration tue de sa part, il le lui dit, à tout autre que lui, Elio : y compris son épouse Annella… _ pour la chance qu’Elio, lui _ et au contraire de lui-même, en sa propre jeunesse _, a su _ not too late!!!sur cela, et pour célébrer cette fois le miracle de la naissance d’une amitié (et pas d’un amour), cf en monPour célébrer la rencontrerédigé au printemps 2007, ma référence au divin Kairos et à l’impitoyable châtiment (de la main coupée !) infligé à ceux qui (too late !) ont laissé passer leur chance et voulu, mais trop tard, la ressaisir… _courageusement saisir à la volée _ au contraire de lui-même, donc ; avec les regrets qui lui en demeurent encore maintenant, mais oui !, et il le confie alors, magnifiquement, à son fils _, et lui conseillant d’en tirer (sans amertume ou aigreur, ni oubli _ ou refoulement _ non plus) le meilleur pour la suite de sa vie adulte _ qu’adviendra-t-il donc de la vie amoureuse future d’Elio ?.. Le film, à très bon escient, en restera là…
Mais des suites viendront, très probablement, dans quelques années : le passage du temps ayant fait son office…
…
… Soit, ici _ avec ce père intelligent si magnifiquement humain… _ une autre identification possible pour les spectateurs de ce film.
…
…
Et je suppose que c’est bien pour faciliter ces diverses identifications des spectateurs à ces divers personnages du film, face à la relative énigme _ qui demeure en grande partie à la fin du film (et à la différence du roman) _ du personnage d’Oliver
_ bien différent en cela de l’ange terrible qu’incarne Terence Stamp dans le brûlant Théorème de Pasolini _,
que,
prenant en mains la réalisation du film,
Luca Guadagnino a choisi de renoncer au procédé du commentaire _ rétrospectif, mélancolique, un peu trop auto-centré sur les regrets du narrateur : passéiste ; à rebours des très vifs effets de présent recherchés en ses spectateurs par le cinéaste !.. _
par une voix-off,
qu’avait d’abord retenu James Ivory !
…
…
Et c’est probablement le jeu très précis, subtil et infiniment nuancé _ leur incarnation de ces nuances complexes de leurs personnages est vraiment magnifique ! _ des acteurs
qui produit _ en plus de cette merveilleuse lumière qui nimbe les paysages de l’été italien _ le principal impact,
émotivement très puissant,
de ce si émouvant et si beau film.
…
… La poursuite de ce décryptage par le spectateur de ces images en mouvement que sont un film _ mieux capter chacune de leurs nuances furtives, à l’instar du regard scrutateur et interrogatif d’Elio lui-même _ accroît ainsi
l’urgence d’aller revoir un tel film,
avec un nouveau surcroît d’attention de notre regard
pour le moindre de ses détails qui nous aura échappé…
…
Tu vois comme je suis gentil.
…
Parmi les critiques du film que j’ai lues _ aucune de très subtile ni de vraiment fouillée jusqu’ici ; mais je ne m’abreuve probablement pas aux meilleures sources !
certaines trouvent au film trop de longueurs ; alors que, à l’inverse, d’autres se plaignent que le film _ d’une durée paraît-il de 4 heures en sa toute première version _ souffrirait un peu trop des ellipses _ notamment concernant les personnages secondaires _ résultant des coupures opérées au montage pour améliorer le rythme du récit.
…
Pour ma part, je n’ai éprouvé aucune de ces deux impressions ; et j’ai regardé le film avec une forme d’empathie _ la mienne a priori quand (et puisque) je décide d’aller voir un film, de lire un livre, d’écouter un CD : la critique sera seulement a posteriori ; je me répète… _ pour les divers protagonistes, très humains _ chacun à sa manière… _ de cette intrigue…
…
Lequel d’entre nous _ qui sommes sexués _ ne tombe pas un jour amoureux ?.. et passera complètement à côté d’émotions questionnantes de ce genre ?..
Ou ignorera complètement les chagrins d’amour ?
… Et cela, ici, à la vision de ce film, avec un très grand plaisir : celui de baigner pleinement par le regard dans les parfums, saveurs et couleurs d’une Italie aimée ;
tout en sachant aussi que l’Italie est certes loin de se réduire à ces images idylliques _ce qui ne manque pas d’agacer, voire irriter, certains des spectateurs du film, jugé par eux trop idyllique…
… De même que semblent, malgré tout, encore assez menues, et surtout peut-être réparables, les blessures infligées _ par de tels chagrins _ à la personnalité des principaux personnages, notamment le jeune Elio…
Mais là je suis peut-être un peu trop optimiste…
D’abord, en effet, un premier amour n’a pas de substitut ! Sa marque, oui, indélébile, est et demeure pour toujours la référence…
…
…
Ici, je repense, a contrario, à l’humour acéré et absolument terrible de Pasolini (Théorème_ en 1968 _)… Ou à la verve pleine de charge comique très incisive d’un Fellini (Amarcord_ en 1973 _)…
…
Mes références _ et alors que je suis d’abord un très fervent antonionien (Par delà les nuages,Identification d’une femme,L’Eclipse, sortis respectivement en 1995, 1982 et 1962…) _ seraient plutôt ici les auras solaires d’un Bertolucci (La Luna_ en 1979 _) ou d’un Rosi (Trois frères_ en 1981 _) _ qui me comblent aussi ; même si, à la revoyure de ces films, je m’aperçois bien que chacun d’eux et tous comportent une dose très importante de réalisme tragique ; aucun d’eux n’est vraiment idyllique…
Mais le tragique, ici, est d’un autre ordre.
…
…
Bref, j’y ai éprouvé du plaisir. Comme celui pris aux films _ Chambre avec vue,Maurice,Retour à Howard Ends, en 1985, 1987 et 1992… _ de James Ivory : est-ce un hasard ?
…
Francis
…
P. s. :
Je viens de lire une interviewparticulièrement niaise (et donc agaçante) d’André Aciman _ vaniteux, pour aggraver son cas _, dans En attendant Nadeau _ il me faudra lire le roman afin d’être plus juste envers lui !..
…
…
Enfin,
existe en audio-livre, la lecture _ en anglais, bien sûr _, par le magnifique Armie Hammer
_ quelle spendide voix ! et quelle merveilleuse lecture ! Quel grand acteur il est donc !!! Et aurait-il pâti jusqu’ici, en sa carrière d’acteur (il est vrai à Hollywood surtout) de sa trop manifeste beauté ?.. Que l’on se donne la peine de revoir la scène magnifique (de 44 ‘) de sa danse presque sauvage, yeux et poings fermés, aux prises peut-être, seul avec quelque fantôme de son histoire, au milieu de la piste du dancing à Crema… ; et que l’on écoute, à côté, ses confidences amusantes (1et 2) d’acteur sur les circonstances particulièrement « uncomfortable« pour lui du tournage de cette sublime hyper-sensuelle séquence… _
la lecture _ splendide par cette voix si bien timbrée et si juste en ses intonations comme en sa fluidité ! _ dure 7 h 45 _ en existait bien un podcast, mais le lien en a été, depuis ma mise en ligne, effacé !
…
C’est superbe !
…
…
La principale question que pose toute rencontre, surtout, bien sûr, toute rencontre heureuse,
est celle de son devenir, par delà tout ce qui peut la menacer, corroder, ruiner ;
de son suivi, de ses suites ;
de la dynamique _ à inventer davantage qu’à subir _ de sa poursuite-perpétuation-renouvellement d’enchantement…
…
…
Et c’est bien ce qu’il y a de terrible
dans le dernier regard _ mouillé, car très probablement se sentant coupable de partir ainsi, sans projet de vraiment revenir bientôt (ou jamais) ; et le sentiment non dilatoire, cette fois, de quelque too late !.. _, dans le compartiment du train _ qui démarre et s’en va _, du personnage d’Oliver en direction du personnage d’Elio ;
…
Elio, demeuré, lui _ abandonné, telle Ariane à Naxos… _ à quai,
comme plombé, là, par la peine-douleur de cette séparation, sur le quai de cette toute petite gare de Clusone, au pied des Alpi Orobie_ livré, totalement, là en vrac, à son impuissance d’agir face au train qui imparablement éloigne Oliver vers Milan et les Amériques. Elio (qui va entrer en classe Terminale) n’a pas pu retenir Oliver, qui rentre (sans nul retour ?) chez lui, aux États-Unis, retrouver son travail et sa carrière à l’université, sa famille, ses projets déjà formés, etc. _ ;
et très bientôt en larmes.
…
Elio, totalement désemparé par cette séparation _ sans remède ? à jamais ? _ d’avec son amant de ces quelques journées volées au reste du monde,
Elio, va, au téléphone public de cette gare perdue de Clusone _ n’existaient pas encore, en 1983, lestelefoninidont vont très vite raffoler les Italiens…_, prier sa mère de bien vouloir venir en voiture jusque là _ c’est assez loin de Crema : à plus d’une heure de route… _ le récupérer et le ramener chez eux…
…
…
Mais s’ensuivra, encore _ ultime rebondissement du lien (puissant…) entre Elio et Oliver dans le film _ la séquence finale du coup de fil d’Oliver à Elio, le soir de Hanouka, le 6 décembre 1983.
…
…
On comprend aussi combien est intelligent le choix
_ de classicisme et de ligne claire : à la française ; et à la Ravel, donc… _
de Luca Guadagnino
d’avoir interrompu à ce moment précis le récit des rapports entre Elio et Oliver,
sans le prolonger sur ce qui les suivra bien plus tard
_mais ce sera là matière, pour plus tard, pour un ou plusieurs autres films, quand se retrouveront, et en quel état, à l’aune de l’éternité (car tel est là le critère !), Elio et Oliver _,
comme l’a fait André Aciman dans le roman.
…
C’est bien l’aune de l’éternité, en son impact _ hyper-puissant _ sur les personnages,
qui doit prévaloir
et triompher…
…
…
…
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Ce lundi 12 mars 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa
(et à partir d’un scénario de James Ivory _ oscarisé pour la peine ! et, à 90 ans, pour la première fois de sa très brillante carrière de cinéaste (avec, entre autres réussites, Chambre avec vue, en 1986, Maurice, en 1987, Retour à Howards End, en 1991, etc.)… _, d’après le roman Appelle-moi par ton nom d’André Acimanné le 2 janvier 1951 à Alexandrie, en Egypte, écrivain américain d’origine Italo-turque : à découvrir !)
ont captivé mon attention ;
…
et cela, alors même que je n’ai pas le temps de me déplacer pour aller voir le film en salle en ce moment :
…
probablement parce qu’il s’agit là, même seulement entr’aperçue à travers ces simples clips,
d’une représentation assez réussie _ même ainsi tronquée, faute de voir vraiment le film en son entièreté ! je le répète !… _ de la naissance et du déploiement plus ou moins timide ou audacieux du désir, et de la séduction _ au moment de l’adolescence, principalement (et de l’ouverture à la sexualité adulte) : le jeune Elio a 17 ans cet été-là (choisi par le film), en 1983 (au lieu de 1987 dans le roman) _,
…
et cela,
quels que soient les sexes des deux personnes _ le désirant et le désiré, l’amant et l’aimé aurait dit Platon ; ou aussi, d’un seul et même mouvement, de la part des deux amants, à la fois désirants et désirés, les deux, l’un de l’autre : cela arrive aussi, heureusement… _ en cette situation et moment de naissance et déploiement du désir amoureux _ plus ou moinsréciproque et plus ou moins simultané.
…
Soit une éducation sentimentale _ en 1983, donc ; moment où la fixent en ce film le scénariste James Ivory, et le réalisateur Luca Guadagnino ; alors que l’auteur du récit de départ, André Aciman, avait, lui, choisi 1987…
…
…
Et via le regard d’Elio, âgé de 17 ans ce lumineux été-là de 1983 _ Oliver, lui, l’objet de son désir, en a alors 24 ; puisque tel est l’écart d’âge fixé par le roman…
sont stupéfiants de vérité _ en ce délicat cheminement amoureux vers Cythère _ : magnifiques !!!
…
Au point de carrément crever l’écran _ chacun à sa façon, bien sûr : de sujet et d’objet du désir ; même si l’objet du désir est loin de demeurer inerte en l’évolution de la situation amoureuse ; il n’est certes pas qu’un objet : l’objet vit et réagit ! Et le voici bientôt séduit… _ de leur magique présence…
…
Quelles magnifiques incarnations de leurs personnages d’Elio et d’Oliver
offrent de tels acteurs, à pareil degré de charisme…
Or, rien _ bien an contraire ! _ dans le film n’assigne quelque identité sexuelle _ close et définitive _ à aucun des personnages protagonistes de ce récit _ parentscompris, d’ailleurs… _ ;
…
nous sommes à mille lieues, dans ce film parfaitement intelligent et sensible _ juste ! _, de tout ghetto, et de tout communautarisme _ et de quelque propagande que ce soit : c’est bien seulement d’amour (et de sa part d’effarement face à son apparition et à ses ouvertures) qu’il s’agit là _ ;
…
d’ailleurs, le mot gay _ pas plus que ceux d’homo- et d’hétéro- sexualité, non plus _ n’est jamais prononcé…
…
…
Il ne s’agit pas là, en effet, d’une initiation à la sexualité _ et moins encore à l’homosexualité _,
mais simplement de la naissance et du déploiement d’un premier amour_ et cela quels que soient les genres des personnes qui vont s’aimer et s’aiment…
_ un point de vue de quelqu’un d’une autre génération que la mienne ;
ainsi que de celles des James Ivory (né à Berkeley, le 7 juin 1928 : 89 ans), le scénariste officiel, André Aciman (né à Alexandrie, le 2 janvier 1951 : 67 ans), l’auteur du roman de départ, ou Luca Guadagnino (né à Palerme, le 10 août 1971, d’un père sicilien et d’une mère algérienne : il a 46 ans), le cinéaste.
Quant aux acteurs, Timothée Chalamet est né à New-York le 27 décembre 1995, et a donc 22 ans ; et Armie Hammer, à Los Angeles, le 28 août 1986, et a 31 ans : ils ont un écart d’âge de 9 ans, au lieu des 7 ans de leurs personnages, Elio et Oliver. Au moment du tournage du film, en mai-juin 2016, Timothée avait 20 ans, et Armie 29. Mais cela gêne-t-il notre adhésion à leur incarnation ? Pas le moins du monde, tant le charisme, certes différent, de chacun d’eux, irradie, rayonne, triomphe ; emporte en nous bouleversant notre conviction…
…
Une dernière remarque : alors que le scénario définitif situe l’été (six semaines aux mois de juillet et août) de la rencontre des personnages en 1983,
le roman avait choisi, lui, de le situer quatre ans plus tard, en 1987 ; l’angoisse du sida était passée par là…
Pour le solaire et tendre été de son film, Luca Guadagnino n’a pas voulu de l’ombre diaboliquement rongeuse de ce noir-là…
…
…
Ce sur quoi, pour ma part _ et quelle que soit l’insuffisance de la position de qui n’a pas vu une seule fois, le film, mais seulement divers clips !!! _, je désire mettre l’accent,
…
c’est sur l’extraordinaire jubilation heureuse qui se dégage au vu de ces images _ au passage, écouter l’amusanteconfidenced’Armie Hammer sur son vécu (« the most uncomfortable« , dit-il) du tournage de la séquence proprement dyonisiaque (orgasmique !) splendide (à commencer par le jeu de ses chaussures, des tennis blanches, sur le sol) quand il s’éclate, les yeux fermés, sur la piste de danse du dancing, sur la chanson Love my way…; et cela par comparaison avec son vécu d’acteur du tournage des (pourtant plus délicates, a priori !) scènes d’intimité sexuelle ; mais c’est sur la tendresse de celles-ci qu’a désiré mettre l’accent, à l’image sur nos rétines, Luca Guadagnini… _,
à commencer par la pénétrante _ infiniment douce _ sensualité des lieux _ la belle et grande maison (la splendide Villa Albergoni, à Moscazzano) et son luxuriant jardin-parc,
…
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la délicieuse tranquille petite ville de Crema,
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…
..
la riche campagne lombarde environnante,
…
…
le bord de mer (ou plutôt de lac : Garde ;
à la différence de la côte ligure de B. (Bordighera ou Bogliasco) dans le roman d’Aciman…),
…
la montagne (les éclaboussures de la grande cascade du Serio, à Valdombione, dans les Alpi Orobie, au nord de Bergame)… _,
…
…
…
…
…
…
des décors,
de la lumière _ principalement celle de l’été italien, surtout dans les environs de Crema (mais pas seulement…) où eut principalement lieu, quasi familialement, le tournage, au plus près du domicile même de Luca Guadagnino, à Crema, en mai-juin 2016 _,
ô combien merveilleusement saisie par le directeur de la photographie, Sayombhu Mukdeeprom (collaborateur régulier du si grand Apichatpong Weerasethakul)…
…
Pour ne rien dire de la douceur et même tendresse du jeu _ précis au cordeau, et dans la dynamique magiquement fluide et amoureuse (même réfrénée) de leurs gestes _ des acteurs.
Ils sont proprement prodigieux ! Quel sublime casting !
…
…
Sensualité bienheureuse
qui me rappelle celle, merveilleusement épanouie elle aussi, de l’émilien (de Parme) Bernardo Bertolucci, tout particulièrement dans l’éblouissant (et mozartien) La Luna _ de lui, j’avais adoré (et c’est un euphémisme !), à sa sortie française,Prima della Rivoluzione…
…
Ou celle de certains Francesco Rosi,
tel, pour n’en choisir qu’un, le merveilleux Trois frères.
…
…
Oui, un bonheur ! italien…
…
…
Ce dimanche 10 mars 2018, Titus Curiosus – Francis Lippa
René de Ceccatty est un auteur passionnant, et assez admirable.
Par l’enquête éperdue qu’il mène, depuis toujours ou presque, pourrais-je dire, autour de l’énigme de l’objet d’amour, et de sa « dignité » _ou pas… _,
…
pour reprendre l’expression de Stendhal, « digne objet d’amour« ,
qui frappe et que retient _ à jamais _ René de Ceccatty (au point d’en faire une œuvre superbe et de près de 500 pages !) en une nouvelle italienne inachevée de Stendhal, égarée, puis récemment retrouvée _ on aimerait apprendre plus précisément où, et comment, René de Ceccatty ne nous ne le révélant pas vraiment ; il nous donne seulement le nom du découvreur, un certain Carlo Vivari, philologue italien (à demi tchèque, né à Duchcov)… _ et publiée, à Milan en 1995, en son original français et en traduction en italien, et intitulée _ par son découvreur et ses éditeurs aux éditions de La Vita Felice à Milan, et non par Stendhal lui-même, qui l’aurait laissée sans titre… _, d’après un vers de Michel-Ange _ lui-même ; ce Michel-Ange qui fournit à Stendhal le héros de cette nouvelle... _,Chi mi difenderà dal tuo bel volto… ;
…
ce titre est donc emprunté par les éditeurs à une phrase, en italien dans le texte, que Stendhal prête, et d’après un vers de Michel-Ange lui-même en ses Sonnets, à son personnage de Michel-Ange, et pensée _ en soi _ plutôt que proférée _ à l’autre _, face à la complexe sidération ressentie par Michel-Ange face au si beau visage de Tommaso de’ Cavalieri, lors de leur première rencontre _ le 5 août 1532, semble-t-il _, au Palazzo Cavalieri, telle qu’elle est fantasmée, du moins, par Stendhal, cette première rencontre _ René de Ceccatty nous apprend en effet (en note, page 349 de son Objet d’amour) que cette rencontre a eu lieu ailleurs (qu’au Palazzo Cavalieri), et autrement ; mais Stendhal a choisi comme lieu de rencontre des deux personnages de sa nouvelle le Palazzo Cavalieri parce que lui-même se trouvait y loger au moment de sa rédaction (ou, en tout cas, un peu avant), trois-cent-un ans plus tard, en 1833 (de fait, en ce Palazzo Cavalieri, à Rome, situé tout près du Teatro Argentina, Stendhal a habité avec son ami le peintre Abraham Constantin à partir du 16 novembre 1831 ; et « probablement y est-il resté jusqu’en août 1833« , écrit René de Ceccatty page 468 de son livre ; mais Stendhal n’a pas su tout suite que ce palazzo où il logeait alors avait été celui des Cavalieri, et donc qu’y avait vécu Tommaso, le grand amour de Michel-Ange (mort dans les bras de son ami Tommaso le 18 février 1564, soit près de trente-deux ans après ce coup de foudre) ; et la rédaction de cette nouvelle par Stendhal date du mois de juin 1833, et non 1832, comme l’ont cru les éditeurs, en 1995, précise René de Ceccatty pages 469 et 472 ; « probablement tout a-t-il été antidaté (par Stendhal) pour rendre la coïncidence frappante« , souligne-t-il page 469) _ ;
…
le personnage de Michel-Ange éprouvant immédiatement _ at first sight, et simultanément au coup de foudre amoureux qui le submerge !_, face au beau visage de Tommaso, le désir de se défendre aussi _ « Chi mi difenderà… » écrira Michel-Ange en un de ses sonnets (à Tommaso…)… _ de cet amour naissant foudroyant _ « Il ne peut détacher son regard de cet autre regard« , car « le jeune Tommaso (…) a des yeux admirables, de ces grands yeux qui louchent un peu à la moindre émotion« , venait d’écrire Stendhal deux phrases plus haut… _ pour ce si beau et très noble jeune homme_ en fait cette première rencontre entre Michel-Ange et le beau Tommaso eut lieu le 5 août 1532,si l’on se fie, comme René de Ceccatty l’indique page 447, à la « date d’une lettre de Giulani Bugiardini à Michel-Ange, où figurent (aussi, mais sans qu’ici René de Ceccatty nous explique pourquoi et comment…) trois sonnets à Tommaso : il rencontre Tommaso de’ Cavalieri, qui lui est présenté par un proche du jeune archevêque de Florence (le cardinal Nicolò Ridolfi, petit-fils de Laurent le Magnifique), un sculpteur florentin, Pier Antonio Cecchini« …_ ; lors de cette première rencontre, Michel-Ange a 57 ans, et Tommaso aurait « seize ou dix-sept ans« _ s’il est « né en 1515 ou 1516« , comme le suppose et indique René de Ceccatty page 445…« Tous deux sont fort embarrassés« , écrit Stendhal…
…
Et c’est cet embarras de Michel-Ange face à l' »objet d’amour » _« objet d’amour« qui n’est pas vraiment envisagé, lui, Tommaso, comme « sujet« amoureux par Stendhal ; et embarras qui n’est pas symétrique, non plus, à l’embarras qu’éprouve, aussi, face à lui et de son côté, le jeune Tommaso _,
qui intéresse justement, après Stendhal, René de Ceccatty lecteur de Stendhal _ comme il est lecteur (et traducteur) de Leopardi et de Pasolini : tous immenses auteurs… _ ;
…
c’est donc cet embarras _ de réserve-recul, recherche de défense, éprouvé simultanément à, et face à, l’élan amoureux si vivement ressenti en lui-même _ que je relève, et qui m’intrigue à mon tour comme lecteur de l’œuvre de René de Ceccatty…
_ Argentins de Paris parmi lesquels je détache mon cousin Adolfo Bioy Casares (1914 – 1999), son épouse Silvina Ocampo (1903 – 1993), ainsi que sa belle-sœur Victoria Ocampo (1890 – 1979), parisiens occasionnels, en effet, et pas à demeure, en exil ;
et son entretien (ou Propos recueillis) avec son amie Adriana Asti (née en 1933, à Milan)Se souvenir et oublier _ dont m’a marqué à jamais l’interprétation du chef d’œuvre de Bernardo Bertollucci (tourné à Parme)Prima della Rivoluzione, en 1964 ; et que j’ai revue avec beaucoup de plaisir dans l’excellentImpardonnablesdu cher André Téchiné (tourné à Venise), en 2011 _,
…
de René de Ceccatty, donc, je viens aussi de lire, en effet, et avec un immense plaisir,
autour de l’énigme des liens _ riches, et dont il se donne à mieux comprendre et éclaircir un peu la complexité, en narrant la trame de leur tissage à partir de son propre (passionnant) travail d’enquête sur eux _ entre Giacomo Leopardi (1798 – 1837) et Antonio Ranieri (1806 – 1888) _ je me suis passionné aussi au superbe filmLeopardi Il Giovane favoloso, de Mario Martone, via le DVD qui vient de paraître ; et qui est accompagné, en bonus, de plusieurs entretiens, dont un, tout à fait remarquable, avec René de Ceccatty _,
autour de l’énigme des liens _ riches eux aussi, et dont René de Ceccatty se donne à mieux comprendre et éclaircir un peu la complexité, là aussi, en narrant la trame de leur tissage à partir de son propre (passionnant) travail d’enquête sur eux, ici à nouveau _ entre Michel-Ange (1475 – 1564) et son ami Tommaso dei Cavalieri (1509 – 1587),
ainsi que de l’intérêt rétrospectif qu’y portent, en ces années 1830 où tous deux résident à Rome, et le peintre Xavier Sigalon (1787 – 1837) _ venu à Rome, commandité par Adolphe Thiers, réaliser (d’octobre 1833 à fin 1836) une copie grandeur nature duJugement dernierde Michel-Ange, à la chapelle Sixtine _, et le consul de France Henri Beyle – Stendhal (1783 – 1842),
à Rome donc _ cette Rome dont je connais bien (et aime tant !) les lieux, tout spécialement aux alentours du Palazzo Cavalieri (aujourd’hui détruit, pour faire place au Largo Arenula), dans le quartier de Torre Argentina, non loin de la Via del Sudario et de Sant’Andrea della Valle, dans le couvent (des Teatini, Piazza Vidoni) duquel j’ai dormi et déjeuné dix jours durant en 1992, passés à arpenter-explorer passionnément la Rome baroque : entre Panthéon, Piazza Navona, Campo dei Fiori et la délicieuse Piazza Mattei, notamment… _ ;
livres et liens qui me donnent bien et beaucoup à penser…
…
Et je dois ajouter à cette liste d’œuvres de René de Ceccatty,
tous les travauxqu’il a consacrés à Pier Paolo Pasolini,
qui posent, eux aussi, bien sûr, la cruciale question du « digne objet d’amour« .
…
…
À ce propos, pourquoi avoir intitulé ce livre Objet d’amour, et nonDigne Objet d’amour?..
Pourquoi avoir gommé du titre de son livre le mot « digne« , qu’utilise pourtant Stendhal ? juste au final de la partie rédigée _ lire celle-ci aux pages 346 à 352 d’Objet d’amour _ de cette nouvelle inachevée Chi mi difenderà dal tuo bel volto ? (ce qu’indique la note 2 de la page 349 d’Objet d’amour), donnée in extenso au sein d’un copieux et substantiel dossier de « Documents« qui clôt de façon vraiment passionnante ce livre (Sources_ pages 319 à 342 _, Citations _ pages 343 à 434 _ et Amis, parents et entourage professionnel de Sigalon _ pages 435 à 487 _) ; dossier qu’ajoute généreusement _ pages 317 à 487 _ René de Ceccatty à sa fiction elle-même _ pages 7 à 316 _ : tels les éléments d’un chantier à revenir compulser, et une invite à y fouiller un peu nous-mêmes, aussi, à notre tour…
…
La dernière phrase de la partie de la nouvelle achevée par Stendhal (aux pages 343 à 349) est celle-ci : « Michel-Ange est attiré par Tommaso aussi parce qu’il voit en lui un digne objet d’amour« .
Et ce qui la suit _ comme base de ce qui sera à rédiger plus tard par Stendhal, à son départ de Rome le 25 août 1833 ; et demeura tel quel, inachevé… _ est donné, in extenso aussi, en 4 pages (349 à 352), sous l’indicatif « Plan » que s’est donné à lui-même Stendhal.
…
…
Pour tenter d’éclairer un peu cet inachèvement par Stendhal de sa nouvelle sur la rencontre initiale entre Michel-Ange et Tommaso de’ Cavalieri,
on peut relever, en suivant la précieuse Chronologie que donne René de Ceccatty, pages 442 à487,
que Stendhal quitte Rome, pour six mois, le 25 août 1833 (il est à Paris dès le 11 septembre) et ne retourne à Rome que le 8 janvier 1834. Dès avril 1833, apprenant que sa maîtresse (depuis le 22 mars 1830), Giulia Ranieri, allait se marier avec son cousin Giulio Martini (qu’elle épousera le 24 juin suivant, en 1833), Stendhal était retourné loger _ pour quelles raisons ? _ chez Mme Giacinta, Albergo Cesari, via di Petra, à Rome ; de même que, le 16 juin 1833, son ami Abraham Constantin, quittant alors Rome pour se rendre en Suisse, avait quitté, lui aussi, l’appartement du Palazzo Cavalieri (et, de retour à Rome l’hiver 1834, Constantin s’installera cette fois 120 via della Vignaccia, toujours à Rome).
…
C’est probablement ce départ et cet éloignement de Rome, ainsi que les bouleversements affectifs qui l’ont précédé et qui s’en sont suivis, qui ont conduit Stendhal à l’abandon _ qu’il pensait alors provisoire _ de cette nouvelle, retrouvée, ainsi inachevée, seulement à la fin du XXe siècle par Carlo Vivari, et parue à Milan en 1995.
…
Cette nouvelle perdue et retrouvée de Stendhal paraissant pour la première fois en français en France dans cet Objet d’amour de René de Cecatty, il faut le relever…
…
Et c’est donc sous le titre de Chi mi difenderà dal tuo bel volto_ emprunté dans son texte, par Stendhal à un vers d’un poème de Michel-Ange, commençant par Chi è quel che per forza à te mi mena, que voici (René de Ceccatty nous en donne sa traduction page 369) :
…
Qui est celui qui de force à toi me conduit
hélas hélas hélas
pieds et poings liés quand je suis libre et sans liens ?
Si tu enchaînes autrui sans nul besoin de chaînes,
et si, sans mains ni bras, tu as pu m’attraper,
qui me défendra de ton beau visage ?
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Stendhal, en effet, comme bien d’autres (dont René de Ceccaty, mais aussi, déjà, le peintre Sigalon, à Rome), s’est passionné pour les Poèmes (Sonnets et Madrigaux) de Michel-Ange à Tommaso de’ Cavalieri, mais aussi pour leur belle, elle aussi, riche et un peu énigmatique, correspondance, du moins celle (rare !) qui a été retrouvée et conservée… _ qu’est paru pour la première fois en 1995 à Milan le texte de cette nouvelle inachevée de Stendhal, à la fois en traduction italienne et en son original français.
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René de Ceccaty ajoutant la précision suivante quant à cette édition de 1995, aux pages 352-353 :
« texte reproduitpar Anne Bussière d’après le manuscrit original, découvert _ circonstances qui mériteraient d’être précisées !.. _ et présenté par Carlo Vivari_ philologue né à Duchcov, en république tchèque, et dont l’identité et le parcours mériteraient, eux aussi, bien des précisions : « Carlo Vivari, filologo, cultore di sicomanzia _ qu’est-ce donc à dire ?.. _, è nato a Duchcov (l’antica Dux _ là même où mourut Casanova, le 4 juin 1798, et où celui-ci était bibliothécaire du comte Waldstein depuis septembre 1785 ; c’est là que Casanova écrivit, en français, les Mémoires de sa vie… _), da padre italiano e madre boema. A Duchcov vive di un piccolo incarico come bibliotecario _ lui aussi ! _ in quello che fu il castello del conte di Waldstein _ en effet ! _, ormai assediato da orribili miniere di carbone« , indique le site des Editions milanaises La Vita Felice ; Carlo Vivari n’est que trop visiblement un nom de plume : Karlo Vivary étant le nom tchèque de Karlsbad… _, postfacé par Annalisa Bottacin et Jean Garrigue » chez l’éditeur milanais « La Vita Felice, en 1995, page 24 et suivantes« .
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Voilà un aperçu de l’histoire de cette nouvelle inachevée de Stendhal, en août 1833 à Rome ; perdue, suite au départ probablement un peu précipité de Rome de Stendhal ; puis récemment retrouvée par ce Carlo Vivari.
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Reste la question de la dignité (ou pas !) de l’objet d’amour,
quand la situation affective vécue entre dans l’ordre d’un tel rapport éprouvé entre un sujet (aimant) _ en l’occurrence soi-même… _ et un objet (aimé, ou à aimer : aimable…) _ rencontré, lui, cet objet d’amour _,
rapport à l’autre comportant forcément, en ce premier instant d’abord-approche par le sujet qui se met à aimer, une certaine distance _ d’inconnu, vis-à-vis de ce qui se présente comme objet (d’amour) à aimer, mais aussi comme objet (d’amour) à connaître… _, au moins à ce moment rapide _ d’un minimum d’appréhension-questionnement-tergiversation de la part du sujet face à son objet d’éventuel amour… _ de la première rencontre, avec ce qui va (ou risque de) s’y livrer et donner (ou pas), à la suite… : hic Rhodus, hic saltus…
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Ce qui est, en effet, ce que se demande, sur un mode de questionnement-hésitation, et recul même _ effaré, et sur la défensive _, en son for intérieur, à lui-même, Michel-Ange,
face, pour la première fois, au si beau visage du très noble Tommaso et ses effets si vivement ressentis immédiatement sur lui-même _ Michel-Ange a alors 57 ans : il n’est pas né de la dernière pluie… _ ; et alors qu’il envisage à cet instant même, en effet, ce que peut (pourrait ; pourra…) être et devenir un tel amour, en cette inclination _ cf la bien intéressante distinction de Mademoiselle de Scudéry, en sa Carte du Tendre, entre les amours d’inclination, d’admiration et d’estime… _ commençant si puissamment à l’emporter…
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Comme en témoignent bientôt, quasi aussitôt, ses vers, et sa correspondance ; et un peu plus à terme, sa peinture et sa sculpture : soient les œuvres si prenantes de lui demeurant à nos yeux…
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Pour Michel-Ange, au moins _ le florentin était profondément marqué par le néo-platonisme de Marsile Ficin _, et en 1533,
se pose et s’impose donc, à la première rencontre avec Tommaso _ et Tommaso de’ Cavalieri est très noble… _, le critère, crucial pour lui, de la dignité (ou pas) du possible objet d’amour.
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Est-ce encore le cas, et comment, en leurs possibles amours, pour un Stendhal, ou pour un Sigalon, en 1833 ?
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Et aujourd’hui même pour René de Ceccatty,
à l’heure _ depuis pas mal de temps, déjà _ du règne dévastateur du sado-masochiste trash ?..
… En tout cas, la pensée de la dignité (et de l’indignité) nous sollicite encore
quand vient _ même si c’est assez peu fréquent _ nous titiller (et commencer tout aussitôt à s’éprouver) quelque chose de l’ordre d’un possible amour, mais aussi d’une possible amitié, dans une rencontre :
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du moins de celles, marquantes voire cruciales, qui instantanément et aussitôt nous importent, bousculent, emportent,
et dont nous pressentons immédiatement combien elles vont (ou risquent de) grandement, hautement _ le divin malicieux kairosaidant… _, nous marquer :
construire, détruire, façonner, nourrir en beauté, peut-être, le sujet que nous pouvons ou allons, ou pas, devenir par cet amour ou cette amitié bouleversant et nourrissant ou pourrissant notre vie…
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D’où la force d’importance de cet Objet d’amour de René de Ceccatty.
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Titus Curiosus, ce mardi 24 mai 2016…
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P. s. : voici le seul document _ mais il est passionnant _ que j’ai pu découvrir jusqu’ici sur ce très beau livre de René de Ceccatty : un entretien de l’auteur avec son amie Silvia Baron Supervielle, publié dans Les Lettres françaises du 12 novembre 2015 _ que voici in extenso avec mes farcissures (en vert) et mes gras… _ :
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Objet d’amour,
de René de Ceccatty. Flammarion, 490 pages, 23 euros.
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Silvia Baron Supervielle : Votre livre est une déclaration d’amour pour Rome et ses artistes. Quelle est son origine ?Vous avez aussi beaucoup écrit sur des écrivains italiens et traduit magnifiquement des poètes tels que Pier Paolo Pasolini.
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René de Ceccatty : On peut dire que c’est mon livre sur Rome, que j’ai découverte dans les années 1970, et où je suis retourné très souvent depuis pour des raisons diverses, souvent artistiques. Oui, mon amour pour Rome est bien l’inspiration première. En écrivant mon livre, j’avais trois cartes sous les yeux : la ville en 1500, la ville en 1800 et celle de maintenant. Et l’un des plus grands plaisirs a été pour moi de promener mes personnages dans les rues que j’ai fréquentées, et que j’aime tant retrouver. Curieusement, la Rome de Pasolini, celle de Moravia, est aussi celle de mon livre. J’ai situé des scènes dans les lieux attendus (la chapelle Sixtine qui est au centre du livre, ou la Villa Médicis où vivait Ingres, et bien sûr le Largo di Torre Argentina, sur lequel donnait le palais Cavalieri, maintenant disparu _ pour créer le Largo Arenula _), mais aussi dans des lieux qui me sont chers. J’ai fait suivre des chemins qui me sont familiers, et où, en écrivant, je retrouvais des ombres d’écrivains ou d’amis, morts ou vivants. Il y a, sous mon livre, comme un autre livre, secret.
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Silvia Baron Supervielle : Au XIXe siècle, dans les rues de Rome, des personnages se promènent et conversent autour du peintre français Xavier Sigalon, qui a été chargé _ par Adolphe Thiers _ de copier le Jugement dernier de Michel-Ange dans la chapelle Sixtine. Pourquoi avez-vous choisi ce peintre ?
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René de Ceccatty : Au départ, j’avais décidé d’écrire un livre sur Stendhal et Michel-Ange.Stendhal, alors consul à Civitavecchia, a vécu, à Rome, dans le palais Cavalieri, en 1833 ; et lui, qui avait déjà beaucoup écrit sur Michel-Ange et la peinture italienne, s’est renseigné plus précisément sur l’amour de Michel-Ange pour Cavalieri, commençant une nouvelle sans la finir, avant de l’oublier. Elle a été retrouvée dans des archives _ sans plus de précision… _ et publiée en Italie seulement il y a vingt ans. Avant même d’écrire, j’étais par ailleurs fasciné par l’autoportrait de Xavier Sigalon, qui se trouve au musée Fabre de Montpellier. C’est un beau visage douloureux, sensible, plongé dans une inquiétante pénombre, comme menacé. Et je me suis rendu compte que ce peintre, né à Uzès, avait séjourné à Rome au même moment _ voilà ! _ que Stendhal, et qu’il copiait, sur l’ordre d’Adolphe Thiers, le Jugement dernier.Sigalon avait eu mille occasions de rencontrer Stendhal (qui, je l’appris alors, avait écrit sur ses œuvres, puisque Stendhal rendait compte des salons). Stendhal, partageant son appartement avec un peintre copiste, Abraham Constantin, qui travaillait dans les chambres de Raphaël, avait également toutes les raisons d’aller, lui aussi, au Vatican.J’ai alors intégré Sigalon à mon livre ; et, finalement, il est devenu le personnage central, dont le regard sur Rome, sur la peinture, sur l’amour même, devenait ma clé.Lui, qui aurait pu être un génie de l’envergure de Géricault et de Delacroix, devenait une figure _ romantique _ de l’artiste idéaliste et malheureux, dont le destin tragique avait du reste assez frappé Balzac pour qu’il en fasse le modèle du peintre de la Comédie humaine, Joseph Bridau, équivalent pictural de Lucien de Rubempré.
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Silvia Baron Supervielle : Dès la première partie du livre, quand Sigalon erre dans Rome avec ses amis, on ressent les personnages et la ville hors du temps. La présence de Michel-Ange apparaît, et il devient _ s’imprimant dans ces lieux, à demeure… _ presque le protagoniste. Tout est rattaché à lui… On ressent aussi la présence de Dante.
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René de Ceccatty : J’ai voulu que l’art soit constamment au cœur de mon livre, aussi bien dans la démarche de Sigalon qui, copiste, essayait de traquer le mystère de la création _ artistique _, sur les traces de Michel-Ange, que dans le souvenir envahissant de Michel-Ange, de son amour malheureux pour un objet esthétique et charnel inaccessible, de son aspiration à l’idéal.Michel-Ange était un grand intellectuel polyvalent, si l’on peut dire. Théoricien (néoplatonicien) de la création, poète, sculpteur, peintre, urbaniste, architecte.Rome a son apparence actuelle en grande partie sous l’influence de Michel-Ange, qui y a également dessiné des palais _ tel le palais Farnèse _, des places _ telle la place du Capitole _, des coupoles _ telle celle de Saint-Pierre. Mais, plus particulièrement, le Jugement dernier, qui est une sorte de pamphlet eschatologique hérétique (y figurent des personnages qui sont absents des textes bibliques, mais qui appartiennent à une tradition païenne de l’enfer que Dante a en quelque sorte réhabilitée dans sa Divine Comédie), donne au roman, aux promenades de ses personnages, une sorte de réalité fantomatique, qui est pour moi celle de Rome _ oui ! _, et plus généralement de toute la culture italienne _ oui… _, où les frontières du temps sont flottantes.
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Silvia Baron Supervielle : Puis Stendhal arrive à Rome, avec ses paroles magnifiques _ qui forment l’axe même de sa nouvelle.Son amitié pour Sigalon est émouvante. Au sujet de Michel-Ange et de son ami Tommaso, il écrit : « Michel-Ange est attiré par Tommaso aussi parce qu’il voit en lui un digne objet d’amour. » Mais tout est « objet d’amour » dans votre livre… Michel-Ange, dans un poème, écrit « entre le feu et le cœur »…
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René de Ceccatty : Stendhal ressemble un peu à Beethoven, qui réclame une certaine maturité chez ses admirateurs pour que son génie soit pleinement apprécié. J’ai voulu, en préparant mon livre, approfondir ma connaissance de cet écrivain, qui n’est pas seulement le sublime auteur de la Chartreuse de Parme, mais une personnalité tourmentée, généreuse, à l’égotisme beaucoup moins nombriliste qu’on pourrait le supposer. L’intelligence avec laquelle il parle de la passion de Michel-Ange pour Tommaso montre la profondeur de sa réflexion sur le sentiment amoureux, mais aussi sur la création.Et c’était pourtant un homme à femmes, dont on aurait pu craindre peu d’empathie à l’égard de l’amour d’un homme pour un homme. Simplement, Stendhal _ de formation (et conformation) voltairienne _ était curieux et dépourvu de tout préjugé. Génie, il n’était pas considéré comme tel de son vivant (sauf par Balzac). On voyait en lui un diplomate aux intérêts intellectuels multiples et aux ambitions littéraires à moitié convaincantes, un observateur cynique des hommes, de la politique, de la société. Son génie a éclaté plus tard, comme du reste il le prévoyait. J’ai osé prêter des propos à Stendhal et faire de lui un personnage de roman _ voilà ! Certes, je me suis appuyé sur son Journal, sur ses fictions, sur ses critiques _ un très riche matériau.Mais j’ai reconstruit sa psychologie dans des situations vraisemblables mais imaginaires. Cette expression « digne objet d’amour » est merveilleuse sous sa plume. Comme vous le dites, il ne s’agit pas seulement de l’amour pour une personne, mais de l’amour de l’art _ avec ses fonctions de sublimation, probablement…
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Silvia Baron Supervielle : L’enfant Cassagne, jeune garçon, qui fait partie du groupe, dont Sigalon a fait le portrait, transmet une grande tendresse avec son silence. À la fin du livre, on ne le retrouve _ presque _ plus…
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René de Ceccatty : C’est le personnage réel sur lequel j’ai le plus brodé. Parmi les compagnons de Sigalon se trouvait bien un certain Cassagne, très jeune _ neuf ans à l’arrivée à Rome, en 1833 _, dont on a retrouvé un portrait (par Sigalon) au crayon (que j’ai reproduit dans mon livre). J’ai imaginé sa vie. Il est, avec Numa Boucoiran, autre compagnon, celui qui est affectivement le plus proche de Sigalon, et celui qui a le plus de vitalité. Il apparaît comme une force positive au moment où Sigalon est le plus découragé. Une compagnie chaleureuse, tournée aussi vers l’amour sensuel, immédiat. Dans le nô, il y a ce type de personnage, qu’on appelle waki, qui permet à l’action d’avancer et qui permet aussi, par contraste, de comprendre la psychologie du personnage principal, le shite. C’est ce rôle que j’ai donné à l’enfant Cassagne.
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Silvia Baron Supervielle : Lavinia Dell’Oro est passionnante aussi. Peintre, elle reproduit en miniature les Sibylles, de Michel-Ange. Elle est amoureuse, puis prend le voile, puis s’en déprend. Il y a du mysticisme dans votre livre. Est-ce la peinture qui vous y conduit ?
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René de Ceccatty : J’ai entièrement imaginé ce personnage de peintre femme. Il y avait aussi au Vatican des femmes qui peignaient, copiaient les chefs-d’œuvre. Et je voulais une présence féminine, belle, troublante et rassurante à la fois, qui était comme un miroir tragique du destin de Sigalon. Une femme qui cacherait longtemps un drame, qui ne serait révélé qu’à la fin. Je voulais rappeler que, pour entrer dans l’univers de Michel-Ange, qui est tout de même d’une extrême violence (par rapport au Pérugin, à Raphaël et même à Léonard de Vinci), il fallait avoir une sensibilité esthétique extrême et une sorte d’aptitude à la tragédie, tempérée par un mysticisme.Je voulais opposer l’univers institutionnel, rigide, artificiel du Vatican, lieu de représentation et de pouvoir, à un monde plus intérieur, plus discret, plus sincère, qui est le couvent de Sant’Agata où Lavinia va entraîner Sigalon et ses amis, et se réfugier. Une fois mon livre terminé, j’ai d’ailleurs découvert un dessin de Sigalon représentant un couvent dans les environs de Rome ! J’avais donc vu juste… Le lien entre le mysticisme et la peinture me semble évident. Je ne parle pas seulement de la peinture d’inspiration religieuse, comme c’était le cas au XVIe siècle, où les commandes de l’Église étaient nombreuses _ et au début du XIXe siècle encore : comme en donne l’exemple le parcours, à Rome aussi (de 1802 à 1824, et 1829-1830), du peintre aixois Granet.Mais de la démarche picturale en général, qui est une quête d’absolu, une transfiguration et une sublimation de l’apparence, une mutation du regard en aspiration à l’invisible. Cela a toujours été le cas de la peinture à l’encre, chinoise et japonaise, et cela s’exprime désormais de manière explicite chez certains peintres contemporains occidentaux. Qu’ils soient abstraits ou non. Comme Rothko, Staël, Morandi, Geneviève Asse.
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Silvia Baron Supervielle : Le travail de copiste peut-il se comparer à celui de traducteur ? Il cause de la tristesse à Sigalon, une femme l’abandonne à cause de ça… _ à une époque où s’amplifie la course à l’originalité (voire singularité) du marché de l’art, qui démarre et se développe alors…
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René de Ceccatty : Le fait que je sois aussi traducteur a beaucoup compté dans l’élaboration de ce livre, en effet. La soumission à l’univers d’un autre peut être vécue comme frustrante ; mais entrer dans les pas d’un autre créateur est aussi une source merveilleuse d’enrichissement, d’épanouissement _ oui. Les deux s’équilibrent.Je n’ai, pour ma part, jamais vécu la traduction comme une cause de frustration. Cela a toujours été pour moi un réel bonheur de traduire Pasolini, Moravia, Leopardi, Saba, Penna, et tant d’auteurs japonais encore plus éloignés ; de comprendre leur monde, d’entrer dans leur atelier _ et pénétrer les arcanes de leur style et de leur création… Les peintres, au XIXe siècle surtout, avaient avec la copie un rapport assez complexe. Sigalon, du reste, n’avait (il le répète à travers tout le livre) jamais copié, avant de s’atteler à cette tâche monumentale. Mais sa Jeune Courtisane avait beaucoup frappé les observateurs, car, de facture très classique, elle rappelait de manière surprenante certaines œuvres du XVIe et du début du XVIIe siècle, post-maniéristes ou pré-caravagesques. Sa Locuste et son Athalie montraient aussi sa facilité à représenter des corps nus, martyrisés, surexpressifs. Et c’est ainsi que, peu à peu, se sont confondus création et copie. Mais pour cela, pour copier le Jugement dernier et le « traduire », il dut renoncer à sa propre œuvre, la sacrifier.
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Silvia Baron Supervielle : Les œuvres de Sigalon qui figurent dans votre livre sont magnifiques. Vous nous faites découvrir un grand peintre français qui a travaillé à Rome. Il mérite une exposition complète de ses œuvres à Paris…
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René de Ceccatty : Les œuvres de Sigalon sont dispersées dans plusieurs musées (le Louvre, Nantes, Nîmes, Uzès, Montpellier) et surtout dans des églises de Provence et du centre de la France. Les conservateurs de Nîmes et de Montpellier (Pascal Trarieux et Michel Hilaire) s’y intéressent, ainsi que d’autres historiens de l’art. Mais il est assez difficile de vider les églises de leurs tableaux et de faire redécouvrir un peintre jusque-là jugé comme mineur. J’ai cependant approché des conservateurs du Louvre, pour du moins les informer de mon travail de redécouverte.
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Silvia Baron Supervielle : Lorsqu’elle fut achevée, la copie du Jugement dernier de Sigalon fut placée à l’École des Beaux-Arts de Paris, dans la chapelle des Petits-Augustins. Il est étonnant de voir ces corps d’hommes nus, musclés, qui flottent dans l’espace. Lorsqu’il découvrit son œuvre, Sigalon ne fut pas heureux. Sa mélancolie s’intensifia, il repartit à Rome… Et il y mourut du choléra.
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René de Ceccatty : L’accrochage de la copie au fond de la chapelle des Petits-Augustins, qui avait été d’abord conçue comme un musée de la Copie (ce qu’elle est dans les faits), a été un événement ambigu. Les Parisiens ont découvert le Jugement dernier, que la plupart ne connaissaient _ faute de s’être rendus à Rome et au Vatican _ que par des gravures monochromes. L’obscénité de l’œuvre choqua, la couleur saumâtre aussi. L’original avait été détérioré par la suie de plusieurs siècles (car la Sixtine était encore souvent utilisée pour des offices avec des cierges). Et Sigalon avait respecté l’état _ sali _ de l’œuvre.Il eut l’impression d’avoir échoué. Ce n’est qu’après sa mort, donc quelques semaines plus tard, que l’opinion devint plus positive, et qu’on commença à admirer la prouesse extraordinaire de la copie (les copies en couleur étaient jusque-là de dimensions réduites ; il n’y en avait du reste que deux, contemporaines de Michel-Ange, celles de Venusti et de Le Royer ; mais elles ne se trouvaient pas à Paris) ; et qu’on révisa son opinion sur Michel-Ange lui-même. La mort de Sigalon, victime du choléra, épouvanta ses amis et lui assura un profond respect _ romantique _ tardif.
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Silvia Baron Supervielle : Vous traduisez de manière splendide les poèmes d’amour de Michel-Ange. Les paroles, lettres, citations des uns et des autres, sont d’une grande beauté. Les artistes, les temps, les œuvres sont liés, comme si, à votre tour, vous aviez peint _ et tissé _ une immense fresque à leur gloire. Elle se déploie infiniment dans la ville de Rome _ et son aura. Elle expose toutes les formes et les couleurs de l’amour. Les mots se transforment en peinture et vice versa.
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René de Ceccatty : En préparant mon livre, j’ai voulu traduire les poèmes les plus beaux de Michel-Ange et des extraits de ses lettres, de ses dialogues philosophiques. La traduction est une approche, profonde, intériorisée, essentielle pour moi _ oui. Très souvent, j’ai commencé par traduire avant d’écrire sur quelqu’un (je l’ai fait bien sûr pour Pasolini, pour Moravia, pour Leopardi, mais aussi pour Horace Walpole). Les rivalités entre l’original et sa traduction ou copie, la plume et le pinceau, le mot et le dessin, le dessin et la couleur, la toile et le marbre aussi, formaient les thèmes centraux de la réflexion des peintres de la Renaissance. Mais c’est aussi pour moi une préoccupation constante quand j’écris. Que peut la littérature à côté de la musique et de la peinture ?Mon père était un peintre et un musicien amateur d’une extraordinaire sensibilité, d’un grand talent spontané. Il avait une certaine défiance à l’égard de la littérature, qui lui semblait traduire le réel avec moins d’intensité, de sincérité, de naturel que la peinture. Et, souvent, je pense à ses tableaux, qui m’ont entouré quand j’ai écrit ; car même s’il n’a jamais épanoui professionnellement ses dons, ils étaient indiscutables. J’ai aussi découvert Rome en compagnie d’un autre ami peintre, André Castagné, auquel j’ai beaucoup pensé en écrivant ce livre d’hommage à la peinture.
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Silvia Baron Supervielle : Entre le texte et ce que vous appelez les sources, à la fin du livre, le travail de recherche est remarquable et passionnant _ absolument ! Les informations sont plus précises, mais l’air de la poésie se prolonge, et reprend autrement _ oui. C’est un autre livre et le même.
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René de Ceccatty : Quand j’ai donné mon manuscrit à mon éditeur, Patrice Hoffmann, il a été à la fois déconcerté et séduit par sa forme double. Les deux premiers tiers sont constitués d’une narration romanesque (le séjour de Sigalon à Rome) et le dernier tiers (qui fait tout de même cent cinquante pages !) est fait de documents que je commente en tentant de continuer à faire entendre ma voix. Je tenais à fournir ces informations précises, citations, chronologies, commentaires. Et Patrice Hoffmann aussi. Il s’est rendu compte que cette espèce de deuxième narration nourrissait _ oui _ la première.Il fallait, bien sûr, que figure in extenso la nouvelle, inédite, en France, de Stendhal ; mais aussi que je donne au lecteur des textes rares autour de Sigalon, mes traductions des Sonnets de Michel-Ange, et des repères historiques couvrant trois siècles (de l’époque de Michel-Ange à celle de Stendhal et Sigalon). Le résultat est évidemment un livre un peu étrange, mais d’une étrangeté conforme à celle du projet même, peut-être _ oui.
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Entretien _ superbe ! _ réalisé par Silvia Baron Supervielle.